In Cina il grande investitore statale SDIC dice basta al carbone

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Mentre si allunga la lista di banche e assicurazioni che hanno deciso di azzerare o ridurre gli investimenti nelle fonti fossili più inquinanti.

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Uno dei principali investitori statali della Cina eliminerà completamente il carbone dalle sue attività: la State Development & Investment Corporation (SDIC) è la prima tra le grandi istituzioni finanziarie cinesi ad aver preso questa decisione.

Dopo aver generato ingenti profitti grazie agli investimenti nella fonte fossile più inquinante nello scorso decennio, la SDIC ora vuole puntare sullo sviluppo di nuovi settori industriali, soprattutto quelli legati alle fonti rinnovabili, all’accumulo energetico e ai bio-combustibili.

E nelle scorse settimane, evidenzia una nota dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA, un istituto americano specializzato in analisi economiche), altre istituzioni finanziarie si sono aggiunte alla lista globale di quelle che stanno azzerando o riducendo gli investimenti nel carbone.

La IEEFA cita due compagnie assicurative europee, l’austriaca Uniqa e la spagnola Mapfre, oltre alla banca francese BNP Paribas; tutte hanno annunciato diverse politiche/misure per accelerare l’uscita della generazione elettrica a carbone dai rispettivi portafogli.

Anche Generali, a novembre 2018, per fare un esempio italiano, aveva reso operativa la sua precedente decisione di disinvestire gradualmente da tutte le sue partecipazioni collegate all’estrazione di carbone e al suo utilizzo come fonte di energia elettrica.

Anche se poi, tornando ad alcuni dati diffusi qualche mese fa da CoalSwarm, sembra che Pechino stia costruendo nuove centrali “sporche” per oltre 250 GW di capacità, in palese contraddizione quindi con la volontà del colosso asiatico di ridurre la sua esposizione finanziaria in questo settore.

Di recente, l’istituto Usa di analisi finanziarie ha pubblicato un rapporto in cui spiega che sono più di cento in tutto il mondo le banche, assicurazioni, i fondi sovrani e le altre realtà finanziarie che hanno stabilito di abbandonare almeno in parte il carbone (vedi anche qui).

Intanto in Giappone, come riporta l’agenzia Reuters, diverse utility stanno rinunciando a costruire nuovi impianti a carbone: la cancellazione di progetti per parecchi GW di potenza installata, quindi, conferma che molti investimenti in questa fonte tradizionale di generazione elettrica non sono più ritenuti profittevoli in un numero crescente di paesi.

La concorrenza delle fonti rinnovabili, da una parte, gli obiettivi climatici per tagliare le emissioni di gas-serra, dall’altra, aumentano il rischio di stranded asset (letteralmente: beni incagliati) per le centrali fossili, che entro pochi anni potrebbero non essere più in grado di assicurare un ritorno economico a chi vi aveva investito.

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