L’Italia è bocciata rispetto al raggiungimento dell’obiettivo al 2030 sullo sviluppo delle rinnovabili fissato dal decreto Aree idonee.
Nonostante i risultati parziali e positivi di questi ultimi anni, con 17,7 GW di rinnovabili installati dal 2021 al 2024 e una media annuale di circa 4,4 GW, il nostro Paese rischia di mancare il target di 80 GW di nuova potenza da installare entro fine decennio e di arrivarci in realtà nel 2038, impiegando quindi 8 anni in più.
Ad oggi abbiamo conseguito appena il 22% dell’obiettivo 2030 e mancano all’appello 62 GW da realizzare in sei anni, quindi una decina di GW in media ogni dodici mesi. Ma la strada da percorre è tutta in salita, sia a livello nazionale sia a livello regionale e comunale, anche a causa di decreti e leggi sbagliate, ritardi, ostacoli burocratici e opposizioni locali.
Questo il quadro tracciato da Legambiente, che ieri ha presentato alla fiera KEY di Rimini il nuovo report “Scacco matto alle rinnovabili 2025″, in cui è contenuto l’Osservatorio Aree Idonee e Regioni, con un’analisi sui ritardi dell’Italia, sui blocchi alle rinnovabili e sulla questione aree idonee.
Servono interventi strutturali, si legge in una nota, che Legambiente riassume in 10 proposte con tre caposaldi:
- lo snellimento degli iter autorizzativi per velocizzare la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, a partire dalle attività di repowering degli impianti eolici già esistenti;
- il rafforzamento del personale tecnico negli uffici regionali e comunali preposti alla valutazione e autorizzazione dei progetti e il completamento dell’organico della Commissione PNRR/PNIEC del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica;
- la revisione del decreto Aree idonee, della legge 199/2021 (dando indicazioni univoche e meno ideologiche alle Regioni) e del decreto Agricoltura, fornendo una maggiore distinzione tra fotovoltaico e agrivoltaico e prevedendo ad esempio la possibilità di realizzare il fotovoltaico a terra nelle aree agricole all’interno dei siti di interesse nazionale e regionale da bonificare.
A livello geografico, Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria sono le Regioni che rischiano di registrare i maggiori ritardi (stimati tra i 45 e i 20 anni) rispetto all’obiettivo fissato al 2030 dal decreto Aree idonee, diverso per ogni regione in base al potenziale realizzabile.
Unica regione che, stando alla media di quanto realizzato negli ultimi quattro anni, centrerebbe l’obiettivo al 2030 (pari a 4.757 MW) è il Lazio, che nel 2024 ha raggiunto il 39,9% del suo burden sharing regionale.
Blocchi alle rinnovabili
Quanto ai blocchi alle rinnovabili, salgono a 92 i casi mappati e censiti da Legambiente, dal 2022 a oggi su tutto il territorio nazionale.
Di questi, 31 sono avvenuti nel 2024 e hanno al centro impianti eolici, fotovoltaici e agrivoltaici, segnati da ostacoli che arrivano da presidenza del Consiglio dei ministri, Sovrintendenze, Regioni, Comuni, comitati di cittadini e associazioni datoriali.
Si va ad esempio dal Veneto, dove fa discutere il caso dell’impianto agrivoltaico a Mogliano Veneto (TV), un progetto già approvato dalla Regione, che ha ricevuto forti opposizioni da parte del Sindaco, alla Toscana dove a Capalbio e Badia Tedalda, tra il grossetano e l’aretino, la Giunta regionale sembra aver cambiato la propria opinione da positiva a negativa su un progetto dopo il clamore generato da partiti e comitati.
Progetti in stallo
Altro alert in Italia arriva dal numero di progetti in stallo a livello nazionale. Dal 2015 al 15 gennaio 2025 sono 2.109 quelli avviati a valutazione. Di questi, secondo le elaborazioni di Legambiente sui dati disponibili sul portale del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica:
- 115 sono in attesa della determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- 85 hanno ricevuto il parere della Commissione Tecnica Via Pnrr-Pniec ma rimangono in attesa del parere del ministero della Cultura;
- 1.367, pari al 79% del totale, sono in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato Pnrr-Pniec (con 44 progetti risalenti al 2021, 367 al 2022, 505 al 2023 e 451 al 2024).
Tra quelli che avrebbero già dovuto concludere l’iter autorizzativo ma che sono ancora in attesa di una decisione, il più datato è un piano di reblading in Campania che prevede la sostituzione delle pale dei 60 aerogeneratori del parco eolico situato nei comuni avellinesi di Lacedonia e Monteverde.
Nell’agosto 2020 aveva ottenuto un parere favorevole preliminare sulla compatibilità ambientale da parte del Mic, ma oggi, a quasi cinque anni di distanza, è ancora bloccato nella fase di istruttoria tecnica presso la Commissione Tecnica Via.
Come sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “i principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del ministero della Cultura e l’inazione delle Regioni, i decreti ministeriali sbagliati e ideologici, come quelli su aree idonee e agricoltura, e le politiche miopi del Governo Meloni, che non fa altro che rendere la Penisola ancora più dipendente dagli speculatori del gas, puntando anche sul ritorno del nucleare, opzione energetica sconfitta dal libero mercato, a causa dei suoi costi esorbitanti”.
Per Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, questo ritardo “è preoccupante così come il muro che diverse regioni stanno innalzando sul tema aree idonee, come nel caso in primis di Sardegna e Toscana che renderanno rispettivamente il 99% e il 70% del territorio regionale non idoneo alla realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili”.