Rilancio economico post-Covid: le proposte di Coalizione Clima

Le misure che l'Italia dovrebbe adottare per spingere verso la transizione ecologica e digitale.

ADV
image_pdfimage_print

Come rilanciare l’economia dopo l’emergenza coronavirus?

Sul tema è intervenuta la Coalizione Clima – nata nel 2015 e composta da oltre 200 realtà fra organizzazioni del terzo settore, imprese, sindacati, scuole e università, cittadini – affermando che il rilancio economico e la de-carbonizzazione devono diventare sinonimi, altrimenti c’è il rischio di perdere un’occasione unica e finanziamenti ingenti che non saranno di nuovo disponibili a breve.

Le attuali misure che il governo italiano sta mettendo in atto – e quelle attese da interventi europei – mettono indubbiamente in campo una mole significativa di risorse, evidenzia la Coalizione Clima in una nota; il punto però è che tali risorse devono essere indirizzate verso una strategia coerente e lungimirante, senza limitarsi a far fronte alle esigenze più immediate.

Così come indica la comunicazione della Commissione Ue sul fondo di ripresa da 750 miliardi di euro, per rafforzare la competitività, la resilienza e il ruolo dell’Unione europea a livello globale, occorre che tutti gli investimenti siano orientati ad accelerare la transizione ecologica e digitale e a costruire una società più equa e resiliente.

Di seguito alcuni punti prioritari per la Coalizione Clima:

Giusta transizione

Il nostro paese non si è ancora dotato di piani per la giusta transizione, né a livello nazionale, né a livello regionale e locale. La crisi economica innescata dal COVID-19 ha aggravato la già critica situazione occupazionale e ha modificato priorità e bisogni. Il governo, quindi, deve sostenere la riconversione delle imprese e creare, al contempo, opportunità di riqualificazione e il rilancio produttivo ed occupazionale in aree che rischiano di subire una forte crisi sociale e occupazionale. Sarà necessario convogliare risorse per la riconversione industriale di queste aree, prevedendo investimenti ingenti nelle fonti rinnovabili, nell’accumulo di energia, negli impianti per la chiusura del ciclo dei materiali, perché la transizione energetica porterà, in meno di 5 anni, alla chiusura di centrali a carbone e olio combustibile (vedi PNIEC) obbligando molte imprese a ripensare le proprie produzioni.

Produzione di energia-efficienza energetica

Accelerare gli investimenti per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, puntando sui nuovi modelli energetici (comunità rinnovabili ed autoconsumo collettivo) e confermando il phase out del carbone al 2025, è un’azione necessaria per ridurre le emissioni climalteranti. È ugualmente urgente promuovere la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, anche prorogando i recenti provvedimenti sulle detrazioni fiscali al 110% e rendendo strutturale la cessione del credito alle banche, al fine di ottimizzare la riduzione dei consumi e delle emissioni e di rimettere in moto alcuni settori produttivi, portando un beneficio economico ai cittadini, anche delle fasce più povere.

Sussidi ambientalmente dannosi

Devono essere gradualmente eliminati e/o rimodulati entro il 2025: in Italia, come documenta il terzo catalogo del ministero dell’Ambiente, su una stima totale di 19,7 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi nel 2018, 17,7 miliardi sono sussidi alle fonti fossili. Per tale fine sarà necessario che questa operazione venga fatta accompagnando i settori produttivi con misure di attenuazione di impatto sociale e di riallocazione delle risorse recuperate che, tendenzialmente, dovranno essere ripartite attraverso un mix di misure che, da una parte aiutino le fasce meno abbienti della popolazione, evitando così di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro, dall’altra sostengano interventi e attività virtuose, investimenti pubblici in ricerca, sviluppo e infrastrutture per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. L’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi deve essere accompagnata da una riforma fiscale di tipo ambientale che orienti le produzioni e i consumi verso la riconversione ecologica e la sostenibilità e da una forte riduzione delle spese militari da convogliare nella riconversione ecologica.

Filiera agroalimentare

Servono strumenti per dare dignità al settore, con politiche di giusti prezzi per i produttori e di sostegno per la riduzione dell’impatto sulle emissioni e sui suoli, nonché per la garanzia di qualità per i consumatori. Servono tutele e dignità per i lavoratori, inclusa la lotta al caporalato. In questa fase, e non solo, si sono sviluppate interessanti esperienze di distribuzione di prodotti a km zero, che andrebbero rafforzate per il futuro, per i consumi dei cittadini. Respingiamo le proposte che prevedono per le mense scolastiche la possibilità di somministrare il pasto all’interno di lunch box in polipropilene, con pasti confezionati ore prima che escludono la possibilità di nutrire i bambini con alimenti freschi.

Mobilità

Oggi sono necessari e urgenti interventi radicali per la mobilità: rafforzamento del trasporto pubblico locale con nuove flotte elettriche o idrogeno verde; innovazioni per la mobilità privata, sempre elettrica; mezzi condivisi; sviluppo della micro-mobilità nelle città; sviluppo di tecnologie sostenibili. In questo periodo, la “scoperta” dello smart working ha consentito di ridurre notevolmente gli spostamenti, ma ha anche evidenziato limiti, quali la mancanza di socialità e il “diritto alla disconnessione” (per evitare un tempo di lavoro senza limiti). Lo smart working non può quindi considerarsi la chiave per la riduzione della mobilità, anche se può senz’altro aiutare, se applicato correttamente.

Economia circolare

Non ci sono dubbi sulla necessità di favorire un modello di sviluppo basato sull’economia circolare, attraverso la diffusione della raccolta differenziata, la tariffazione puntuale, la costruzione di impianti di nuovi impianti di riciclo e per la riparazione dei prodotti, sia per i rifiuti urbani che per quelli speciali, per ridurre l’uso di risorse ed energia, riducendo a pochi punti percentuali, rispetto al totale, il conferimento alle discariche e agli inceneritori. L’emergenza COVID-19 ha generato un’ampia varietà di rifiuti, come mascherine, guanti, tute e altri materiali monouso utilizzati dagli operatori sanitari, che vanno all’incenerimento, a cui si aggiungono i dispositivi monouso impiegati dai cittadini. È necessario, nel limite del possibile, ridurre l’uso dei materiali monouso e promuovere l’utilizzo di materiali riutilizzabili.

Digital divide

Il distanziamento sociale ha reso ancora più evidente la necessità di dotarsi di un piano organico e adeguato per la connettività tale da garantire, su tutto il territorio nazionale incluse le aree rurali, pari accessibilità alla rete per tutti i cittadini. Le carenze riscontrate nella gestione della didattica a distanza e dello smart working devono essere sanate e devono essere potenziati gli effetti positivi di una infrastruttura digitale che, anche durante il lockdown, ha consentito di risolvere a distanza tanti problemi. La digitalizzazione deve essere attuata, però, in modo da minimizzare gli impatti ambientali e sociali e tutelando la salute; siamo contrari, pertanto, a revisioni dei limiti delle emissioni radiomagnetiche.

Cooperazione allo sviluppo

È necessario rilanciare la cooperazione partecipando di più al finanziamento del Fondo Verde, collaborando con i paesi partner per la realizzazione di piani di adattamento che riducano l’esposizione ai rischi delle popolazioni impoverite e vulnerabili, attivando tutti gli attori del sistema della cooperazione sulla base di criteri trasparenti di contributo allo sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, i finanziamenti pubblici all’internazionalizzazione economica devono aderire ai criteri ESG (Environmental, Social and Governance) e promuovere un cambiamento dei modelli di produzione nelle catene di fornitura e del commercio, in chiave di sostenibilità ambientale e sociale.

Scuola, università e ricerca

La pandemia ha dimostrato come il divario nord-sud e i continui tagli degli ultimi 25 anni al sistema di welfare e al sistema dell’istruzione pubblica, abbiano recato danni irreparabili, acuiti dalla falsa convinzione che la didattica a distanza avrebbe potuto essere un’alternativa per uscire dalla crisi. La pandemia ha messo il dito nella piaga dei tagli, degli organici insufficienti, delle classi pollaio, della mancata sicurezza degli edifici scolastici. Analogo discorso va fatto per le Università, afflitte da tagli pesantissimi degli ultimi decenni, sempre più orientate alla promozione delle eccellenze piuttosto che alla diffusione orizzontale dei saperi, all’incremento dei laureati (troppo pochi) ed al rafforzamento del patrimonio di ricercatori (troppo basso rispetto alle medie degli altri paesi europei, ma che si fa apprezzare a livello internazionale). Infine, mai come in questa crisi, è parso evidente il ruolo che la ricerca di base e la ricerca orientata alla giusta transizione possono giocare per la realizzazione di una società più giusta, per una vera economia circolare, per la salvaguardia del nostro Pianeta.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti
    Privacy Policy Cookie Policy