Come ridurre del 31% l’intensità energetica globale

Interventi e politiche adeguate sulla domanda energetica nei settori industriale, edilizio e dei trasporti possono aumentare la produttività e abbattere di un terzo i consumi di energia. Un report del World Economic Forum.

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Con l’aumento della popolazione mondiale e della domanda di energia, in particolare nelle economie in via di sviluppo, le politiche pubbliche e la promozione delle collaborazioni nella value chain dell’industria globale saranno fondamentali per gestire il consumo di energia e ridurre l’intensità di carbonio.

Ma quali sono gli ambiti commercialmente vantaggiosi implementabili con le tecnologie esistenti sui quali si può far leva per avere un impatto significativo?

Gli analisti del World Economic Forum hanno provato a dare una risposta a questa domanda attraverso il report “Transforming Energy Demand” (link in basso), pubblicato questo mese in collaborazione con PwC.

Obiettivi di efficienza energetica

Nel documento vengono delineate le azioni rivolte alle imprese e ai Paesi per migliorare la gestione e l’efficienza energetica e ridurre l’intensità di carbonio. Secondo lo studio sono possibili una contrazione del 31% dell’intensità energetica e un risparmio annuo fino a 2.000 miliardi di dollari, se si adottassero alcuni accorgimenti.

Il calo dell’energia utilizzata per unità di Pil darebbe quindi un impulso alla crescita consentendo a risorse che prima andavano sprecate o sovrautilizzate di alimentare altre attività produttive. Inoltre aiuterebbe le aziende a risparmiare denaro e a mantenere un vantaggio competitivo, riducendo al contempo il loro impatto ambientale.

La trasformazione della domanda di energia, secondo lo studio, sarebbe possibile già adesso.

Gli interventi teorizzati consentirebbero di mantenere la stessa produzione utilizzando circa il 19% di energia in meno rispetto allo scenario delineato dalle politiche attuali, forbice che si allarga al 31% in meno se si considera uno scenario ipotetico senza alcun miglioramento dell’intensità energetica globale tra il 2022 e il 2030.

Un risparmio anche superiore all’obiettivo fissato dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite, dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) e dall’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena).

Quali interventi e in quali settori

Ci sono diverse azioni che l’industria globale può intraprendere subito per ridurre la propria domanda di energia del 31%.

Queste fanno riferimento a tre aree di intervento: il risparmio energetico, che implica dei miglioramenti nelle voci di spesa delle aziende, l’efficientamento energetico, che richiede un investimento di capitale con ritorno garantito, e la collaborazione nella value chain, che riguarda i rapporti delle aziende con i fornitori e i partner aziendali.

Ognuno di questi ambiti, se applicato a edilizia, industria e trasporti (che insieme rappresentano circa il 94% della domanda globale di energia) può portare questo dato a ridursi di quasi un terzo.

Una rivoluzione che avverrebbe anche nell’interesse economico delle aziende. L’International Renewable Energy Agency (Irena) stima in 14.000 miliardi di dollari il costo cumulativo degli interventi di efficienza energetica da qui al 2030 per raggiungere gli obiettivi net-zero, ma l’indagine del World Economic Forum suggerisce che, di quella somma, fino a 8.000 miliardi saranno ripagati nel corso del tempo.

Gli interventi del primo e del secondo tipo (risparmio ed efficientamento energetico) garantiscono un ritorno immediato e possono avvenire in qualsiasi momento su input dell’azienda che decide di metterli in atto.

Nell’industria pesante, ad esempio, si considera il riutilizzo degli scarti di lavorazione all’interno delle stesse linee produttive; nel settore dei trasporti già basterebbe anche una guida più efficiente basata sulle previsioni del traffico rese possibili dall’intelligenza artificiale.

Elettrificare i macchinari potrebbe essere un’azione legata all’efficientamento energetico che darebbe una scossa al settore metallurgico, mentre fare lo stesso per le fonti di calore, insieme ad aggiornare le apparecchiature di riscaldamento e ventilazione, porterebbe vantaggi anche al settore dell’edilizia, che tra costruzioni, regolazione della temperatura, illuminazione e alimentazione delle apparecchiature rappresenta circa il 30% della domanda globale di energia (e un terzo delle emissioni di gas serra).

Nei settori hard to abate come quello della produzione dell’acciaio, ammodernare gli altiforni più obsoleti e recuperare il calore di scarto può fare una notevole differenza, così come implementare sistemi automatizzati di gestione dell’energia e soprattutto passare alla distillazione a secco del carbone.

Aumentare la percentuale di acciaio DRI in altiforni elettrici è considerata la strategia a livello di value chain più efficace. Più in generale, ricorrere alle fonti di energia rinnovabili rappresenta, secondo gli analisti del World Economic Forum, una costante nella value chain collaboration per tutti i settori analizzati.

La domanda di tecnologie net-zero dei colossi aziendali

Il World Economic Forum ha peraltro dato uno stimolo importante alla domanda di tecnologie net-zero, attraverso la First Movers Coalition, un agglomerato di 96 colossi aziendali (tra i quali Coca Cola, Qatar Airways, Volvo) creato in partnership con il governo degli Stati Uniti, che ora ha raggiunto il suo picco di domanda con 120 progetti attualmente in attività.

La metà delle riduzioni di emissioni necessarie entro il 2050 arriverà grazie a tecnologie non ancora disponibili su larga scala, per cui la creazione di una domanda per le aziende del settore sarà essenziale per dare il via al mercato, in particolare in sette settori: alluminio, aviazione, cattura dell’anidride carbonica, cemento, spedizioni, acciaio e autotrasporti.

Entro il 2030, questi impegni rappresenteranno una domanda annuale stimata di 16 miliardi di dollari per le tecnologie climatiche emergenti.

Scarsa preparazione delle aziende e ruolo della politica

Nonostante questo sforzo porti anche a notevoli risparmi energetici, la maggior parte delle aziende globali pare comunque impreparata per la sfida che riguarda l’efficientamento. Dalle interviste condotte nel realizzare lo studio è emersa una notevole mancanza di consapevolezza tra le imprese su come modificare i propri consumi energetici.

Spesso è un fattore che non viene considerato come una priorità strategica: mentre l’82% delle aziende si interroga sulla quantità delle proprie emissioni, solo il 42% fa lo stesso per la propria intensità energetica. La maggior parte indica come causa principale di questa lacuna le scarse e confuse direttive governative.

Il quadro normativo (e i relativi incentivi) per questa transizione passa inevitabilmente per le politiche pubbliche nazionali e internazionali.

Oltre 120 Paesi hanno annunciato pubblicamente di voler raddoppiare il tasso medio annuale di miglioramento della propria efficienza energetica nazionale, ma intendono farlo attraverso piani che hanno scadenze troppo lontane (spesso fanno riferimento al 2040) e soprattutto concentrandosi troppo sulle fonti energetiche, senza tener conto di come utilizzare meglio con l’energia già attualmente a disposizione. Una strategia a due gambe, rinnovabili ed efficienza/risparmio è la strada più corretta.

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