Ultimamente non si leggono notizie molto positive sulla diffusione delle auto elettriche: le vendite calano negli Usa, e ancor più nell’Unione europea, -20% la scorsa primavera, soprattutto a causa dei tonfi del 30% in Germania e del -18% in Italia.
Continuando così, secondo Goldman Sachs, invece di arrivare a vendite di 100 milioni di auto elettriche nell’anno in corso, ci si fermerà a 60 milioni. Significa che l’abbandono dei motori a combustione interna, indispensabile per arrivare al “net zero” nelle emissioni di CO2 al 2050, sarà posticipato e non sappiamo di quanti anni.
Contemporaneamente al calo delle elettriche, sta crescendo la vendita di ibride plug in (quelle con una piccola batteria ricaricabile, che consente di fare al massimo una cinquantina di km in modalità elettrica, per poi cedere il compito a un motore a scoppio), mentre crolla il prezzo delle auto elettriche usate, il che farebbe pensare a un cambiamento di “sentiment” da parte dei consumatori, o per essere più espliciti, di delusione verso questo modo innovativo di viaggiare.
Un sondaggio Mc Kynsey ha pure rivelato che in media il 29% dei primi acquirenti di auto elettriche negli Usa, Australia, Brasile, Cina, Germania, Norvegia, France, Italia e Sud Corea, penserebbero in futuro di tornare a un’auto con motore a scoppio.
Forse che l’auto elettrica non sia la risposta “no carbon” giusta, come tanti scettici sostengono? Andiamoci piano, l’elettrico è qui per restare.
In Cina ormai il 40% delle auto vendute ha motori elettrici e anche da noi le case automobilistiche rallentano i piani di conversione all’elettrico, ma non lo abbandonano visto che in realtà non ci sono strade alternative per decarbonizzare il trasporto privato nei tempi e nelle quantità richiesti.
E allora come si potrebbe rimettere in moto questo cambiamento virtuoso in Occidente?
La ragione della frenata, probabilmente, è che europei e americani sono abituati all’uso dell’auto in completa libertà, per cui molti di loro trovano scomoda l’attuale modalità di uso dell’auto elettrica che richiede una programmazione dei viaggi più lunghi, per le lunghe soste di ricarica, soprattutto per chi non può ricaricare presso la propria abitazione.
Oltre a ciò, i prezzi degli attuali modelli elettrici dei segmenti B e C continuano ad essere troppo alti rispetto ai corrispettivi con motore endotermico; per fare un solo esempio la Fiat 500 elettrica di base costa 26.000 € e ha poco più di 200 km di autonomia, mentre quella equivalente convenzionale costa 18.000 €.
Questo aspetto non migliorerà a breve, visti gli annunciati dazi europei contro le più economiche auto cinesi.
Tempi troppo lunghi per la ricarica
Ma se prendiamo atto di cosa non soddisfi nelle auto elettriche, vediamo che alla base non c’è tanto l’autonomia, cioè il terrore di restare a piedi, e/o il costo dell’auto, ma la lentezza della ricarica.
È la cosiddetta “curva della ricarica” che può rendere fastidiosa l’idea di dover suddividere un viaggio in tappe forzate, magari con soste anche di ore, se sul posto ci sono solo punti di ricarica a bassa potenza, che percepiamo come un insopportabile passo indietro rispetto alla consueta facilità e libertà di movimento.
È la lentezza della ricarica che ci rende angosciante avvicinarci alla fine della carica, temendo di non trovare una colonnina libera, dovendo ogni auto prima di noi sostarci per lunghi periodi.
Ed è sempre la lentezza della ricarica, che ha spinto le case automobilistiche a cercare di compensare, caricando sulle auto batterie con grande capacità, con conseguenti prezzi elevati di questi mezzi, così che una volta cariche consentano autonomie tali da permettere lunghi viaggi senza pensieri.
Immaginiamo adesso, invece, di avere una batteria che si ricarichi in 5-10 minuti “dalla riserva al pieno” (o almeno dal 10% all’80%), cioè più o meno nel tempo che ci vuole a fare un pieno di Gpl o metano.
Con un tempo di ricarica così basso, non ci sarebbe bisogno di portarsi dietro un monolite di 500 kg per avere 1000 km di autonomia: una batteria a carica rapida, può anche consentire “solo” 300-400 km di autonomia, senza aspettare ore per fare il pieno.
Quattrocento chilometri di autonomia corrispondono circa a una capacità di 45-50 kWh, una batteria quindi relativamente modesta per gli standard attuali, che permetterebbe di avere veicoli poco più cari di quelli di un motore a scoppio.
Per caricare una batteria di questa capacità in 10 minuti, serve un caricabatteria superfast da 300 kW, una potenza molto alta, ma ormai disponibile, tanto che di modelli simili ce ne sono già molti sulle autostrade.
Ora, quanti ne servirebbero e dove piazzare questi “super caricabatterie”?
Non c’è da sforzare molto l’immaginazione, in Italia ci sono 22mila distributori di benzina, basterebbe che oltre ai carburanti normali offrissero almeno un paio di punti di ricarica a 300 o più kW per le auto elettriche. E si tratta di impianti già disposti nei punti strategici delle strade, in modo da servire l’intera platea degli automobilisti.
Ventimila “supercolonnine” sono tante, certo, ma sempre meno delle 55mila già installate, per gran parte a bassa potenza, che giacciono spesso inutilizzate perché in molti casi troppo lente.
Ed è proprio la lentezza della ricarica, che finora ha reso poco appetibile per i gestori la sistemazione delle colonnine nei distributori, perché non vale la pena di rifornire solo poche auto al giorno.
Sintetizzando: batterie piccole ma veloci nella ricarica renderebbero l’uso (e i prezzi) della auto elettriche molto simile a quello delle auto a motore a scoppio; le prendo, parto, quando ne ho bisogno mi fermo per una ricarica al distributore a qualunque ora del giorno, e in pochi minuti continuo il viaggio.
E anche se abito in un condominio, non ho bisogno di cercare una colonnina pubblica dove lasciare l’auto a caricarsi in strada, andando a riprenderla una volta “piena”: quando ne ho bisogno mi fermo lungo i tragitti quotidiani qualche minuto a un distributore e faccio il pieno di elettroni.
In aggiunta, le ricariche non si concentrerebbero più tutte la notte, rendendo più facile la gestione dei carichi.
Ma la ricerca è sul pezzo
È solo un’utopia? No, perché la ricerca sulle batterie sta andando proprio in quella direzione.
Ci sono stati annunci già nel 2023 riguardo a una batteria al litio in cui i due elettrodi non sono piatti, ma si “incastrano” fra loro rendendo più facile lo scambio di ioni: il risultato è che la batteria si carica a metà in 90 secondi e al 100% in tre minuti. Troppa grazia…
Più recentemente e più concretamente la startup di Cambridge University, Nyobolt, ha rivelato un’auto sportiva azionata da un prototipo di batteria al litio da 35 kWh con speciali anodo ed elettrolita, che va dal 10 all’80% di carica in 4 minuti usando una colonnina da 350 kW, e che ha continuato a funzionare senza danni per 4000 cicli.
Ma non basta. Le batterie al sodio, che cominciano ad entrare in commercio e costeranno una frazione di quelle al litio, sembrano essere particolarmente adatte per la carica veloce.
In primavera al KAIST in Sud Corea è stata annunciata la realizzazione di una batteria al sodio che include anche un supercondensatore che può ricaricarsi in secondi, invece che in minuti (ovviamente, con un caricabatteria della potenza adeguata).
Inoltre, poche settimane fa un team dell’Università di Chicago ha descritto su Nature Energy il suo prototipo di batteria al sodio a stato solido, che grazie a una serie di innovazioni nella struttura e nei materiali, ha le stessa densità energetica di una al litio, ma si ricarica in pochi minuti da zero al 100%.
Naturalmente ci vorrà ancora qualche anno affinché queste più piccole e veloci batterie escano dai laboratori ed entrino nelle auto elettriche in vendita.
Ma quando lo faranno i mezzi elettrici avranno la stessa duttilità di uso di quelli a benzina, senza costare un occhio della testa, visto anche il previsto generale calo dei costi delle batterie, mantenendo la loro caratteristica di essere benigni per clima, ambiente e salute.
Normalmente le nuove tecnologie hanno all’inizio fasi di crescita e cicli di rallentamento, come quello attuale. Ma con questi cambiamenti nella modalità di ricarica non ci saranno più ostacoli, veri o pretestuosi che siano, per la transizione dal fossile all’elettrico.