Quanto sono più cari i prezzi italiani del gas rispetto alla media europea

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Differenziali in aumento per la maggior parte dei clienti domestici nazionali. Anche le imprese con bassi consumi pagano di più. Tendenze e dati.

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In Italia i consumatori domestici pagano prezzi del gas sensibilmente più alti della media europea, con differenziali in crescita.

Torniamo a occuparci delle principali tendenze emerse dalla relazione annuale dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), dopo aver approfondito le dinamiche del settore elettrico (vedi qui).

Come evidenzia l’Autorità, la prima classe di consumo (meno di 525 metri cubi/anno: essenzialmente del gas utilizzato per la cottura e la produzione di acqua calda) è l’unica eccezione che conferma la regola del prezzo italiano del gas più elevato della media dell’area euro.

Per la classe di consumo 525-5.254 mc/anno, che rappresenta il 74% circa del totale dei consumi domestici, il differenziale tra l’Italia con la media dei prezzi lordi dell’area euro è stato del +17% (+15% nel 2017); e per la classe di consumo oltre 5.254 metri cubi il differenziale è stato del +22% contro il +18% dell’anno precedente.

In termini netti, prosegue la relazione, spicca per entrambe le classi un differenziale con l’area euro del +10% nel 2018.

La tabella sotto riassume l’intero quadro; i prezzi finali al netto e al lordo delle imposte sono espressi in centesimi di euro al metro cubo.

Per quanto riguarda i clienti industriali, spiega l’Arera, si confermano le dinamiche degli ultimi anni.

Difatti, le imprese industriali appartenenti alle tre classi con i maggiori consumi di gas (oltre 263.000 mc) hanno continuato a beneficiare anche nel 2018 di prezzi lordi più vantaggiosi rispetto a quelli dell’area euro, sia pure con differenziali in riduzione rispetto all’anno precedente.

Per le imprese a minori consumi fino a 263.000 metri cubi, al contrario, i prezzi finali sono rimasti più elevati della media dell’area euro, con differenziali sostanzialmente stabili da un anno all’altro, come mostra la tabella seguente.

Rispetto al 2017, osserva l’Autorità, i prezzi netti italiani hanno subito rincari notevolmente maggiori in confronto a quanto accaduto negli altri paesi, tranne che per l’ultima classe di consumo. I differenziali con l’area euro sono tutti positivi (tra +6% e +14%).

Per quanto riguarda l’articolazione dell’imposizione fiscale, precisa poi l’Autorità, solamente sulle imprese più piccole hanno gravato imposte più elevate rispetto alla media dell’area euro (+19%).

Più in dettaglio, guardando alla struttura del mercato retail del gas (vedi qui per il mercato dell’elettricità), l’Autorità spiega che il prezzo mediamente praticato ai clienti finali dai venditori è risultato pari a 39,96 cent€/mc, rincarato di oltre 5 centesimi (+16,6%) rispetto al 2017.

La quota di volumi venduti nel mercato libero è stata del 68,3% in lievissima ascesa sul 2017, mentre quella nel mercato tutelato è stata dell’11,3% (12% l’anno precedente); il 20,3% ha riguardato invece l’autoconsumo.

Se si considerano le vendite in senso stretto e si escludono, quindi, gli autoconsumi, quasi l’86% del gas è stato acquistato sul mercato libero. In termini di clienti, invece, il 53,2% si è rivolto alle tariffe tutelate, mentre il 46,8% ha acquistato un’offerta libera.

Considerando solo il settore domestico, si può osservare che la quota di volumi acquistati sul mercato libero nel 2018 ha raggiunto il 50,6% (45,2% nel 2017) per le famiglie e il 78,4% per i condomini (76% nel 2017).

Infine, come già visto nel caso dell’energia elettrica, la sottoscrizione di offerte online si è fermata al 2,6% degli utenti.

Dal punto di vista della tipologia di prezzo scelta, il 70,4% dei clienti domestici ha sottoscritto nel mercato libero un contratto a prezzo bloccato, contro il 29,6% che ha scelto un contratto a prezzo variabile; il 2,8% dei clienti residenziali ha firmato una proposta con una clausola di durata minima contrattuale; il 39,6% ha preferito contratti che prevedono un abbuono o uno sconto di uno o più periodi gratuiti o di una somma fissa in denaro/in volume, che può essere una tantum o permanente, ed eventualmente previsto al verificarsi di una determinata condizione.

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