Quanto rischia l’Italia in caso di embargo europeo al gas russo?

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Il Def nello scenario peggiore ipotizza una carenza di gas fino al 18% delle importazioni in volume nel 2022. Approvate le sanzioni Ue sul carbone.

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Cosa rischia il nostro Paese in caso di un embargo totale di gas e petrolio dalla Russia?

Nel Documento di economia e finanza (Def) approvato il 6 aprile dal Consiglio dei ministri si parla di una possibile carenza di gas fino al 18% delle importazioni complessive italiane in volume nel 2022, se non si riuscirà a sostituire il gas oggi proveniente da Mosca diversificando le rotte di approvvigionamento.

Intanto il Consiglio Ue ha adottato oggi il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia che prevede, tra le altre cose, un blocco delle importazioni di carbone dal prossimo agosto (il valore stimato di queste importazioni è pari a 8 miliardi di euro/anno).

Mentre ieri, giovedì 7 aprile, il Parlamento Ue ha approvato una risoluzione in cui chiede (neretti nostri nelle citazioni) “un embargo totale e immediato sulle importazioni russe di petrolio, carbone, combustibile nucleare e gas, e sollecita […] a presentare un piano volto a continuare ad assicurare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ue”.

Le sanzioni potrebbero essere revocate “nel caso in cui la Russia adotti provvedimenti intesi a ripristinare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ritiri completamente le proprie truppe dal territorio ucraino”.

Si chiede inoltre di iniziare a lavorare “alla creazione di un’unione del gas, basata sull’acquisto congiunto di gas da parte degli Stati membri“.

Gli scenari di rischio del Def

Come caso limite, nel Def si è ipotizzato un blocco delle esportazioni di gas e petrolio da fine aprile 2022 e per tutto il 2023, stimando un consumo annuo in Italia (anno solare) di 74 miliardi di metri cubi di gas nel 2022 e 72,5 miliardi di mc nel 2023.

Partendo da tali valutazioni, si legge nel documento (neretti nostri), “un primo scenario ipotizza che le aziende del settore sarebbero in grado di assicurare le forniture di gas necessarie al Paese grazie ad un incremento delle importazioni dai gasdotti meridionali, un maggior utilizzo di Lng (la capacità di rigassificazione aumenterebbe sensibilmente già nel 2023) e un aumento, inizialmente modesto ma crescente nel tempo, della produzione nazionale di gas naturale e biometano”.

Tuttavia, si assisterebbe a un ulteriore rincaro dei prezzi energetici.

Il prezzo del gas sul mercato all’ingrosso nazionale, che a fine marzo era intorno ai 100 €/MWh, “seguirebbe un sentiero più elevato rispetto agli attuali prezzi a termine, portandosi in media al di sopra di 200 €/MWh del periodo novembre 2022-febbraio 2023 (contro una media di 90,8 €/MWh nel periodo novembre 2021-febbraio 2022). Nei mesi successivi e fino alla fine del 2023, il prezzo sarebbe pari a circa il doppio degli attuali livelli dei futures sulle scadenze corrispondenti”.

Mentre il Pun salirebbe a circa 379 €/MWh tra novembre 2022 e febbraio 2023 contro un livello attuale di circa 250 €/MWh.

Stando alle simulazioni, questo boom dei prezzi energetici toglierebbe 0,8 punti percentuali alla crescita del Pil italiano nel 2022 e 1,1 punti nel 2023, in confronto allo scenario tendenziale.

In un altro scenario, però, si ipotizza che le soluzioni per diversificare gli approvvigionamenti non diano i risultati desiderati per diversi problemi (tecnici, climatici, geopolitici) e che anche gli altri Paesi Ue debbano fronteggiare carenze di gas.

In questo caso l’Italia potrebbe avere “una carenza di gas pari al 18 per cento delle importazioni in volume nel 2022 e al 15 per cento delle importazioni nel 2023” mentre i prezzi di elettricità e gas sarebbero ancora più alti di un 10% circa rispetto al primo scenario di rischio. Inoltre, si avrebbe una caduta del Pil in confronto allo scenario tendenziale di 2,3 punti percentuali nel 2022 e 1,9 punti nel 2023.

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