Promozione di tecniche a minore impatto emissivo in agricoltura, investimenti per la mobilità sostenibile, promozione di impianti più efficienti nel riscaldamento civile e campagne di comunicazione.
Sono alcune delle misure contenute nel Piano nazionale per la qualità dell’aria approvato il 20 giugno dal Consiglio dei ministri, con una dotazione complessiva di 2,4 miliardi di euro, di cui 1,7 da fondi Mase.
Proprio il ministro Gilberto Pichetto Fratin parla di “un piano ambizioso ma realistico, che punta a conciliare tutela della salute, sostenibilità ambientale e compatibilità economico-finanziaria. Una risposta concreta alle sfide europee e un segnale chiaro ai cittadini e alle imprese: migliorare la qualità dell’aria è un impegno comune e non più rinviabile”.
Più nel dettaglio, si introducono “responsabilità precise” e “un sistema strutturato di monitoraggio con una cooperazione tra amministrazioni centrali, regionali e locali, per una nuova governance della qualità dell’aria fondata su integrazione, responsabilità e partecipazione”, come si legge in una nota.
Il Mase, dal canto suo, attiverà due programmi per 800 milioni di euro complessivi, destinati ai Comuni per progetti su “casa-scuola, casa-lavoro, trasporto pubblico locale e sharing mobility”.
A ciò si aggiunge uno sconto sugli oneri di sistema elettrici per incentivare il cold ironing nei porti (elettrificazione delle banchine), riducendo così le emissioni delle navi in sosta. Infine, il rafforzamento dei controlli sull’utilizzo di impianti domestici obsoleti a biomassa.
Il Piano è previsto dal DL Salva-infrazioni n. 131/2024 ed è stato redatto da un’apposita cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, dove si è svolto un confronto tra ministeri e Regioni. Da qui anche il parere favorevole in Conferenza unificata (disponibile in basso con gli impegni al Governo da parte degli enti locali), che ha però registrato l’opposizione dell’Umbria.
“La tutela dell’ambiente merita un impegno concreto e finanziamenti certi”, spiega l’assessore regionale Thomas De Luca. A mancare, secondo l’Umbria, sono fondi per le Regioni già in infrazione o a rischio, misure per ridurre le emissioni industriali, “in particolare sui metalli pesanti a Terni, secondo sito industriale in Europa per concentrazione di nichel”, e incentivi per la sostituzione delle caldaie a biomassa con prestazioni inferiori alle 4 stelle nei Comuni con superamenti di PM10.
“Il Piano, così com’è, non garantisce un quadro finanziario solido e sufficiente per l’attuazione delle misure previste. Senza risorse adeguate e senza attenzione alle specificità del territorio, la salute dell’aria e dei cittadini resta a rischio”, conclude De Luca.
Limiti di ozono superati in tre regioni
C’è anche un fattore tempo sull’applicazione del piano e il raggiungimento dei suoi obiettivi. Il senso d’urgenza è dato ad esempio dagli ultimi dati sullo sforamento dei limiti di ozono pubblicati il 17 giugno dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
In particolare, valori fuori norma si registrano in Lombardia, Emilia-Romagna, Marche e Veneto.
Nel caso della Lombardia, secondo la sezione locale di Legambiente, si tratta di un “rischio elevato e sottovalutato dal governo regionale. Serve informare i cittadini e limitare le fonti emissive”.
Il 19 giugno, inoltre, “per la quarta volta in questo mese, si sono superate le soglie di allarme. Questa volta è toccata alla Bergamasca, dove nella centralina del capoluogo e in quella di Calusco d’Adda si sono raggiunti valori di picco di ozono atmosferico superiori ai 240 microgrammi/mc, considerati pericolosi per la salute umana. Valori che, per le normative vigenti, impongono l’attivazione immediata di misure, a partire dalla limitazione della circolazione automobilistica”.
Alla luce di ciò, per Legambiente Lombardia “occorrerebbe intervenire per limitare le emissioni di precursori inquinanti della formazione di ozono: si tratta delle emissioni da traffico, in particolare da motori diesel, e di quelle industriali (ma anche domestiche) di processi che rilasciano vapori di solventi. Purtroppo non è possibile agire sulle fonti agricole, altrettanto importanti per l’emissione di metano, anch’esso gas precursore dell’ozono; in questo ambito occorrono invece politiche strutturali, destinate a dare risultati di lungo periodo”.