La popolazione mondiale e il suo peso sulla crisi climatica

La crescita della popolazione e del suo impatto sull’ambiente è ancora poco considerato. Necessaria subito la stabilizzazione e poi la lenta riduzione garantendo sempre i diritti umani.

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Nel periodo complesso e drammatico che stiamo vivendo con l’aggressione russa in Ucraina i concetti che alla base della costruzione di un mondo in grado di intraprendere la strada della sostenibilità, sembrano dimenticati.

E tutto ciò mentre la situazione critica in cui si trovano i sistemi naturali del Pianeta lanciano segnali palesi di grande sofferenza, scontrandosi con la nostra inazione e il nostro ritardo nell’urgente cambio di rotta necessario.

Non stiamo facendo altro che ridurre le finestre temporali nelle quali è possibile agire.

I clamorosi effetti del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità dimostrano quanto gli effetti dei nostri ritardi nell’azione si stiano verificando con rapidità maggiore di quanto previsto. È inevitabile che più tempo si perde, più la situazione si aggraverà e sarà più difficile porvi rimedio.

Gli studiosi del Global Footprint Network hanno segnalato che il 28 luglio siamo arrivati all’Overshoot Day, cioè il giorno in cui l’umanità avrà consumato la disponibilità annuale di biocapacità: oggi consumiamo 1,7 Terre.

L’Onu ha pubblicato Population Prospects 2022, che fornisce un aggiornamento sullo stato della popolazione mondiale.

Il tema della sua crescita e dell’impatto sull’ambiente viene poco considerato come componente significativa, ma è indubbio che il pesante impatto che la nostra specie ha prodotto sul sistema Terra derivi anche da un mix di cause.

Nel documento dell’Onu le proiezioni indicano che il 15 novembre 2022 la popolazione mondiale arriverà a 8 miliardi, nel 2030 a 8,5 e nel 2050 a 9,7, per arrivare al picco nel 2080 a 10,4 miliardi, restandovi fino al 2100.

Nel 2023 l’India dovrebbe sorpassare la Cina come Paese più popoloso. I due terzi dell’incremento previsto della popolazione è dovuto alla crescita del passato.

Per la prima volta nel 2020 il ritmo di crescita annuale è sceso sotto l’1% dal 1950. L’effetto cumulativo della riduzione della fertilità causerà una riduzione della crescita nella seconda metà del secolo. L’aspettativa di vita cresce ma restano grandi disparità.

Nel 2019 ha raggiunto i 72,8 anni con un incremento di quasi nove anni dal 1990 e si prevede che possa dirigersi verso i 77,2 anni nel 2050.

Sulla rivista “Science of the Total Environment” alcuni scienziati, tra i quali il grande ecologo Paul Ehrlich e William Rees, l’ecologo che ha impostato insieme a Mathis Wackernagel il metodo dell’impronta ecologica, hanno pubblicato “Scientists’ Warning on Population” che avverte della necessità di un cambiamento trasformativo a tutti i livelli per fermare l’emergenza del cambiamento climatico in atto e il collasso della biodiversità.

La stabilizzazione prima e poi la lenta riduzione della popolazione sono considerate azioni necessarie. Questo processo deve essere accompagnato da un chiaro framework che garantisca i diritti umani.

Tutte le coppie del mondo dovrebbero impegnarsi per garantire la nascita di un solo figlio/figlia affinché si richieda a tutti i policy makers d’implementare politiche per la popolazione, rafforzando l’educazione per le donne e assicurando alta qualità dei servizi di pianificazione familiare.

I problemi che assillano il mondo e che continuiamo a non affrontare richiedono un forte impegno nel risolverli, iniziando a trasformare l’attuale modello economico della crescita illimitata che è irrealizzabile in un mondo dai limiti biogeofisici definiti, in una vera e propria wellbeing economy, un’economia del ben-essere.

L’articolo è stato pubbliccato sul n.3/2022 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “Troppi per una sola Terra”.

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