Nei parchi eolici vedremo turbine sempre più grandi e potenti, anche se l’evoluzione della taglia media delle pale procederà a ritmi diversi nei vari paesi.
Per le installazioni sulla terraferma, in particolare, grandezza e potenza cresceranno meno rispetto ai progetti offshore, come evidenzia un nuovo approfondimento sul mercato eolico globale di MAKE Consulting, la società di consulenza danese che dal 2017 fa parte di Wood Mackenzie.
I dati, ripresi dagli analisti di GTM Research, mostrano che ci sarà un passaggio abbastanza graduale dalle turbine da 3 MW a quelle da 4 MW negli impianti a terra, con un avanzamento tecnologico più accelerato in Europa e negli Stati Uniti, vedi il grafico seguente.
L’area di mercato che include il nostro continente (EMEARC: Europe, Middle East, Africa, Russia and Caspian), infatti, vedrà quasi scomparire i modelli da 2 MW in pochi anni, al contrario della zona Asia-Pacifico (APAC nel grafico) che continuerà a essere dominata dalle pale di dimensioni più piccole.
In Europa, spiegano gli esperti di GTM, la fine degli incentivi con il lancio delle aste competitive e dei contratti PPA (Power Purchase Agreement) sta favorendo una corsa al ribasso per i costi di generazione dell’energia eolica, con valori LCOE (Levelized Cost of Electricity) sempre più competitivi, resi possibili anche grazie all’introduzione di turbine di taglia maggiore.
Queste ultime consentono di ridurre il numero complessivo di pale installate con relativo consumo di suolo, al contempo di produrre più energia e abbattere i costi di manutenzione, senza dimenticare che sono equipaggiate con sistemi molto avanzati di gestione/controllo dei dati meteorologici.
Ecco perché in molti mercati, tra cui quello italiano, si stanno aprendo buone prospettive per gli interventi di ammodernamento e potenziamento, anche se in Italia restano diverse barriere soprattutto normative (vedi QualEnergia.it sul potenziale di repowering ancora da cogliere nel nostro paese).
Passando al segmento offshore, le proiezioni segnalano che la diffusione delle maxi turbine sarà molto più rapida rispetto ai progetti a terra, vedi il grafico sotto.
Entro il 2022-2023, infatti, nella maggior parte dei mercati ci sarà una predominanza di modelli da 8-10 MW con alcuni generatori di potenza superiore a 10 MW.
Già ora, nei parchi marini, le turbine da 6 MW stanno iniziando a cedere il passo alle “sorelle” da 7 MW, ma la prossima generazione di modelli avrà dimensioni mai viste prima, nell’ordine di 12-15 MW, veri giganti progettati da GE, Siemens-Gamesa e Vestas per sfruttare al massimo i venti marini e diminuire in modo rilevante i costi delle installazioni.
Pochi mesi fa, ad esempio, GE aveva annunciato un investimento da 400 milioni di dollari per sviluppare il super-aerogeneratore Haliade-X da 12 MW, per un’altezza di 260 metri e un diametro del rotore pari a 220 metri, puntando alla realizzazione di futuri parchi eolici senza incentivi e in grado di competere con le altre fonti rinnovabili, vedi QualEnergia.it Perché l’eolico offshore chiede turbine sempre più “super”
Intanto l’utility svedese Vattenfall ha installato in Scozia, ad aprile, la prima turbina Vestas da 8,8 MW in un parco offshore su scala commerciale (vedi QualEnergia.it).