Più clima nel Recovery Fund, l’appello di imprese e associazioni

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Cento tra aziende e associazioni di categoria italiane chiedono un impegno adeguato alla sfida della transizione ecologica.

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“Il clima non può attendere: è il momento del fare”.

Cento esponenti di importanti imprese e associazioni di imprese italiane lanciano un appello per rendere gli investimenti europei più ambiziosi e adeguati alla sfida di una transizione ecologica, climatica che poggia su tre capisaldi: ambizione climatica per aumentare la quota di finanziamenti dedicati al clima del Recovery Fund, criteri climatici stringenti per indirizzare gli investimenti, una lista di esclusione delle attività anti-clima da non finanziare.

L’appello è rivolto ai parlamentari italiani, ai rappresentanti italiani in Parlamento europeo e ai membri del Governo italiano per sostenere che le proposte europee per il clima e l’ambiente siano rese più incisive, in vista della negoziazione relativa alla versione finale del pacchetto di ripresa europeo post Covid, prevista per il mese di novembre.

“La transizione verso un’economia ambientalmente sostenibile e climaticamente neutrale – si legge nell’appello – rappresenta una sfida epocale che cambierà il sistema energetico e i modelli di produzione e consumo in tutti i settori”.

Le tre direttrici indicate nell’appello prevedono in particolare:

            1. Ambizione climatica: per portare dal 37% al 50% la quota di investimenti del Recovery and Resilience Facility – il più importante strumento di finanziamento del pacchetto Next Generation EU – destinati a progetti favorevoli al clima, sia per realizzare il taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e puntare sulla neutralità climatica al 2050 che per contribuire a mobilitare i 350 miliardi di euro all’anno di investimenti per il clima e l’energia a livello europeo, stimati dalla Commissione Europea;

            2. Criteri climatici per gli investimenti: adottare una metodologia chiara per riconoscere gli investimenti favorevoli al clima, come quella definita dal Regolamento europeo per la “Tassonomia per la finanza sostenibile”;

            3. Una “lista di esclusione”: introdurre una lista di attività economiche che non possono accedere ai finanziamenti del Recovery and Resilience Fund perché incompatibili con il taglio delle emissioni al 2030 e con l’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050.

Questo appello italiano si sposa con numerose iniziative simili, attualmente in corso in Europa, promosse dalla comunità civile e dal mondo economico, e segue il solco tracciato dal Manifesto per un green deal, firmato nello scorso giugno da 110 rappresentanti del mondo delle imprese.

Tra i firmatari del documento (l’elenco comprelto nel documento qui sotto) Francesco Starace (a.d. Enel), Edo Ronchi (presidente Fondazione per lo sviluppo sostenibile), Renato Boero (presidente Iren), Luca Bettonte (a.d. Erg), Nicola Monti (a.d. Edison), Michaela Castelli (presidente Acea), Agostino Re Rebaudengo (presidente EF), Alessandra Barocci, Marco Peruzzi (presidente E2I), Ignazio Capuano (a.d. Burgo), Tomaso Tommasi di Vignano (presidente esecutivo Hera), Andrea Zaghi (direttore generale EF), Filippo Brandolini (vice presidente Utilitalia), Simone Togni (presidente Anev), Walter Righini (presidente Fiper), Dario Di Santo (direttore Fire), Chicco Testa (presidente Fise Assoamiente).

L’appello (qui il pdf):

Appello-per-il-clima-dal-mondo-delle-imprese1

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