I piani net-zero dei petrolieri fanno acqua da tutte le parti… Eni compresa

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Le ultime analisi di Carbon Tracker sulle strategie delle aziende fossili per azzerare le emissioni al 2050.

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Le aziende petrolifere di tutto il mondo stanno dichiarando di volere adottare nuove strategie net-zero per azzerare le emissioni nette di CO2 al 2050.

Ma quanto sono realmente ambiziosi i loro impegni?

Secondo un nuovo studio di Carbon Tracker, “Absolute Impact 2021″ (link in basso), gli obiettivi climatici annunciati finora da dieci delle maggiori compagnie oil & gas fanno acqua da più parti, perchè non sono pienamente compatibili con gli accordi di Parigi del 2015, che prevedono di limitare a 1,5-2 °C il surriscaldamento globale, rispetto ai valori preindustriali.

Il punto, osserva Mike Coffin, autore dello studio, è che non basta parlare di obiettivi net-zero. È il percorso per raggiungerli che conta più di ogni altra cosa, perché se non si fissano dei paletti ben precisi, il concetto di net-zero rischia di rimanere una scatola vuota.

Uno di questi paletti è stato piantato nei giorni scorsi dalla Iea (International energy agency), quando nel suo rapporto Net-zero 2050 ha affermato che bisogna smettere immediatamente di investire in progetti per estrarre nuove risorse fossili.

In altre parole: le compagnie energetiche non devono più spendere un solo dollaro per cercare nuovi giacimenti di carbone, gas e petrolio, perché i consumi mondiali di combustibili fossili dovranno calare costantemente e velocemente per dare sempre più spazio alle fonti rinnovabili.

Secondo Carbon Tracker, ci sono tre requisiti essenziali affinché gli impegni di riduzione delle emissioni possano essere considerati, almeno potenzialmente, in linea con gli obiettivi di Parigi.

Tali requisiti sono:

  • includere le emissioni associate a tutte le attività operative (estrazione, produzione, trasporto, raffinazione) e a tutti gli usi finali dei prodotti fossili venduti;
  • prevedere obiettivi intermedi che consentano di ridurre le emissioni in termini assoluti;
  • includere le emissioni di tutti i progetti fossili, anche di altre aziende, in cui si hanno partecipazioni azionarie.

Carbon Tracker ha stilato una graduatoria (qui sotto, cliccare per ingrandire), da cui emerge che Eni è la società del settore con gli impegni più forti per il clima, impegni che sembrano comprendere tutte le emissioni upstream e downstream.

Tuttavia, a ben guardare, ci sono diverse falle, non solo nei piani Eni ma più in generale nelle strategie net-zero delle diverse compagnie inserite nella tabella di Carbon Tracker.

Eni, intanto, punta a ridurre le emissioni solo del 25% al 2030, rispetto alla baseline del 2018, rimandando così ai venti anni successivi il fardello più oneroso per arrivare al traguardo net-zero.

Poi il cane a sei zampe, al pari di altre aziende fossili, si affida in modo eccessivo, secondo Carbon Tracker, a tecnologie di dubbia efficacia e molto costose con cui rimuovere la CO2: sistemi CCS (Carbon Capture and Storage), sistemi DAC (Direct Air Capture) e progetti di riforestazione.

Insomma, anziché tagliare realmente le emissioni, diverse società petrolifere intendono continuare a estrarre e produrre carburanti fossili, con investimenti in crescita, per poi compensare quelle emissioni con soluzioni che dovrebbero permettere di assorbire o rimuovere la CO2 una volta rilasciata.

Così facendo, un traguardo net-zero sarebbe in realtà una politica di greenwashing: ti faccio credere di essere verde ma intanto continuo a investire come prima. Si veda anche questo articolo con le critiche mosse a Eni sulla sua de-carbonizzazione di facciata.

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