Senza nucleare sarà molto più difficile, per non dire impossibile, rendere del tutto “pulito” il mix energetico mondiale come previsto dagli accordi internazionali sul clima.
Così l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) torna a far discutere per le sue posizioni controverse sulle tecnologie a basso impatto ambientale.
Com’è noto, infatti, la ricetta della IEA per abbattere le emissioni inquinanti ha sempre sottostimato il contributo delle fonti rinnovabili e sovrastimato il ruolo futuro del gas, dell’atomo e dei sistemi CCS (Carbon Capture and Storage) per sequestrare l’anidride carbonica.
E nello studio Nuclear Power in a Clean Energy System (scaricabile qui con registrazione gratuita), l’agenzia sostiene che il nucleare è un ingrediente essenziale per sviluppare un sistema elettrico low-carbon con ridotte emissioni di CO2.
La tesi della IEA
A sostegno di questa tesi, la IEA propone diversi dati, tra cui il grafico seguente, dove emerge che la quota complessiva delle energie “pulite” (definizione che include il nucleare) nelle forniture di elettricità, nel 2018, era del 36%, lo stesso livello di venti anni prima, perché, spiega la IEA, il declino dell’energia atomica ha rallentato il cammino globale delle risorse a zero emissioni.
In altre parole: l’atomo ha perso terreno, intanto c’è stato il boom delle rinnovabili (eolico e solare), ma il risultato finale è che la somma di tutte queste tecnologie è rimasta inalterata da un paio di decenni a questa parte. Quindi, secondo la IEA, è stato un male che si sia smesso di puntare sulle centrali nucleari.
L’Agenzia poi aggiunge che nel 2040 si sarà persa una buona fetta del parco attuale di generazione elettrica nucleare, a causa delle dismissioni di vecchi reattori e dei mancati investimenti in nuovi impianti; ricordiamo che la Germania ha già deciso di abbandonare questa fonte di energia e che molti progetti stanno accusando pesanti ritardi ed extra-costi per diversi problemi tecnici, è il caso ad esempio delle nuove centrali EPR in Francia e in Finlandia.
E questo crollo dell’atomo, scrive la IEA, potrebbe far salire il conto per le emissioni di CO2, nell’ordine di quattro miliardi di tonnellate in più.
Le critiche
Tuttavia, si può guardare al ruolo dell’atomo e delle altre fonti energetiche da una prospettiva diversa, come raccomanda un recente documento di Mark Z. Jacobson, professore alla Stanford University e tra i massimi sostenitori della necessità di costruire un mix elettrico con il 100% di rinnovabili e senza nucleare.
L’atomo, infatti, scrive Jacobson, pone parecchi inconvenienti, tra cui: tempi di realizzazione molto lunghi, costi elevati in confronto agli impianti eolici e solari, smaltimento delle scorie radioattive, rischi per la sicurezza dei reattori e così via.
In sintesi, investire oggi in nuove centrali nucleari è anacronistico; tra l’altro, con i costi in continuo calo delle rinnovabili, chiarisce Jacobson, non si capisce perché il vuoto lasciato dall’atomo si dovrebbe riempire con il gas o il carbone (come fa intendere la IEA quando parla di un aumento delle emissioni con la progressiva perdita di capacità nucleare), piuttosto che con l’eolico, il solare e le batterie per l’accumulo.
La tesi è che il boom delle rinnovabili proseguirà sempre più velocemente, mettendo fuori gioco le fonti fossili e il nucleare.
Una tesi confermata da molti studi recenti, ultimo dei quali Renewable Power Generation Costs in 2018 dell’Irena: le analisi economiche dell’agenzia internazinale per le energie rinnovabili evidenziano infatti che in moltissime aree geografiche la scelta d’investire in eolico o fotovoltaico è già oggi la più conveniente.
Secondo l’Irena, energia del vento e dal sole dovrebbero scendere rispettivamente a 0,045-0,048 dollari/kWh nel 2021, valori che consentiranno a queste due fonti di battere regolarmente le migliori alternative fossili, gas o carbone.