Perché la cattura della CO2 è stata un fallimento in Europa

La relazione speciale della Corte dei Conti Ue spiega i motivi che hanno determinato il totale insuccesso dei progetti CCS su vasta scala.

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Catturare e immagazzinare nel sottosuolo l’anidride carbonica degli impianti industriali, si sta rivelando un’impresa molto più costosa e complessa di quanto si potesse immaginare all’inizio.

A certificare il fallimento della tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) in Europa è la relazione speciale appena pubblicata dalla Corte dei Conti Ue (documento completo allegato in basso) dopo aver esaminato i risultati ottenuti con i due programmi di finanziamento EEPR e NER300, lanciati nel 2009 per sostenere lo sviluppo del CCS e delle fonti rinnovabili innovative.

I fondi complessivamente disponibili ammontavano a circa 3,7 miliardi di euro.

L’obiettivo prioritario di questi strumenti finanziari era dimostrare la fattibilità tecnico-commerciale di sistemi CCS di grandi dimensioni. Tuttavia, si legge nella relazione, la Corte “ha concluso che nessuno dei due programmi è riuscito a diffondere le tecnologie di cattura e lo stoccaggio del carbonio nell’Ue”.

Tra i motivi di tanto insuccesso, il documento segnala le “condizioni di investimento avverse”, in particolare il prezzo troppo basso della CO2 sul mercato ETS dopo il 2011 (Emissions Trading Scheme, vedi anche QualEnergia.it).

Poi ha avuto un ruolo negativo l’eccessiva rigidità degli schemi di finanziamento, sottolinea il rapporto: in altre parole, ai potenziali investitori sono state fornite regole e norme poco chiare, ad esempio in tema di rendiconto economico dei progetti, aumentando così l’incertezza e il grado di rischio.

Il CCS, ricordiamo brevemente, punta a “sequestrare” l’anidride carbonica emessa dalle industrie più inquinanti, come le centrali a carbone e gli stabilimenti petrolchimici, per poi stoccarla in depositi sotterranei, soprattutto ex giacimenti di idrocarburi.

Secondo diversi studi sull’evoluzione del clima, tra cui l’ultimo rapporto dell’IPCC, sarà molto difficile limitare il surriscaldamento medio terrestre a 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, rispetto ai livelli preindustriali, senza impiegare su vasta scala una serie di tecnologie, tra cui la CCS anche abbinata alle bioenergie (BECCS), che consentiranno di rimuovere la CO2 rilasciata nell’atmosfera.

Bruxelles, evidenzia il rapporto della Corte dei Conti Ue, si attendeva la realizzazione di almeno una dozzina di unità dimostrative CCS entro il 2015 e aveva assegnato un miliardo di euro attraverso il programma EEPR a sei progetti in Germania, Olanda, Polonia, Regno Unito, Spagna e anche in Italia per la centrale termoelettrica di Porto Tolle, quando ancora era in attività (Enel poi l’avrebbe chiusa).

La tabella sotto (clicca per ingrandire) riassume lo stato di avanzamento attuale di quei progetti, che sono stati cancellati o conclusi senza essere entrati in funzione, con l’eccezione di un impianto pilota in Spagna che però non ha dimostrato l’utilizzo del CCS su scala reale.

Anche il programma NER300, si legge nella relazione, alla fine non ha concesso alcuna sovvenzione ai progetti CCS previsti originariamente (una decina in tutto), per molteplici ragioni, tra cui il mancato sostegno degli Stati membri e la mancanza di determinati requisiti giuridici.

E lo stesso programma NER300 è in ritardo per quanto riguarda lo sviluppo delle energie rinnovabili innovative, non ancora disponibili sul mercato, per le quali aveva stanziato circa 1,8 miliardi di euro totali nel 2012 e 2014.

La prossima tabella chiarisce la situazione: la maggior parte degli impianti è stata ritirata o si trova ancora in corso di pianificazione/decisione finale d’investimento. Solamente sei progetti, su 38 ammessi inizialmente ai finanziamenti, sono entrati in funzione nei tempi previsti (quattro sono parchi eolici).

In definitiva, rimarca la Corte dei Conti Europea, “l’incertezza delle strategie e dei quadri normativi ha ostacolato o ritardato i progressi di molti progetti innovativi nel campo delle energie rinnovabili e per la cattura e lo stoccaggio del carbonio”.

La relazione termina con una serie di raccomandazioni alla Commissione Europea, che sta preparando il fondo per l’innovazione che dal 2021 sostituirà il NER300 e dovrà contribuire a raggiungere i nuovi obiettivi Ue sulle rinnovabili al 2030. Vedremo allora su quali tecnologie si vorrà scommettere maggiormente, per tagliare le emissioni e ridurre il peso dei combustibili fossili.

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