Una nuova tecnologia per produrre calore oltre 1.000 °C con il solare

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I risultati raggiunti dalla "trappola termica" sperimentata dall'istituto di ricerca svizzero ETH di Zurigo e il potenziale impatto nei settori industriali hard to abate.

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Per decarbonizzare la produzione di calore, fondamentale in processi industriali hard to abate come cemento e acciaio, l’uso dell’energia solare ha finora portato a risultati poco soddisfacenti.

Gli attuali convertitori solari, infatti, mostrano prestazioni non elevatissime e costi elevati per raggiungere le temperature richieste da questi processi, superiori a 1.000 °C.

Un gruppo di ricerca dell’istituto svizzero ETH di Zurigo ha però sviluppato in laboratorio una nuova tecnologia cosiddetta di “trappola termica”, in grado di assorbire la luce solare concentrata e fornire calore oltre quella soglia.

Il funzionamento del sistema è descritto in un articolo pubblicato da poco (link in basso) sulla rivista scientifica Device.

Nell’esperimento, un’asta di quarzo di 7,5 cm di diametro e 30 cm di lunghezza è stata accoppiata a un assorbitore ceramico che, grazie alle sue proprietà ottiche, può immagazzinare la luce solare e convertirla in calore. Il quarzo è stato scelto per le sue proprietà e, soprattutto, per la sua idoneità a temperature target superiori a 1.000 °C.

Materiali semitrasparenti come il quarzo consentono, inoltre, un forte assorbimento della radiazione infrarossa emessa dalle superfici calde.

L’estremità sinistra dell’asta del sistema è stata esposta alla radiazione solare concentrata, mentre quella destra era in contatto con un disco opaco di carburo di silicio, che funge da assorbitore solare.

L’asta di quarzo è stata esposta a luce artificiale con un’intensità equivalente a 135 volte quella della luce solare e il sistema è riuscito a raggiungere temperature fino a 1.050 °C. Si sono ottenute differenze di temperatura tra l’assorbitore e la superficie esterna di circa 600 °C.

Per aumentare la radiazione, i ricercatori si sono serviti di un simulatore solare ad alto flusso, ma per poter avere un’applicazione pratica di questa tecnologia occorrerebbe fare ricorso a sistemi solari a concentrazione, con tutti gli ostacoli che questo comporta (aree di installazione, costi, trasmissione e così via).

La tecnologia apre le porte a un’alternativa alla combustione di carbone o petrolio per produrre cemento o acciaio. Secondo dati Iea, la produzione di calore è responsabile di circa la metà del consumo finale globale di energia, molto più dell’elettricità (20%) e dei trasporti (30%).

A sua volta, metà di questa energia – ovvero il 25% del totale – viene utilizzata per alimentare processi industriali, prevalentemente attraverso la combustione di fonti fossili con relative emissioni di gas serra.

Trovare un’alternativa è quindi di fondamentale importanza, anche perché finora gli impianti di Carbon capture and storage (Ccs) volti a catturare la CO2 si sono sempre dimostrati scarsamente efficienti e difficili da replicare su ampia scala.

“Il nostro approccio migliora significativamente l’efficienza dell’assorbimento solare”, ha affermato l’autore principale della ricerca, Emiliano Casati, che aggiunge: “Siamo fiduciosi che questa tecnologia supporti l’implementazione di impianti solari a concentrazione ad alta temperatura”.

Non resta che aspettare analisi tecniche ed economiche dettagliate sull’effettiva realizzabilità su larga scala di questi sistemi, due fattori non tenuti in considerazione nello studio sperimentale in questione.

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