Perché in Veneto cresce l’opposizione all’agrivoltaico?

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Le contestazioni colpiscono anche gli impianti che dovrebbero coniugare agricoltura e produzione energetica, spingendo Legambiente a intervenire in difesa delle rinnovabili. Il punto sulle ultime novità nella Regione in tema di FV.

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L’opposizione alle fonti rinnovabili non riguarda solo la Sardegna: anche in Veneto sono sempre più accese le proteste contro i nuovi progetti di impianti, compresi quelli più avanzati dal punto di vista tecnologico.

Le contestazioni stanno coinvolgendo pure l’agrivoltaico, soluzione che dovrebbe mettere d’accordo tutti – imprenditori agricoli e operatori energetici – e che invece rischia di rimanere al palo su gran parte del territorio regionale.

Un conflitto che ha spinto Legambiente Veneto a intervenire nel dibattito, con una nota in cui l’associazione ambientalista sostiene che “lo sviluppo dell’agrivoltaico è un’opportunità, non un rischio” e che perciò deve essere regolato e non bloccato.

Tra le contestazioni più recenti, quella contro l’impianto agrivoltaico da 15 MW, con altezza massima dei moduli pari a 2,5 metri, che Lightsource Renewable Energy Italy (società delle rinnovabili controllata del colosso petrolifero Bp) intende realizzare a Ca’ Solaro, nel comune di Favaro Veneto (VE).

L’impianto sarebbe installato su 18 ettari di terreni agricoli che appartengono alla Fondazione Querini Stampalia. Sabato 7 settembre, si è svolta a Favaro Veneto una manifestazione con centinaia di persone – riporta la stampa locale – per criticare il progetto, attualmente in fase di screening Via da parte della Regione Veneto (qui tutti i documenti del progetto con scadenza per inviare le osservazioni fissata al 26 settembre).

Il 30 agosto, il consigliere comunale Gianfranco Bettin (Verde Progressista), ha presentato un’interrogazione al sindaco della Città metropolitana di Venezia, Luigi Brugnaro, chiedendo di intervenire presso la Regione per sospendere l’iter dell’impianto previsto a Ca’ Solaro.

Nell’interrogazione si legge che “l’impianto desta preoccupazione tra i residenti per l’impatto e per lo snaturamento drastico del territorio che comporterebbe”. L’interrogazione è stata inoltrata all’assessore competente Massimiliano De Martin, con delega a rispondere entro 30 giorni.

Intanto la Città metropolitana di Venezia, in un parere del 27 agosto, ha espresso “assoluta contrarietà” al progetto.

Il fronte del “no” alle rinnovabili è più ampio di quanto si pensi e si riallaccia alla legge regionale 17/2022 che disciplina la realizzazione di impianti FV con moduli a terra.

La legge all’articolo 3 individua una lunga serie di aree presuntivamente non idonee agli impianti, tra cui le “aree agricole di pregio” che devono essere definite dalle province e dalla Città metropolitana di Venezia.

Tali aree, precisa la norma regionale (art. 2), sono caratterizzate dalla presenza di attività agricole consolidate, dalla continuità e dall’estensione delle medesime, contraddistinte dalla presenza di paesaggi agrari identitari, di ecosistemi rurali e naturali complessi, anche con funzione di connessione ecologica”.

Il punto, osserva il referente di Italia Solare per il Veneto, Emiliano Pizzini, sentito da QualEnergia.it, è che le province hanno classificato “di pregio” la quasi totalità (fino al 98-99%) dei loro terreni agricoli.

Peraltro, nelle aree classificate agricole dagli strumenti urbanistici comunali, per realizzare impianti di potenza pari o superiore a 1 MW bisogna prevedere sistemi agrivoltaici di tipo avanzato, cioè con moduli elevati da terra su terreni mantenuti in coltivazione.

In alternativa e in deroga, si possono installare parchi FV con moduli a terra, con l’obbligo che le zone agricole asservite all’impianto siano almeno pari a 15 volte l’area occupata dall’impianto stesso.

“La logica di classificare come pregiato il 99% del territorio agricolo, senza graduazioni intermedie, non ha senso, perché in questo modo di fatto non si possono più fare impianti”, evidenzia Pizzini. La stessa definizione di “area agricola di pregio” è molto generica e lascia spazio a interpretazioni, sfociate in queste percentuali altissime di territorio “off-limits”.

Per il rappresentante di Italia Solare serve maggiore pragmatismo politico-istituzionale per raggiungere gli obiettivi regionali sulle fonti rinnovabili.

“L’approccio ideologico di una parte del mondo agricolo contro il fotovoltaico in Veneto è molto forte”, sottolinea l’esperto. Ricordiamo, in particolare, le posizioni delle associazioni degli agricoltori come Coldiretti e Cia.

In una comunicazione del 28 agosto, la Città metropolitana di Venezia annuncia di aver avviato il procedimento per individuare le aree agricole di pregio “potenzialmente inidonee ai fini della realizzazione di impianti fotovoltaici (e agrivoltaici), secondo la L.R. 17/2022”.

Risultato del procedimento è che il 95,3% della superficie agricola (circa 137mila ettari) è stato classificato nelle aree di pregio. Il documento, si spiega, ha dovuto tenere conto “anche dell’evoluzione del quadro normativo che, lo scorso luglio, ha visto l’emanazione di diverse leggi nazionali sul tema, concorrenti con quelle della Regione Veneto”, in particolare il dl Agricoltura e il dm aree idonee.

Il piano di individuazione delle aree è stato poi inviato ai 44 comuni del territorio metropolitano per la consultazione con le amministrazioni locali.

Eppure, tornando alla nota di Legambiente Veneto, i benefici dell’agrivoltaico sono molteplici.

Tra questi, si citano:

  • aumento di biodiversità e riduzione dei danni da eventi estremi, grazie a ombreggiature e protezioni create dagli impianti;
  • miglioramento della qualità del suolo e dell’ambiente, grazie alla riduzione dell’evaporazione del suolo dovuta all’ombreggiamento, che può contribuire a mantenere una maggiore umidità e a ridurre l’erosione;
  • sostegno all’economia agricola locale e integrazione del reddito degli agricoltori;
  • mitigazione dei cambiamenti climatici.

In definitiva, afferma l’associazione, “quando si parla di agrivoltaico è certamente fondamentale distinguere tra impianti ben progettati e realizzati con un approccio integrato e progetti che invece non tengono conto delle specificità del territorio e delle esigenze degli agricoltori, che aprono la porta al rischio di speculazioni”.

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