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Nel Mediterraneo un’isola finalmente sostenibile… ma è in Grecia

Astypalea (Stampalia) è stata scelta dal governo greco e da Volkswagen, per un progetto di sostenibilità della durata di sei anni. Si partirà dalla elettrificazione dei trasporti. Se ne parlerà anche alla convention di Greening The Islands (24-27 novembre).

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Sono anni che QualEnergia.it scrive articoli in cui ribadisce quale straordinario laboratorio per sperimentare tecniche di sostenibilità, sarebbero le piccole isole italiane, ricche di sole, vento, calore sotterraneo, con reti elettriche staccate da quella nazionale e con popolazioni limitate (questo è l’ultimo nostro articolo, ma ce ne sono molti altri).

Il motivo dell’interesse del settore è che ciò che funziona lì, poi potrebbe essere riprodotto su scale molto più grandi.

Ebbene, finalmente possiamo annunciarvi che un’isola del Mediterraneo ha presentato un piano per diventare laboratorio di nuove tecnologie per la sostenibilità. Peccato che sia in Grecia, mentre all’orizzonte non c’è ancora nulla di simile per una delle isole minori italiane.

L’isola, situata nell’Egeo, si chiama Astypalea (Stampalia in italiano, veduta in alto), ed è stata scelta dal governo greco e da Volkswagen, per un progetto di sostenibilità della durata di sei anni, che partirà dalla progressiva elettrificazione dei trasporti sia pubblici che privati, sostenuta da generosi incentivi statali (fino a 12.000 € per un’auto) e prezzi ribassati da parte di VW.

Entro due anni, poi, il governo greco inizierà l’installazione sull’isola di impianti a fonti rinnovabili e batterie, per assicurare che quei mezzi possano alimentarsi con energia verde, e non con quella generata dall’attuale centrale diesel.

Oltre ad auto e pulmini, saranno messi a disposizione di residenti e turisti centinaia di biciclette e scooter elettrici, oltre a 300 colonnine di ricarica. I mezzi elettrici faranno anche da accumulatori per la stabilizzazione della piccola rete elettrica locale, così da costituire un interessante esperimento per poi valutare l’applicazione di queste tecniche sul continente.

L’isola dell’arcipelago del Dodecaneso ha una superficie di 97 kmq (quasi il doppio di Pantelleria), un’altitudine massima di 480 metri e una popolazione residente di appena 1.300 persone (come quella di Ustica).

«Astypalea è stata scelta perché ha una popolazione non piccola, ma neanche troppo grande, e perché ha una estesa rete stradale con tante colline, così da verificare l’uso di mezzi elettrici in ogni situazione», ha spiegato il vice ministro degli esteri greco Konstantinos Fragogiannis, in un’intervista sul sito del progetto.

«Inoltre – ha aggiunto – la popolazione locale ha abbracciato l’idea del progetto di trasformare l’isola in un modello di sostenibilità con entusiasmo, avendone capito l’importanza anche come fattore di attrazione turistica».

Il progetto greco non è sfuggito all’attenzione di Gianni Chianetta, presidente di Greening the Islands (GTI), un’organizzazione internazionale nata per rendere sostenibili le piccole isole in tutto il mondo, mettendo a contatto gli amministratori di queste realtà, con le aziende private e le Ong che hanno soluzioni per muoversi in quella direzione. Hanno già aderito a GTI 200 isole, 49 aziende e 59 istituzioni.

«Il progetto di Astypalea ci sembra molto buono. Anche noi siamo in contatto con la VW, e speriamo di poter fare qualcosa di simile anche in Italia. Però, piuttosto che soluzioni basate su passi successivi, prima i trasporti e poi gli impianti rinnovabili, come in questo caso, preferiamo portare avanti progetti che affrontino contemporaneamente tutti i problemi dell’isola, quindi anche aspetti come rifiuti, dissalazione acqua, agricoltura o trasporti navali, per creare utili sinergie fra i vari settori», ci dice Chianetta

«Per fare un esempio – spiega – fotovoltaico ed eolico possono associarsi non solo ad auto e biciclette elettriche, ma anche alla produzione di acqua dissalata e idrogeno, la prima per rivitalizzare l’agricoltura locale, la seconda per rendere sostenibili i trasporti pesanti».

In Italia, però, non si riesce ancora neanche a fare quel minimo che faranno a breve ad Astypalea: le isole staccate dalla rete continuano a dipendere quasi esclusivamente da generatori diesel e i trasporti da benzina e gasolio.

«È vero, e purtroppo ciò si deve al sostanziale fallimento del primo tentativo governativo di cambiare la situazione, il decreto del febbraio 2017, che incentiva il passaggio dalla generazione elettrica diesel alle rinnovabili. Il decreto aveva delle criticità che avevamo già segnalato, e in particolare remunerava troppo poco il kWh da rinnovabili».

Il punto è che nel decreto si considerava la produzione massima ottimale dalle varie fonti, che però, nel caso delle piccole isole, dove gli spazi sono ridotti e gli impianti devono dare poco nell’occhio, non si può raggiungere.

«Il risultato è che non c’è alcuna convenienza al cambiamento, e così né gli operatori attuali né altri soggetti esterni, hanno presentato progetti. Si spera che adesso che si deve rimettere mano al decreto dopo il primo periodo di prova, si tenga conto dei deludenti risultati ottenuti finora».

Il governo sta comunque tentando di sbloccare la situazione con un bando ad hoc, ma quello della poca convenienza è solo uno dei problemi. Un altro molto rilevante riguarda l’ottenimento delle autorizzazioni per realizzare questi impianti in situazioni paesaggistiche delicate come quelle delle isole.

«Da noi è veramente un grosso ostacolo. Ma abbiamo una soluzione che stiamo già applicando a Favignana e che ora useremo anche per Lipari. Abbiamo infatti appena firmato una convenzione: dopo aver studiato un progetto complessivo per l’isola, raduniamo intorno a un tavolo tutti gli interessati, dal comune alla regione, dalle Sopraintendenza agli Enti Parco, fino alle aziende interessate. E, insieme, troviamo la strada per rendere accettabili a tutti il progetto, andando avanti, si spera, senza troppi intoppi».

Però resta il fatto che è proprio difficile far accettare queste tecnologie: un cambiamento o un impatto anche minimo nell’aspetto dell’isola in realtà lo creano sempre.

«Oggi ci sono soluzioni che evitano anche quello. Il fotovoltaico può essere installato orizzontalmente sui tetti piani per non farlo vedere troppo e l’eolico si può installare al largo con tecnologia galleggiante, così da tutelare anche aree marine protette dissuadendo pesca e navigazione; ci sono prototipi di impianti “invisibili” per usare l’energia delle onde, e dissalatori marini che hanno già incorporata questa fonte. Chi, giustamente, vuole tutelare l’ambiente, deve anche pensare che questo non è minacciato solo esteticamente, ma soprattutto dall’inquinamento, dai fumi e dal traffico marino».

Insomma, ci vuole coraggio e lungimiranza da parte di decisori politici e tecnici per trasformare le isole in modelli di vera sostenibilità. Ma dove possono informarsi, per conoscere questi temi e sulle possibili soluzioni?

«Un’ottima occasione si presenterà fra il 24 e il 27 novembre, quando si terrà la settima edizione della nostra e_Convention, una serie di conferenze e workshop online tenuti da ben 70 speaker, che tratteranno i temi specifici della sostenibilità delle piccole isole: rifiuti, mobilità, le varie fonti energetiche, gli accumuli convenzionali e tramite il vehicle-to-grid; si parlerà anche di agricoltura, dissalazione e tanto altro. E ci sarà anche un forum tutto dedicato alle policy europee. Per partecipare basta registrarsi sul nostro sito».

Ok, tanto bolle in pentola, però non è che si veda molto sul terreno, anzi in mezzo al mare…

«Non è vero, ci sono già diversi esempi fuori d’Italia. Potrei citare Hierro, nelle Canarie, e il suo sistema energetico basato su eolico e accumulo idrico, o l’isola di Helgoland, in Germania, dove l’energia eolica verrà trasformata in idrogeno per i trasporti, compresi quelli navali. Ma forse il caso più recente e interessante sarà la trasformazione dell’isola francese di Majotte, vicino alle Comore, con 11 milioni di finanziamenti europei, un esempio di cui studieremo la replicabilità per Favignana».

Però, siamo sinceri, le piccole isole sono già sommerse di turismo. Perché dovrebbero diventare “sostenibili”, con tutti i prevedibili disagi della fase di trasformazione e adattamento?

«A parte i benefici economici di lungo termine, perché, va detto, la sostenibilità è il brand turistico più importante del futuro. Il turismo attuale, che punta solo al bagno in mare, copre solo due o tre mesi l’anno. Ma chi cercherà “isole sostenibili”, verrà anche fuori stagione, e sarà disposto a spendere di più pur di godere della tranquillità e della pulizia ambientale che solo le isole green potranno offrirgli», conclude Chianetta.

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