Mix energia Italia: 100% rinnovabili e tanti accumuli. Uno scenario di Cnr-Aspo Italia

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I risultati delle simulazioni portano ad un mix energetico senza fonti fossili che potrebbe stare in piedi solo con una forte crescita di eolico, fotovoltaico, batterie, accumulo stagionale (metano di sintesi) e una drastica riduzione della domanda.

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L’Italia potrebbe andare avanti con un mix energetico con il 100% di fonti rinnovabili e accumuli, rinunciando del tutto ai combustibili fossili?

La risposta è “sì”: un sistema basato interamente sulle rinnovabili è tecnicamente fattibile, ma serve uno sforzo enorme su più fronti e bisognerà dimezzare i consumi di energia, altrimenti il sistema non può reggere. In altre parole: dobbiamo usare l’energia in modo molto più efficiente e con meno sprechi.

Queste, in sintesi, le conclusioni di uno studio realizzato dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e Aspo Italia, sezione italiana dell’associazione scientifica che studia il picco del petrolio, che presenta uno scenario basato su alcune assunzioni e strategie che qui riportiamo senza commenti, ma che ci riserviamo di approfondire con gli autori (S. Tiribuzi, P. Cambi, L. Celi, M. Giusti, G. Liverani, L. Pardi, M. Rossi) e con altri esperti del settore.

Il documento (oltre 120 pp.), intitolato Verso un sistema energetico italiano basato sulle fonti rinnovabili” (link in basso), sulla base di alcune specifiche assunzioni, sviluppa scenari ipotetici per approfondire requisiti e limiti di un mix di energia totalmente “decarbonizzato”, cioè in grado di rinunciare alle fonti fossili.

La principale tesi di partenza, si spiega, è la completa elettrificazione dei consumi finali, utilizzando le tecnologie più efficienti oggi disponibili, in tutti i settori (trasporti, riscaldamento, produzione elettrica, industrie).

Servirebbero in teoria 700 TWh di elettricità, anziché i circa 1.800 TWh di energia primaria, contenuta in gran parte nei combustibili fossili che utilizziamo oggi (dato dei consumi finali di energia nel 2019).

Tuttavia, scrivono gli autori del rapporto, “non è realisticamente possibile realizzare sistemi di accumulo, soprattutto stagionale, in grado di coprire questi consumi in modo continuativo”.

L’unica simulazione con una copertura totale dei consumi energetici con rinnovabili e accumuli “prevede un fabbisogno annuo di 350 TWh, quindi la metà del fabbisogno attuale”, ed è per questo, dicono gli autori, che occorre “dimezzare la domanda finale di energia”.

Vediamo meglio cosa richiede un mix con il 100% di rinnovabili, per coprire quei 350 TWh di consumi finali di energia annui, precisando che la copertura della domanda deve essere garantita per ognuna delle 8.760 ore che compongono un anno.

È bene comunque sottolineare che gli scenari potrebbero cambiare, in modo anche abbastanza rilevante, come conseguenza di diversi fattori, tra cui i miglioramenti tecnologici futuri, specie nel campo dell’accumulo energetico.

Nuovi tipi di batterie e di soluzioni per l’accumulo termico stagionale, ad esempio, potrebbero rivoluzionare il settore dello storage, riducendo la necessità di ricorrere a idrogeno/metano di sintesi per bilanciare il sistema energetico.

Inoltre, un maggiore contributo potrebbe arrivare da altre risorse rinnovabili, tra cui geotermia e bioenergie (biogas, biometano).

Sul lato della produzione, secondo le simulazioni, sarebbero necessari:

  • 250 GW di fotovoltaico (equivalenti a 4 kW pro capite di FV) da realizzare in primo luogo su coperture di edifici e aree marginali non impiegate a fini agricoli;
  • 80 GW di eolico a terra e soprattutto offshore;
  • 100 GW di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno, più 75 GW di “metanizzatori” per produrre metano di sintesi (ricavato da idrogeno e CO2) da utilizzare come gas di accumulo.

Idroelettrico e geotermia, in questo scenario, darebbero altri 50 TWh di produzione. La capacità totale delle rinnovabili sarebbe sovradimensionata del 150% rispetto alla domanda.

Per quanto riguarda gli accumuli, si parla di batterie per complessivi 240 GWh di capacità installata – circa 4 kWh per abitante – coadiuvate dai pompaggi idroelettrici, per soddisfare le esigenze di accumulo giorno-notte e di breve periodo.

Per l’accumulo stagionale, invece, si è ipotizzato l’utilizzo della tecnologia power-to-gas: gas metano di sintesi, accumulato negli attuali stoccaggi per il gas naturale, con cui produrre energia elettrica nelle centrali turbogas esistenti.

Il metano, si spiega, verrebbe prodotto dall’esubero estivo di energia, a partire da idrogeno “verde” e CO2 catturata dai camini delle centrali a gas.

Il processo, precisano gli autori, “è differente da quello attualmente suggerito (stoccaggio diretto dell’idrogeno), ma le rese finali, includendo tutte le perdite, e le capacità di accumulo sono confrontabili”.

D’altronde, si osserva, “l’idrogeno potrebbe anche essere distribuito, e immagazzinato, ma, a causa della difficoltà operativa nel realizzare stoccaggi per i necessari miliardi di metri cubi, non può facilmente essere considerato per l’accumulo stagionale”. Ecco perché gli autori propendono per il power-to-gas.

Lo scenario fin qui ipotizzato richiede anche altri interventi, tra cui la realizzazione dell’infrastruttura necessaria al trasporto e stoccaggio di metano, idrogeno e anidride carbonica, oltre all’adeguamento della rete elettrica nazionale.

Come anticipato, lo studio afferma che è anche necessario “un deciso intervento sul lato dei consumi”, perché “il forte sbilancio tra produzione estiva e consumi invernali non può essere risolto neppure con il ricorso molto importante e cumulato di tre diverse scelte tecnologiche”: il sovradimensionamento dell’installato nelle rinnovabili, l’accumulo di breve periodo e il power-to-gas per l’accumulo stagionale.

Di conseguenza, bisogna ridurre i consumi “con interventi anche drastici” di risparmio ed efficienza energetica, ad esempio la riqualificazione degli edifici e la diffusione di tecnologie con cui modulare i consumi in funzione della disponibilità di energia.

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