L’energia pulita? Finora è un boom parziale che non risolve la crisi climatica

Nuove analisi e stime nel World Energy Outlook 2019 della IEA. Il difficile confronto con l’eredità del passato, la continua dipendenza dai combustibili fossili, le possibili soluzioni.

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La crescita massiccia degli investimenti in fonti rinnovabili, la continua discesa dei costi delle tecnologie pulite, il carbone non più competitivo con l’eolico e il solare in molti paesi, il previsto boom della mobilità elettrica… c’è una facciata “verde” sempre più ampia nel mix energetico globale, che però non è ancora riuscita a cancellare le “profonde differenze” che lo caratterizzano.

A rimarcare queste differenze è l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA, International Energy Agency) nell’edizione 2019 del suo World Energy Outlook (WEO), il rapporto che esamina i possibili scenari energetici per il futuro del nostro Pianeta.

Di quali divari parlano gli esperti della IEA?

Tra la promessa di garantire un accesso universale all’energia e la realtà che vede quasi un miliardo di persone ancora privo di elettricità

E ancora, tra le più recenti evidenze scientifiche che sottolineano l’urgenza di ridurre le emissioni di gas serra e i dati che mostrano un altro massimo storico toccato nel 2018 dalla CO2 rilasciata nell’atmosfera.

Più in generale, il divario che c’è tra le aspettative di una rapida transizione guidata dalle fonti rinnovabili e il sistema energetico attuale, che rimane “ostinatamente” agganciato alle fonti fossili.

D’altronde, la stessa IEA in queste settimane aveva anticipato alcuni contenuti del WEO 2019, evidenziando, ad esempio, la lentezza dei progressi nelle politiche di efficienza energetica e la “bomba” di emissioni inquinanti che sarebbe pronta a esplodere in Asia nei prossimi anni, a causa della perdurante espansione dell’utilizzo di carbone, gas e petrolio nelle economie emergenti.

Tra i lati più positivi ci sono le stime sulla crescita del fotovoltaico: stavolta pare che l’agenzia abbia puntato più in alto (si parla di +140 GW in media l’anno dal 2019 al 2024), mentre in passato le sue previsioni si sono sempre rivelate troppo basse rispetto all’evoluzione reale del settore.

Quindi che fare?

Il grafico sotto, tratto dalla sintesi online del WEO 2019, riassume gli esiti dei vari scenari energetici elaborati dalla IEA.

L’unico scenario che consentirebbe di far crescere l’economia mondiale e al contempo ridurre sensibilmente le emissioni di CO2 dal picco registrato nel 2018 è quello identificato dalla sigla SDS (Sustainable Development Scenario).

Lo scenario SDS, a differenza degli altri due che si basano sulle politiche correnti (Current Policies) e sulle politiche annunciate/pianificate (Stated Policies), è allineato agli obiettivi internazionali sul clima stabiliti dall’accordo di Parigi; in sostanza, limitare l’aumento medio della temperatura terrestre sotto 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, in confronto all’età preindustriale.

E qui arriva la parte difficile.

Con le sole politiche annunciate, afferma la IEA (neretti nostri), “lo slancio verso la diffusione di tecnologie pulite non è sufficiente a compensare gli effetti della crescita economica e demografica prevista su scala mondiale. L’aumento delle emissioni rallenta, ma in mancanza di un loro picco entro il 2040, il mondo si pone ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità condivisi a livello internazionale”.

Un problema molto difficile da risolvere, spiega poi la IEA, è l’eredità del passato: occorre non solo costruire nuova capacità rinnovabile, ma anche dismettere le vecchie tecnologie cui sono “vincolate” enormi quantità di CO2.

Ciò significa, afferma l’agenzia (neretti nostri), “affrontare il problema delle emissioni partendo dalle centrali elettriche, dalle fabbriche e dalle navi da carico già esistenti così come dalle infrastrutture ad alta intensità di capitale già in uso”.

Nello scenario delle politiche annunciate, aggiunge la IEA, “nonostante i rapidi cambiamenti che interessano il settore elettrico, non si rileva nessun calo nelle emissioni annue di CO2 ad esso associate. Una delle principali ragioni di questa dinamica è la longevità delle centrali elettriche a carbone esistenti che contano per il 30% di tutte le emissioni attuali del settore energetico”.

Difatti, lo scenario SDS prevede tre opzioni per ridurre le emissioni delle unità fossili: applicare tecnologie per catturare la CO2 emessa dagli impianti (CCS, Carbon Capture and Storage); diminuire fortemente l’operatività degli impianti; chiudere le centrali, partendo da quelle più obsolete.

Con il grafico sotto, infine, vediamo come dovrebbe evolversi il mix elettrico mondiale al 2040 nei due scenari con politiche correnti/SDS.

In particolare, nello scenario “sostenibile” più avanzato le rinnovabili provvederanno al 65% della domanda elettrica, di cui il 40% circa sarà assicurato da eolico e fotovoltaico, mentre circa 320 GW di capacità fossile a carbone-gas sarà equipaggiata con sistemi CCS. La generazione a carbone senza CCS (unabated coal-fired power) sarà quasi del tutto eliminata. Ma questa tecnologia sappiamo essere una speranza dell’industria dei fossili che ha dimostrato scarsa convenienza energetica e economica (vedi QualEnergia.it).

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