Le emissioni di CO2 andranno “fuori budget” a metà secolo

A questi ritmi si sta andando verso una temperatura globale di almeno 2,3 gradi entro fine secolo. Le elaborazioni di DNV GL

ADV
image_pdfimage_print

Come si evolverà il mix energetico mondiale nei prossimi decenni e qual è stato l’impatto del lockdown nel breve termine?

Le fonti rinnovabili hanno rappresentato la forma più resiliente di generazione di energia durante il lockdown, ma sono necessari investimenti urgenti per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050, secondo l’ultimo rapporto di DNV GL, “Energy Transition Outlook – Power Supply and Use”.

Durante la pandemia, spiega la società di consulenza nello studio, le energie rinnovabili hanno dimostrato di essere meno volatili dei combustibili fossili, poiché la domanda di elettricità è diminuita.

E ciò ha comportato un maggiore utilizzo di fonti pulite, ad esempio in Germania e Gran Bretagna il mix elettrico è andato avanti con il 70% di rinnovabili in alcune giornate. Così DNV GL prevede che l’energia pulita dominerà sempre di più la generazione di elettricità.

La capacità installata nell’eolico e nel fotovoltaico, si legge nel rapporto, sarà più che raddoppiata da 1.250 GW nel 2019 a 2.690 GW nel 2025, continuando a crescere e generando il 62% dell’elettricità a livello globale entro il 2050.

In particolare, gli impianti offshore faranno il 28% dell’energia generata complessivamente dalla fonte eolica entro metà secolo.

Tuttavia, DNV GL avverte che le emissioni di CO2 nel 2050 non saranno scese abbastanza da poter raggiungere l’obiettivo sancito nell’accordo di Parigi nel 2015, cioè limitare a +1,5-2 gradi l’aumento della temperatura media terrestre, in confronto all’età preindustriale.

Vediamo meglio questo punto, con l’aiuto del grafico seguente, tratto dal rapporto.

Secondo le elaborazioni di DNV GL, nel 2051 si sarà esaurito il carbon budget compatibile con un incremento delle temperature pari a 2 gradi. E nel 2028 si sarà già esaurito il carbon budget compatibile con una traiettoria di +1,5 gradi.

In altre parole: entro fine secolo, nel 2100, si saranno emesse oltre 500 miliardi di tonnellate di CO2 in più rispetto alla quantità che ci consentirebbe di rientrare nell’accordo di Parigi. Si parla, infatti, di un “overshoot” di circa 530 Gt (giga-tonnellate).

Per dare un’idea delle cifre in gioco, le emissioni globali collegate all’energia, nel 2019, hanno toccato 36 Gt di anidride carbonica.

Di conseguenza si sta andando verso un surriscaldamento globale di circa +2,3 gradi entro fine secolo. In tema si veda anche questo articolo con le stime Unep (aggiornate a novembre 2019) che riguardano il previsto andamento delle emissioni.

Ricordiamo che, per quanto riguarda l’Italia, i diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2 gradi centigradi nel periodo 2021-2050 rispetto al periodo 1981-2010, secondo le analisi appena diffuse dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

Le conseguenze ambientali sono rilevanti, con eventi estremi più intensi e frequenti (siccità, alluvioni, ondate di calore, incendi) e relativi costi economici.

Ad esempio, i costi arriveranno fino a 15 miliardi di euro l’anno (a fine secolo) per rischi alluvionali, fino a 52 mld € per la contrazione della domanda turistica nelle aree colpite dai cambiamenti climatici, tra 87-162 mld € per la perdita di valore dei terreni agricoli.

ADV
×