Fonti rinnovabili in crescita (con ottime prospettive per il fotovoltaico), generazione a carbone in calo (anche se la lignite continua a “resistere”), tecnologie pulite sempre più competitive con le risorse fossili: questo in super sintesi l’andamento del settore elettrico in Europa nel 2018.
Vediamo più in dettaglio come si è chiuso lo scorso anno e come dovrebbe evolversi il mix energetico europeo fino al 2030, aiutandoci con alcuni grafici tratti dal rapporto appena pubblicato da Agora Energiewende e Sandbag (The European Power Sector in 2018).
Dov’è arrivata l’Europa nel 2018…
Le fonti rinnovabili sono arrivate al 32,3% del mix elettrico in Europa nel 2018, segnando un incremento di un paio di punti percentuali rispetto ai dodici mesi precedenti.
Eolico, solare, idroelettrico e biomasse, in totale, hanno contribuito con 1.051 TWh, una settantina di TWh in più in confronto al 2017, mentre il carbone ha perso 34 TWh (-9%) e la sua produzione complessiva, aggiunge il rapporto, è stata inferiore del 40% rispetto al livello registrato nel 2012.
Più modesta, invece, la flessione dell’output elettrico con la lignite: -3% sul 2017 con 8 TWh di produzione in meno da un anno all’altro.
Diminuito anche l’apporto del gas, al contrario del nucleare che è rimasto sostanzialmente sui valori di un anno fa.
Così le emissioni di CO2 del settore elettrico sono diminuite del 5% nel paragone con il 2017, chiarisce il rapporto.
Il grafico seguente riassume il quadro; è bene precisare che i valori sul 2017 e 2018 in realtà sono una “best view” di Agora Energiewende e Sandbag, quindi le loro migliori stime basate su una molteplicità di dati.
Così nello studio si parla di una storia che per quanto riguarda l’uscita dalla fonte fossile più “sporca” sta viaggiando su due binari differenti: più veloce l’abbandono dei carboni fossili “duri” (hard coal), più lenta invece la dismissione degli impianti che utilizzano la lignite, un tipo di carbone meno pregiato e ancora più inquinante, estratto dalle miniere a cielo aperto (brown coal).
…e dove dovrebbe arrivare nel 2030
Approfondiamo ora il cammino delle rinnovabili con il prossimo grafico.
Notiamo, in particolare, che dal 2010 a oggi le rinnovabili senza l’idroelettrico hanno più che raddoppiato il loro peso nel mix energetico europeo, dal 9% della generazione lorda di elettricità al 22% circa.
Qui vale la pena aprire una parentesi sull’Italia: il nostro paese, infatti, secondo le statistiche elaborate da Agora Energiewende e Sandbag, è quello in cui il solare produce la percentuale maggiore di energia elettrica sul totale nazionale, 8% circa nel 2017-2018 davanti a Germania e Grecia (entrambe al 7%).
Il fotovoltaico in Italia lo scorso anno ha generato 24 TWh, uno in meno rispetto al 2017, ormai molto vicino all’output delle centrali a carbone, che nel 2018 hanno fornito 27 TWh, perdendone circa 6 nel paragone con l’anno precedente (si vedano le tabelle a pag. 7-8 del rapporto allegato in fondo).
A questo punto è interessante visualizzare il percorso che l’Europa dovrebbe seguire per centrare gli obiettivi sulle rinnovabili al 2030: 32% dei consumi finali lordi di energia, che per il settore elettrico significa arrivare al 57% di generazione “verde” con un incremento annuale nell’ordine di 94 TWh (le stime considerano il previsto aumento della domanda elettrica, dovuto alla progressiva elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento domestico).
Quanto pesa ancora il carbone
Per mostrare quanto pesi ancora la lignite nella transizione energetica europea e quanto sia determinante, in particolare, il ruolo della Germania, gli analisti di Agora Energiewende e Sandbag hanno elaborato il grafico qui sotto.
Lo “zoccolo energetico” della lignite finora è stato scalfito in minima parte e per metà della produzione elettrica europea con questa fonte fossile non esiste un piano d’uscita/sostituzione con tecnologie a minore impatto ambientale (è il caso di Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Grecia, Romania, Slovenia).
La Germania, al contrario, ha appena annunciato che valuterà di abbandonare definitivamente il carbone nel 2038 e questa politica potrebbe ridefinire gli equilibri europei tra fonti convenzionali e risorse rinnovabili.
Infine, per quanto riguarda i prezzi dell’energia, il rapporto sottolinea che nel 2018 per la prima volta, in alcune circostanze, i costi di generazione a breve termine di gas e carbone (short-term running costs) erano analoghi o anche più elevati rispetto ai prezzi spuntati dall’eolico e dal solare nelle aste, ad esempio quelle che si sono svolte in Germania.
Ciò è accaduto perché sono aumentate le quotazioni di gas e carbone, così come i valori della CO2 sul mercato ETS, mentre le rinnovabili hanno proseguito la loro corsa al ribasso in termini di costi complessivi di generazione (vedi anche QualEnergia.it con i dati BNEF a livello mondiale).
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