Nell’ambito dei processi di ottimizzazione dei consumi energetici, essendo i dati di riferimento meno soggetti a vincoli rispetto a informazioni di altra natura, come nel caso dei dati sensibili e personali, l’intelligenza artificiale, specialmente se di tipo generativo, può fungere da “test bed” per lo sviluppo digitale della Pubblica Amministrazione.
L’idea di partire dall’intelligenza artificiale come “banco di prova” per una PA 2.0 arriva da The European House Ambrosetti – Teha, che ha presentato alcuni risultati di uno studio condotto con Siram Veolia e in collaborazione con Enea e Università Tor Vergata.
Il documento integrale sarà presentato con un evento a Roma il 28 novembre, ma il 50° Forum di Cernobbio della scorsa settimana ha dato l’occasione per anticipare alcuni messaggi.
In primis, affinché gli enti locali e nazionali possano sperimentare al meglio l’innovazione tecnologica, sono “fondamentali partenariati pubblico-privato” o Ppp, sottolineano gli autori, a favore di “use case” nell’ambito energetico.
Sono tre, in particolare, i livelli su cui occorrerà operare preventivamente per creare “un ecosistema robusto e integrato”: dati interoperabili (quindi inevitabilmente con modelli “open data”) e di qualità, la definizione di una governance sull’IA nella PA e un miglior coordinamento tra i diversi livelli interni ed esteri della macchina pubblica.
Nella fase successiva, dal punto di vista dell’implementazione, gli elementi centrali di una “ottimizzazione energetica” attraverso l’IA sono “analisi, gestione, monitoraggio e servizi”.
I dati sui partenariati e il nodo del procurement
Come accennato, la conditio sine qua non è collaborare con i privati. Un tallone d’Achille, per l’Italia, se si considera che tra 1990 e 2021 l’UK ha movimentato Ppp per 93 miliardi di euro, contro 14,1 mld € della Francia, 7,9 in Spagna e solo 4,5 miliardi del nostro Paese.
Sul palco di Cernobbio è stato ricordato che i costi del non fare sarebbero ingenti e già si sta cominciando a pagarli se si considera che nel 2022 il tasso di riqualificazione degli immobili pubblici si è fermato allo 0,7%, a fronte del 3% stabilito come obiettivo dal Programma di riqualificazione energetica della Pubblica Amministrazione centrale – Prepac (vedi Riqualificazione energetica edifici pubblici, Italia ancora sotto il target del 3% annuo).
“Il rallentamento del tasso di riqualificazione si lega alle difficoltà riscontrate nel modello di procurement”, secondo gli analisti. Tra queste anche “il massimo ribasso sul costo del risparmio energetico in €/kWh che pesa per il 60% nelle graduatorie dei progetti e non consente di valorizzare il contributo delle tecnologie digitali” (vedi anche Contratti Epc, i criteri ambientali minimi per edifici e impianti).
Inoltre, un male cronico: “carenza e difficoltà di reperire competenze tecniche”; elemento che rende ancor più strategico il ruolo dei partenariati con il privato (da poco, si ricorda, sono state pubblicate le linee guida per i Ppp nelle aree del sisma 2016).
Da questo punto di vista Emanuela Trentin, ceo Siram Veolia, ha ricordato che dal 2014 la sua società ha fatto 180 proposte di Ppp concretizzandone meno della metà, 55.
La penetrazione dell’IA in Italia
Qual è, in termini economici, il vantaggio dell’approccio fin qui delineato? I calcoli li ha fatti sempre Teha, in questo caso nello studio “AI 4 Italy: from theory to practice – Verso una politica industriale dell’IA generativa per l’Italia“, condotto con Microsoft e presentato venerdì al Forum.
Sfruttando “modelli d’impatto” si stima che la Gen-IA potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al Pil annuale italiano nei prossimi quindici anni. A ciò corrisponde una potenziale crescita del prodotto interno lordo fino al 18,2%, “con un impatto trasformativo sull’economia nazionale”.
Non solo, si prevede che questa intelligenza artificiale avrà un effetto profondo sui margini di esportazione dell’Italia, fino a un più 121 miliardi di euro, pari al 19,5% dell’attuale export manifatturiero nazionale (qui l’approfondimento sui progetti IA di Edison e A2A).
Quali, sono, dunque, gli ostacoli lungo questo percorso? Vari, stando allo studio, ma sicuramente c’è da considerare il fatto che “il ritardo nelle competenze” si riflette “nel lento ritmo degli investimenti in IA in Italia”.
Nel 2023, ad esempio, l’Unione europea ha contribuito solo al 4% dello sviluppo globale dei modelli di Gen-IA, rispetto al 69% degli Stati Uniti. L’ecosistema italiano si classifica al 20° posto a livello mondiale in termini di investimenti in startup o “scale-up” e solo due università dello Stivale sono classificate tra le prime 70 a livello globale per i programmi di studio sull’IA.
Da qui una proposta: “Definire una Strategia IA per l’Industria 5.0” che possa favorire lo sviluppo innovativo della manifattura.
Ciò deve passare per “adeguate risorse” e per delle “AI factory nei territori e nei distretti industriali, sfruttando infrastrutture già esistenti come i competence center, per sviluppare un ecosistema in grado di rafforzare la leadership industriale nazionale, in particolare nel settore del Made in Italy”.