L’India ha assistito negli ultimi anni a una forte crescita delle energie rinnovabili. Nel 2018, per esempio, gli investimenti in fonti pulite hanno superato per il terzo anno consecutivo quelli nelle fossili. Ciò nonostante, sul presente e sul futuro energetico dell’India si addensano, letteralmente, delle nubi.
Nei giorni scorsi, infatti, le autorità del paese hanno decretato a New Delhi lo stato di emergenza per la salute pubblica a causa della spessa coltre di smog che ricopriva la città. Adesso, la capitale indiana è tornata a respirare meglio e a rivedere il sole, grazie al forte vento che ha fatto scendere la concentrazione di polveri nocive.
Tuttavia, le nubi sulle prospettive di sostenibilità energetica, climatica e ambientale della seconda nazione più popolosa del mondo permangono.
Nel breve termine, a New Delhi resterà in vigore il traffico a targhe alterne, così come lo stop a tutti i cantieri edili e stradali, il divieto di bruciare rifiuti e di utilizzare combustibili inquinanti o generatori diesel.
Ma è sulle questioni più strategiche e strutturali di medio-lungo termine che ci sono i dubbi maggiori.
I nuovi progetti di impianti a energie rinnovabili hanno cominciato infatti ad arenarsi spesso in una crescente incertezza normativa, in una fase caratterizzata da una sempre maggiore litigiosità circa contratti e pagamenti fra amministrazioni pubbliche, società di distribuzione alle prese con problemi finanziari e operatori di energie rinnovabili.
L’India si è prefissa di installare 175 GW di generazione rinnovabile entro il 2022, rispetto ai 74 GW di fine 2018. Ma l’agenzia di rating indiana CRISIL prevede che il paese mancherà tale obiettivo, che implicherebbe oltre 20 GW l’anno di nuovo installato rinnovabile in quattro anni.
La società di rating di Mumbai, controllata da S&P, stima infatti che l’India entro il 2022 riuscirà a raggiungere solo 104 GW, mancando l’obiettivo di oltre il 40%.
Cosa sta succedendo?
Secondo un rapporto di CRISIL, lo stato dell’Andhra Pradesh, per esempio, ha semplicemente smesso di pagare gli operatori delle rinnovabili, nonostante i contratti a lungo termine per l’acquisto di energia, nel tentativo di costringere i produttori di energie pulite a ridurre i prezzi già pattuiti. Allo stesso tempo, varie società di distribuzione statali hanno abbassato i prezzi per i progetti ancora da realizzare, al punto che spesso tali progetti non sono più economicamente sostenibili.
Tali dinamiche hanno fatto cadere il gelo sugli investimenti, bloccato progetti già avviati e scoraggiato gli operatori dall’avviarne di nuovi. Secondo il rapporto, nell’ultimo anno finanziario, oltre un quarto delle aste statali o federali per nuovi impianti a energie rinnovabili “non ha ricevuto offerte o ha ricevute solo offerte molto prudenti.”
Il Ministero delle Energie Nuove e Rinnovabili dell’India ha pesantemente criticato il rapporto, indicando che “manca di credibilità sotto tutti gli aspetti, poiché CRISIL non si è nemmeno presa la briga di consultare questo Ministero per le sue opinioni”.
Le stime più recenti sulle emissioni di CO2 dell’India sono incoraggianti e sembrano validare la posizione del governo, almeno indirettamente e per quanto riguarda il presente e il passato recente.
Nei primi otto mesi del 2019, infatti, la crescita delle emissioni di CO2 in India ha subìto un brusco rallentamento, indirizzando il paese verso l’aumento annuale più basso in quasi 20 anni, pari al 2%, contro una crescita media del 5% l’anno negli ultimi dieci anni, come si può vedere nel grafico di CarbonBrief.
Il motivo principale della brusca frenata nella crescita delle emissioni è stato il rallentamento dell’espansione della generazione di elettricità alimentata a carbone, al quale hanno fatto da contraltari l’aumento della produzione rinnovabile e il rallentamento della crescita della domanda.
Nei primi sei mesi del 2019, eolico, fotovoltaico e idroelettrico hanno infatti registrato un aumento record del 70% della domanda di elettricità, secondo CarbonBrief.
Circa il 75% dell’elettricità indiana è comunque ancora generato da combustibili fossili, cosa che rende il sistema elettrico del paese uno dei più sporchi al mondo.
Ci sono anche altri segnali preoccupanti, oltre al mancato rispetto dei contratti, come quello secondo cui le autorità indiane darebbero la precedenza alla generazione fossile nei momenti in cui è necessario regolare e bilanciare la rete, nonostante sarebbe possibile fare l’opposto.
Tale orientamento potrebbe essere legato al fatto che la crescita della domanda elettrica in India è stata ampiamente sopravvalutata negli ultimi 10 anni, come si può vedere nel grafico di CarbonBrief.
La domanda effettiva è risultata infatti molto inferiore alle attese, soprattutto nel settore industriale. Tale discrepanza ha portato a un eccesso di capacità di produzione da carbone e a un minor numero di ore di funzionamento per le centrali che lo utilizzano.
Ciò significa che l’India ha pianificato un’offerta elettrica molto più elevata di quella effettivamente necessaria – pari a oltre 50 GW di capacità a carbone o 50 grandi impianti in eccesso. Dal 2009, l’eccesso di capacità e una crescita della domanda più debole del previsto hanno spinto i fattori di carico delle centrali a carbone indiane da quasi l’80% a circa il 60%.
Questo potrebbe avere spinto le autorità indiane a non limitare ulteriormente l’uso del carbone, anche a costo di un maggiore inquinamento, per regolare la rete.
Gli “embarghi” periodici delle rinnovabili sulla rete a favore del carbone possono però danneggiare gravemente la fiducia degli investitori molto prima che tale erosione di fiducia si manifesti nei volumi di elettricità verde prodotti.
Nonostante la crescita della produzione rinnovabile sia stata finora in linea con le attese, è importante sottolineare che la vera sfida per l’India non sarà solo installare nuova capacità rinnovabile, un processo relativamente semplice da attuare, ma ammodernare la rete elettrica, dotarla di sistemi di accumulo, e implementare riforme regolatorie del sistema elettrico, per gestire, veicolare e prezzare efficacemente l’energia generata dal nuovo installato rinnovabile.
La tendenza delle emissioni nocive indiane è di fondamentale importanza per tutti. Dal 2013, il paese ha infatti contribuito per oltre la metà all’aumento della produzione mondiale di CO2.
Si dovranno attendere ulteriori dati per capire se la crescita delle rinnovabili in India stia rispettando la tabella di marcia del governo o cominci a riflettere piuttosto il pessimismo di CRISIL. Certo è che l’India rappresenta assieme alla Cina il banco di prova più importante per stabilire se i maggiori paesi emergenti – e il mondo nel suo complesso – possano far crescere le loro economie riducendo allo stesso tempo le emissioni, o almeno frenandone la crescita.