Le incongruenze di un boom delle rinnovabili che non è ancora planetario

Perché molti Paesi emergenti sono rimasti indietro sulle energie rinnovabili nonostante le loro notevoli potenzialità?

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Il boom delle fonti rinnovabili finora c’è stato solo in alcune parti del mondo. Troppe le diseguaglianze, sia sociali che economiche, con una forte disparità nell’accesso ai capitali a basso costo.

È questa la sintesi di una analisi pubblicata online da Bloomberg e firmata da Will Mathis, Dan Murtaugh, Paul Murray.

In oltre due decenni, scrivono i tre autori, si è installato 1 TW di fotovoltaico in tutto il mondo, traguardo raggiunto nel 2022. Ma il prossimo terawatt di fotovoltaico arriverà in una frazione di quel tempo, grazie ai costi sempre più competitivi della tecnologia.

Il taglio dei costi, partito con i generosi sussidi alle rinnovabili in Europa e negli Stati Uniti, ha portato a un incremento della produzione di pannelli e questa industria low cost ha potuto mettere radici in Cina.

Fotovoltaico ed eolico sono diventati le fonti più economiche per produrre nuova energia elettrica in molte aree del Pianeta, ma l’accesso alle fonti pulite è per molti ancora un lusso, spiegano gli autori.

Le cinque maggiori economie del mondo, Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Regno Unito, ospitano meno della metà della popolazione mondiale, epppure possiedono circa due terzi dei pannelli FV e delle turbine eoliche.

Queste nazioni hanno assorbito oltre il 40% della nuova capacità solare aggiunta lo scorso anno e il 45% di quella eolica.

Tuttavia, per far avanzare rapidamente la transizione energetica su scala globale, il secondo TW di energia solare dovrà essere sviluppato in paesi che non hanno ancora sfruttato gran parte del loro potenziale di energia rinnovabile.

Sono quelle economie in via di sviluppo, con la loro enorme popolazione, che al momento stanno ancora coprendo il loro fabbisogno energetico con combustibili fossili.

Troppe incongruenze nella diffusione delle rinnovabili

Ci sono delle situazioni che fanno riflettere. Ad esempio, la Danimarca ha uno dei peggiori potenziali di generazione solare, ma ha installato più del doppio di pannelli solari dell’Algeria, che ha il 70% in più di potenziale solare e una popolazione sette volte maggiore.

La Danimarca nel 2020 ha generato quasi il 5% di elettricità con il solare, mentre l’Algeria è rimasta allo 0,45%.

Dietro a queste disparità ci sono tante ragioni: le differenti capacità di investimento e le barriere burocratiche, oltre agli ostacoli legati ai rischi geopolitici e alla stabilità finanziaria dei singoli Paesi.

Anche l’eolico ha una distribuzione molto irregolare. Egitto e Stati Uniti, ad esempio, hanno condizioni di ventosità del tutto simili, ma negli Usa nel 2020 l’eolico ha coperto circa l’8% dell’energia elettrica nazionale, mentre in Egitto è rimasto sotto il 2% del mix complessivo di generazione.

Il paese nord africano sta cercando di sfruttare le sue zone più ventose, soprattutto lungo la costa del Mar Rosso, ma l’instabilità politica e l’incertezza economica hanno allontanato molti investitori.

L’Indonesia è un altro caso esemplare. Le aree più idonee al fotovoltaico (terre aride, savane, vecchie miniere e piantagioni agricole) sono state stimate in 484.000 kmq, poco meno di un quarto di tutto il territorio indonesiano (il 60% in più di tutta la superficie dell’Italia).

Ebbene, per ipotesi tutto questo spazio potrebbe contenere quasi 20.000 GW di impianti solari in grado di produrre quasi 27 milioni di GWh di elettricità (27.000 TW), il 18% in più di tutta l’elettricità consumata nel mondo nel 2019.

L’assurdità, invece, è che il solare indonesiano ha fornito un misero 0,07% della produzione di elettricità del paese nel 2021.

Parte delle difficoltà sono legate al fatto che è quasi impossibile collegare le linee elettriche alle sue oltre 17.000 isole, con molte città nelle parti più remote del paese che dipendono da generatori diesel, carburante costoso e inquinante. Così la nazione equatoriale con la quarta popolazione più grande del mondo è riuscita ad installare solo 210 MW di fotovoltaico, meno di un quinto della Svezia che sta a cavallo del Circolo Polare Artico.

Il caso indonesiano insegna che finora l’energia pulita è andata altrove, dove ci sono i sussidi del governo, solide infrastrutture e stabilità politica che consentono finanziamenti a basso costo. Restano indietro così miliardi di persone in alcune delle aree geografiche migliori in termini di ventosità e irraggiamento.

La distribuzione ineguale di energia solare ed eolica ci fornisce tuttavia il segnale di quanto siano diventate economiche queste tecnologie, visto che perfino in un paese nordico è conveniente installare impianti fotovoltaici per trasformare gli scarsi raggi solari in elettricità.

Gli alti costi del capitale nelle economie emergenti

Il costo dell’investimento iniziale spesso è uno scoglio difficile da superare nel caso di impianti a fonti rinnovabili: il tasso di interesse applicato ai finanziamenti ha una notevole incidenza sulla possibilità di investire o meno in un progetto, e in genere è molto più elevato nei Paesi emergenti. E ciò sta frenando la possibilità di avere una elettricità pulita e più economica di quella da fonti tradizionali.

In Thailandia, ad esempio, negli ultimi cinque anni lo sviluppo di nuovi impianti FV è ristagnato, mentre nello stesso periodo in Germania si è aggiunto quasi il doppio della potenza già realizzata.

In Thailandia, nonostante le condizioni di irraggiamento molto più favorevoli, i costi del fotovoltaico rimangono del 39% più alti rispetto alla Germania, e proprio a causa del costo del finanziamento.

Se uno sviluppatore solare in Thailandia potesse ottenere finanziamenti allo stesso tasso di una controparte tedesca, i costi dell’impianto thailandese diminuirebbero di quasi un terzo. E se solo l’Argentina godesse delle stesse condizioni, potrebbe generare il 60% di energia in più da nuovi progetti eolici rispetto a oggi.

Identico ragionamento vale per le aziende indiane: se potessero prendere denaro in prestito allo stesso tasso di quelle tedesche, la sua energia solare costerebbe sui 19 $/MWh e ciò consentirebbe all’India di costruire progetti più grandi, in grado di generare quasi il 40% in più di energia rinnovabile già nel solo 2022.

Quello che serve, allora, è un fortissimo impulso agli investimenti e l’aiuto dei paesi ricchi.

Secondo la Iea (Agenzia internazionale dell’energia), i fondi per l’energia pulita destinati ai paesi emergenti sono diminuiti dell’8%, a meno di 150 miliardi di dollari nel 2020. Per azzerare le emissioni globali di CO2 entro il 2050, questa cifra dovrà aumentare più di sette volte, cioè a più di 1 trilione di dollari (mille miliardi di $) entro la fine del decennio. Solo così potremo assistere ad un vero boom planetario delle rinnovabili.

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