Irena: entro 10 anni l’idrogeno verde sarà competitivo con le fossili

Calo dei costi di fotovoltaico ed eolico ed economie di scala per gli elettrolizzatori potrebbero permettere all’idrogeno da rinnovabili di allinearsi ai costi delle fonti fossili nel giro di 10 anni, secondo un nuovo rapporto di IRENA.

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L’idrogeno prodotto con elettricità da fonti rinnovabili potrebbe competere in termini di costi con i combustibili fossili entro il 2030 e facilitare il raggiungimento degli obiettivi climatici, secondo un nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), appena pubblicato.

A rendere possibile questo sorpasso dovrebbero essere il calo dei costi dell’energia fotovoltaica ed eolica, necessarie per alimentare in maniera rinnovabile i processi produttivi dell’idrogeno e le migliori prestazioni ed economie di scala per gli elettrolizzatori, necessari appunto per scindere l’acqua nelle sue componenti molecolari di idrogeno e ossigeno, si legge nel rapporto, intitolato Green Hydrogen Cost Reduction: scale up electrolysers to meet the 1.5 C climate goal e scaricabile dal link in fondo a questo articolo.

L’idrogeno verde potrebbe svolgere un ruolo cruciale per la decarbonizzazione dei settori dove l’elettrificazione diretta è più difficile, come la siderurgia, la raffinazione, la chimica, i trasporti a lungo raggio, la navigazione e l’aviazione. Tuttavia, le regolamentazioni, il modo in cui sono strutturati i mercati e soprattutto i costi della produzione dell’energia elettrica e degli elettrolizzatori sono ancora una barriera importante per la diffusione dell’idrogeno verde, indica il rapporto.

Nel considerare le chiavi dell’innovazione, il rapporto ha presentato le strategie che i governi possono utilizzare per ridurre il costo degli elettrolizzatori del 40% a breve termine e fino all’80% a lungo termine, come mostra il grafico, in base ai diversi prezzi dell’elettricità.

Oggi, l’idrogeno da Fer è 2-3 volte più costoso dell’idrogeno blu, prodotto da combustibili fossili in combinazione con la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS). Il costo di produzione dell’idrogeno verde è determinato dal prezzo dell’elettricità rinnovabile, dal costo di investimento per gli elettrolizzatori e dalle sue ore di funzionamento. Le rinnovabili sono già diventate la fonte di energia elettrica più economica in molte parti del mondo, con aste aggiudicate a prezzi record, inferiori a 20 dollari per megawattora (MWh).

L’elettricità a basso costo è però sì una condizione necessaria, ma non sufficiente a produrre idrogeno verde a prezzi concorrenziali con le fossili; anche i costi di investimento per gli impianti di elettrolisi devono diminuire significativamente, sottolinea il rapporto.

L’obiettivo è potenziare gli elettrolizzatori dagli attuali livelli nell’ordine dei megawatt a quelli multigigawatt (GW). La standardizzazione e la produzione di massa delle componenti per gli elettrolizzatori, l’efficienza nel funzionamento e l’ottimizzazione dell’approvvigionamento dei materiali e delle catene di fornitura saranno altrettanto importanti per ridurre i costi.

Per raggiungere tali economie di scala, l’attuale capacità produttiva di meno di 1 GW dovrebbe crescere massicciamente oltre i 100 GW nei prossimi 10-15 anni, secondo IRENA.

Nel migliore dei casi, l’utilizzo di elettricità rinnovabile a 20 dollari/MWh per grandi impianti elettrolizzatori dai costi competitivi potrebbe già oggi produrre idrogeno verde a un costo competitivo con l’idrogeno blu. Se nel prossimo decennio si verificherà un rapido aumento di scala e una diffusione intensa degli elettrolizzatori, l’idrogeno verde potrebbe iniziare a competere sui costi con l’idrogeno blu entro il 2030 in molti paesi, rendendolo più economico rispetto ad altre alternative a basse emissioni di carbonio prima del 2040, secondo l’analisi di IRENA.

“L’idrogeno rinnovabile può essere un fattore chiave di cambiamento negli sforzi globali per decarbonizzare le nostre economie”, ha detto Francesco La Camera, Direttore Generale di IRENA, in una nota. “È necessario livellare il campo di gioco per colmare il divario di costo tra i combustibili fossili e l’idrogeno verde”.

Europa

L’Europa, se da una parte vede l’idrogeno come la chiave di volta per soddisfare gli impieghi più energivori, dall’altra sembra avere ancora un atteggiamento contraddittorio o non del tutto armonico rispetto al ruolo del gas naturale, come vi abbiamo raccontato in un precedente articolo, considerando che il gas, anche in formato LNG, è il principale concorrente fossile dell’idrogeno.

Ma intanto in molti stanno investendo in questa direzione: proprio in questi giorni, ad esempio,  la francese Air Liquide, maggiore produttore mondiale di gas industriali, ha indicato che investirà miliardi di euro nei prossimi dieci anni nella produzione di idrogeno, per soddisfare un’impennata globale della domanda, spinta dalla transizione che molti soggetti pubblici e privati hanno avviato verso la decarbonizzazione, secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato Benoit Potier a un’audizione del Senato francese.

“L’Europa è in ritardo rispetto a Stati Uniti, Canada, Giappone e Corea per quanto riguarda la tecnologia dell’elettrolisi a membrana per estrarre l’idrogeno dall’acqua, e Air Liquide è in cerca di ricercatori europei che possano lavorare in un consorzio per “portare avanti questo progetto molto rapidamente“, ha detto Potier.

L’idrogeno potrebbe rappresentare il 20% del consumo energetico mondiale entro il 2050, con un valore di mercato di circa 2,5 trilioni di dollari, ha detto Potier durante l’audizione. Questo significa un investimento globale da 5 trilioni a 7,5 trilioni di dollari, cosa che consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 6 miliardi di tonnellate, ha aggiunto il top manager.

“Dobbiamo quindi investire saggiamente“, ha detto Potier.

“Non può esistere un mondo dell’idrogeno pulito senza massicci investimenti a monte. In questo momento in Europa non abbiamo abbastanza elettricità rinnovabile per poter sviluppare l’idrogeno”, ha detto Potier, secondo cui il mondo sta subendo una “massiccia elettrificazione” che richiederà “molta più” energia.

Italia

Anche in Italia, un po’ come ai piani alti europei, si sconta un approccio non del tutto coerente e ponderato all’idrogeno e al gas naturale, come in parte raccontato in un precedente articolo.

Ma intanto, il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha partecipato ieri all’evento di lancio dell’Important projects of common european interest (IPCEI) organizzato dalla Germania in videoconferenza, nel corso del quale i ministri di 22 stati membri dell’Unione europea e della Norvegia hanno firmato un manifesto per lo sviluppo di una catena del valore europea sulle tecnologie e sistemi dell’idrogeno.

Obiettivo del manifesto è quello di garantire all’Unione Europea la leadership nello sviluppo della tecnologia sull’idrogeno, favorendo al contempo sia la creazione di nuovi opportunità occupazionali sia una riduzione delle emissioni in linea con gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e le politiche adottate dalla Commissione europea, si legge in una nota.

Certo è che negli ultimi mesi l’idrogeno è finito al centro dell’attenzione, soprattutto nella sua versione verde, per le proprie potenzialità nella lotta ai cambiamenti climatici. Risale infatti a pochi giorni fa la pubblicazione da parte del governo delle linee guida preliminari della strategia italiana per l’idrogeno al 2030.

I numeri salienti della linee guida, raccontate in un precedente articolo, sono il raddoppio dell’utilizzo dell’idrogeno dall’attuale 1% al 2% della domanda energetica finale, fino a 8 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in meno, 5 GW di capacità di elettrolisi per la produzione di idrogeno e fino a 10 miliardi di euro di investimenti, con l’obiettivo di generare fino a 27 miliardi di euro di PIL aggiuntivo e creare oltre 200.000 posti di lavoro temporanei e fino a 10.000 posti fissi aggiuntivi.

Grazie ad investimenti come questi, in corso un po’ in tutto il mondo, secondo lo Hydrogen Council, il costo dell’idrogeno verde scenderà fino del 60% nel prossimo decennio, ed entro il 2030 questa tecnologia diventerà competitiva in ambiti come i treni, il riscaldamento industriale, i carrelli elevatori e i camion pesanti.

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