La strategia nazionale sull’idrogeno sarà presentata dal Mase il 26 novembre nella sede del Gse e nel testo saranno contenuti, più che dei target puntuali, “delle soglie minime e massime entro cui” questa forma di energia “darà i suoi effetti” sul sistema.
Luca Ventorino, membro della segreteria tecnica al ministero, ha fornito alcune indicazioni sul testo in occasione di un convegno sulla transizione energetica organizzato da Rse ieri (11 novembre) a Roma.
“La strategia è un lavoro avviato dal ministro a febbraio con un gruppo di operatori, trattandosi di un mercato da creare. Abbiamo lavorato per dettagliare l’effettiva domanda e poi sui target” ma nel corso del tempo si è preferito optare per queste soglie, “visto che esistono variabili non solo legate alla molecola ma, ad esempio, allo sviluppo infrastrutturale”.
In questo senso Ventorino cita il progetto SoutH2 Corridor come possibile “game changer per il settore”, considerando che si tratta di un collegamento tra Tunisia, Italia e Germania per movimentare 10 milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030.
La strategia e il capitolo “idro-biometano” nei trasporti
Xavier Rousseau, direttore analisi di mercato Snam, si aspetta “una strategia sfidante” sull’idrogeno che vada oltre “i numeri del Pniec”, come spiegato nel corso del convegno di ieri.
Per quanto emerso nella bozza circolata a settembre, dovrebbero essere stati elaborati tre scenari di medio-lungo periodo, in cui quello “ambizioso” stimerebbe una produzione nazionale al 2050 pari a 2,27 milioni di tonnellate di idrogeno, considerando però sia quello “verde” sia quello di origine fossile o da CO2.
Gli usi finali sono suddivisi per categorie e riportati in Mtep. Sempre nello scenario ambizioso si parla di 0,15 Mtep nel civile, 2,1 Mtep per l’industria e 5,78 nei trasporti.
È dunque la mobilità a giocare una parte significativa di questa partita e in questo senso occorre considerare un lavoro parallelo che sta conducendo l’Italia in seno all’Organizzazione internazionale di normazione tecnica, Iso.
Sul finire dello scorso anno, infatti, il Comitato tecnico Iso 22/SC 41 ha affidato alla Servizi fondo bombole metano (gruppo Gse) il compito di condurre una ricerca e sviluppare dei test sulla sicurezza delle bombole in acciaio per autotrazione, contenenti percentuali crescenti di idrogeno in mix con metano o biometano.
La società italiana, selezionata tra quaranta realtà di diversi Paesi, secondo quanto appreso da QualEnergia.it ha superato l’iniziale fase organizzativa del progetto e ha scelto “Reactive”, spin off del Politecnico di Milano, per portare avanti la parte tecnico-sperimentale della ricerca insieme a Cnr e Politecnico di Pisa. I primi risultati potrebbero arrivare a gennaio 2025.
Problemi da risolvere e aspetti da chiarire
Tutte le analisi e le ipotesi sull’idrogeno devono fare comunque i conti con perplessità dal punto di vista tecnico ed economico su cui occorre fare chiarezza.
In un recente documento di analisi, ad esempio, Cassa depositi e prestiti (Cdp) rileva che “la produzione di idrogeno verde è lontana dall’assumere una dimensione industriale, soprattutto a causa di costi ancora elevati”.
Inutile fare riferimento, invece, a quella generata da fonti fossili perché incompatibile con i principi di transizione energetica.
Nel nostro Paese, per sostituire con idrogeno verde l’attuale consumo di idrogeno prodotto da metano e il 20% del consumo di gas naturale nell’industria, “sarebbe necessario dedicare alla decarbonizzazione del settore quasi 5 GW di impianti di energia rinnovabile, equivalente a circa la capacità Fer entrata in esercizio nel 2023”, scrive Cdp.
In un evento Agici di fine ottobre, inoltre, si segnalava come in Italia nessuna delle 143 iniziative sull’idrogeno finanziate con il Pnrr sia entrata in funzione.
A influire, secondo quanto emerso nel corso del convegno, sono il tasso di incentivazione ritenuto basso, il breve orizzonte temporale del Pnrr, i costi ancora elevati della tecnologia e l’efficienza complessiva.
Guardando al prossimo futuro, comunque, da segnalare un annuncio fatto oggi (12 novembre) dalla società tecnologica De Nora che realizzerà con Make Energy e Maffei Sarda Silicati un impianto di produzione di idrogeno verde nel comune di Ossi (Sassari).
Il progetto, finanziato con fondi Pnrr, prevede di produrre 50 tonnellate di idrogeno che alimenteranno la produzione di materie prime per la filiera della ceramica e del vetro.
Resta, infine, il proverbiale problema italiano dell’accettabilità sociale. L’ultimo esempio in ordine di tempo arriva proprio dalla Sardegna, territorio già pervaso dalle opposizioni agli impianti rinnovabili.
Un progetto di collegamento ferroviario con treni a idrogeno tra Alghero città, aeroporto e Sassari, anima il dibattito locale. Il Comune ha indetto una riunione del Consiglio aperta a tutti i portatori di interesse e tra le voci contrarie all’iniziativa si sono già sollevate quelle di PD, movimento Città Viva e comitati del territorio. Al centro del dibattito costi e maturità tecnologica della soluzione.