La siderurgia italiana è tra le più avanzate d’Europa. Per produzione è seconda soltanto a quella tedesca (e undicesima nel mondo), mentre grazie alla forte prevalenza della produzione da forno elettrico vanta alcuni primati in tema di sostenibilità.
È la prima nell’Ue per rottame ferroso riciclato e riutilizzato e, tra i principali produttori mondiali, presenta la minore intensità di emissioni.
Per oltre l’85% la produzione italiana è rappresentata da acciaio secondario, prodotto a partire da rottame di ferro nei forni elettrici, a fronte della media europea che si attesta sul 44%.
Solo 0,7 tonnellate di CO2 vengono emesse per tonnellata di acciaio prodotto, a fronte della media mondiale di 1,5 (per Iran e Vietnam il dato non è disponibile).
Nonostante i punti di forza, come evidenzia Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) nel brief “La siderurgia italiana tra sfide nazionali ed europee: quali prospettive di sviluppo?” (pdf) il settore nazionale fa i conti con almeno tre importanti criticità:
- La crisi del ciclo integrale, legata strettamente al calo delle attività di Acciaierie d’Italia di Taranto, principale produttore nazionale di laminati piani, solo in parte compensato, per volumi e specificità di prodotto, da altri impianti a forno elettrico;
- Il conseguente calo della produzione nazionale dei laminati piani, fondamentali per la fabbricazione di componenti chiave in settori come la meccanica, i mezzi di trasporto e gli elettrodomestici;
- La carenza di rottame ferroso, la cui domanda crescerà molto nei prossimi anni in Europa, e costi dell’energia strutturalmente maggiori dei competitor.
Oltre a questi fenomeni di carattere nazionale, tre sfide principali accomunano il comparto italiano con gli altri Paesi dell’Ue:
- La sovracapacità produttiva globale, a cui contribuiscono prevalentemente le grandi siderurgie di Cina e India, che è tra le cause del sottoutilizzo e del calo di profittabilità degli impianti europei;
- Le politiche commerciali degli Stati Uniti che dal 2018, a causa di dazi e quote all’import, indeboliscono la proiezione internazionale dell’industria europea (e con l’elezione di Trump la situazione potrebbe peggiorare);
- Il potenziale aggravio dei costi per la filiera derivante dall’introduzione di alcune politiche climatiche Ue, in particolare del Carbon Border Adjustement Mechanism (Cbam) e della riforma dell’Emission Trading System (Ets).
Le prospettive italiane
Per la crescita del comparto sarà necessario secondo gli analisti Cdp rafforzare la dotazione produttiva, oltre all’attuazione di politiche industriali e misure commerciali coordinate tra Ue e Stati Uniti, che dovrebbero affrontare insieme il fenomeno della sovracapacità e favorire l’adozione di standard ambientali più elevati.
Sarà inoltre imprescindibile accompagnare le imprese dell’acciaio nella duplice transizione ecologica e digitale, sostenendo la decarbonizzazione del settore attraverso misure di efficienza energetica, lo sviluppo di tecnologie alternative e dell’idrogeno verde, e favorendo l’applicazione dell’intelligenza artificiale.
Se gli impianti di DRI (“direct reduced iron”, il ferro a riduzione diretta utilizzato come materia prima nella produzione dell’acciaio) stanno iniziando a sperimentare una “discreta diffusione”, la produzione di idrogeno verde per produrlo in maniera sostenibile è considerata ancora lontana dall’assumere una dimensione industriale, soprattutto a causa di costi ancora elevati.
Per sostituire con idrogeno verde l’attuale consumo di idrogeno prodotto da metano e soltanto il 20% del consumo di gas naturale (la percentuale massima di miscelazione consentita senza la necessità di modifiche impiantistiche nelle infrastrutture e nei processi industriali, ndr), sarebbe necessario dedicare alla decarbonizzazione del settore quasi 5 GW di impianti di energia rinnovabile, equivalente circa alla capacità rinnovabile entrata in esercizio in Italia nel 2023.
Acciaierie Venete, PPA con Iberdrola
Ricordiamo che nelle intenzioni di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, c’è la volontà di stipulare con la francese Edf un PPA nucleare per raggiungere la completa decarbonizzazione del settore.
Ma c’è già chi si muove in maniera diversa. Ad esempio Acciaierie Venete, che ha firmato con Iberdola un PPA Off-site decennale relativo ad una potenza di 12 MW. L’accordo prevede la fornitura di energia da uno degli impianti fotovoltaici Iberdrola, attualmente in costruzione, per un totale di 230 GWh nei dieci anni.
“Questa partnership con Iberdrola è coerente con il nostro impegno verso la sostenibilità – ha commentato Francesco Semino Cso di Acciaierie Venete – e va inquadrata nell’ambito di un percorso di decarbonizzazione che entro il 2030 punta ad una riduzione di oltre il 50% delle emissioni specifiche di CO2”.
Iberdrola è uno dei principali attori europei nel mercato dei PPA con quasi 1.000 MW firmati nel 2023, secondo la società di consulenza Pexapark.
Con un portafoglio di quasi 150 progetti nel nostro Paese, l’azienda raggiungerà i 400 MW di capacità installata entro il 2025.