A due giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue del pacchetto sulla decarbonizzazione dell’idrogeno e del gas, la Corte dei Conti europea pubblica una relazione che getta forti ombre sulla politica per l’idrogeno portata avanti dalla Commissione uscente.
L’indicazione è chiara fin dall’inizio del documento: “Gli obiettivi di produzione e domanda di idrogeno rinnovabile per il 2030” sono giudicati “eccessivamente ambiziosi” e ora “c’è il rischio che industrie essenziali diventino meno competitive e che si creino nuove dipendenze strategiche”.
Il problema, secondo la Corte, è che “l’Ue è riuscita solo in parte a porre le basi per il mercato emergente dell’idrogeno rinnovabile”.
Nonostante “le svariate azioni positive intraprese dalla Commissione europea, permangono problemi lungo tutta la catena del valore ed è improbabile raggiungere i target 2030”.
La relazione pubblicata oggi, 17 luglio, non è una bocciatura per l’idrogeno verde in sé, ritenendo che possa “aiutare la decarbonizzazione, soprattutto in settori difficilmente elettrificabili, come la produzione di acciaio, l’industria petrolchimica, del cemento e dei fertilizzanti” (leggi anche l’articolo Alle industrie serve tanto idrogeno? No, serve più elettrificazione).
Nonostante ciò, rimarca il membro della Corte e referente per la relazione, Stef Blok, “occorre fare il punto della situazione della politica industriale” in questo ambito. “L’Ue dovrebbe decidere una strategia per progredire sulla via della decarbonizzazione, senza alterare la situazione concorrenziale di industrie essenziali o creare nuove dipendenze”.
Le problematiche da affrontare non sono poche. In primis, i target fissati da Bruxelles “non erano basati su analisi approfondite bensì il frutto di valutazioni politiche”. A ciò non hanno contribuito le posizioni divergenti di alcuni Stati membri e il fatto che “creare un’industria dell’idrogeno richiede massicci investimenti pubblici”, attualmente “non disponibili”.
Come se non bastasse l’Europa ha previsto finanziamenti tra 2021 e 2027 per 18,8 miliardi di euro ma questi fondi “sono dispersi tra più programmi”.
In conclusione, si legge nella relazione, “la Corte raccomanda alla Commissione Ue di aggiornare la strategia per l’idrogeno sulla base di una valutazione approfondita dei seguenti aspetti: come calibrare gli incentivi sul mercato per la produzione e l’uso dell’idrogeno rinnovabile; come stabilire un ordine di priorità per gli scarsi finanziamenti e decidere su quali parti della catena del valore focalizzarsi; considerare quali industrie vuole mantenere e a quale prezzo, date le implicazioni geopolitiche della produzione interna rispetto alle importazioni da Paesi terzi”.
I riferimenti all’Italia della Corte dei Conti Ue
Nella relazione si segnala che Spagna, Francia, Svezia, Finlandia, Polonia, Grecia e Italia “hanno un potenziale elevato o buono per creare un’eccedenza di energia rinnovabile che può essere utilizzata per produrre idrogeno rinnovabile”.
Gli aspetti abilitanti, però, finiscono qui perché bisogna considerare due aspetti geografici: da un lato, “la maggior parte dei siti industriali difficili da decarbonizzare sono situati in Germania, Italia, Francia e Spagna”; dall’altro, però, “non necessariamente” tali aziende si trovano “nelle regioni con buon potenziale produttivo di idrogeno” (vedi anche Idrogeno, in Italia grandi potenzialità ma piccoli obiettivi).
Esaminando, dunque, le realizzazioni di reti, la Corte ha riscontrato che circa il 90% dei progetti nella fase di studio di fattibilità è concentrato in quattro Stati: Germania, Spagna, Francia, Italia.
Trend riscontrabile anche negli investimenti sul settore previsti dalle versioni più aggiornate dei Pnrr. L’Italia è seconda in Europa con 3 miliardi di euro stanziati (leggi anche Via libera Ue agli aiuti italiani per decarbonizzare le industrie). Prima è la Spagna a 3,1 mld €, terna la Germania con 2,5 mld.