Esperienze dai nuovi utilizzatori di pompe di calore elettriche

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Anche grazie al superbonus si stanno diffondendo installazioni di pompe di calore. Abbiamo parlato con dei recenti utilizzatori, con differenti configurazioni di impianto.

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Dopo un paio di anni di tumultuosa, e ancora incompleta e potenzialmente disastrosa applicazione del Superbonus 110% a causa dei crediti incagliati, cominciano a moltiplicarsi i casi di famiglie che hanno ristrutturato energeticamente la loro casa facendovi entrare quell’oggetto, prima quasi sconosciuto in Italia, che è la pompa di calore (PdC).

In realtà applicazioni che usano lo stesso principio delle PdC (trasferire calore da A a B, comprimendo ed espandendo un gas), esistevano già in tutte le case, dal frigorifero ai condizionatori, ma l’uso di questo principio per riscaldare (e raffrescare) con l’elettricità, con un’efficienza di 3-5 volte superiore a quella di una normale resistenza elettrica, dalle nostre parti è quasi una novità.

Per capire come sia passare dalle classiche caldaie con fiamma a un misterioso oggetto ronzante, che fornisce calore e acqua calda sanitaria (Acs), abbiamo voluto sentire alcune persone che l’hanno da poco messa in funzione.

Il primo è Alessandro S., che abita in una casa di cinque appartamenti in Toscana, di cui due interessati al bonus 110%.

“Le due pompe di calore, aria-acqua e per Acs, sono state l’ultimo tassello delle ristrutturazioni, che ha comportato prima il cappotto termico, un cambio degli infissi, 9 kW di FV, batteria da 16 kWh. L’ultima PdC, quella per la climatizzazione è arrivata solo a gennaio e a quella, a spese mie, ho aggiunto una caldaia a legna, per avere un’alternativa, sia in caso di guasti, che di spesa elettrica eccessiva”, spiega Alessandro S.

Alternativa che si è rivelata necessaria?

“Sì, perché nonostante il FV e la batteria, ho constatato che le due PdC consumano moltissimo di elettricità, circa una trentina di kWh al giorno. Questo farebbe per i due appartamenti circa 1.800 kWh nel bimestre invernale, coperti solo per circa il 20-50% dalla produzione solare, peraltro scarsa in quei mesi. In media 1.000 kWh circa a bimestre in bolletta sarebbero quasi 5 volte i consumi elettrici medi precedenti, e quindi, con i prezzi attuali, un salasso non tanto diverso dalla precedente spesa per il Gpl”.

Così ora Alessandro S. usa la PdC di giorno, con i consumi coperti dal solare, mentre di notte passa al riscaldamento a legna, che viene raccolta intorno alla propria abitazione.

“Questa soluzione non solo ha abbattuto la spesa elettrica potenziale, ma mi consente anche di coprire completamente riscaldamento e Acs solo con l’energia solare; una parte elettrica, e una, diciamo, immagazzinata nella legna. Una bella soddisfazione. In realtà nel bilancio dei costi, ci sarebbe anche da considerare la remunerazione dell’elettricità in eccesso immessa in rete, ma di che cifre si tratti lo scoprirò solo dopo un anno di esercizio dell’impianto”.

Bolletta a parte, però, la PdC ha altri svantaggi.

“Le pecca principale, a parte l’impatto estetico e il rumore della grande unità esterna, inevitabili, nel mio caso è l’essere dovuto passare dai termosifoni, ai fancoil, cioè quei ventilatori che soffiano nelle stanze aria riscaldata dall’acqua calda in arrivo dalla PdC. Il sistema migliore per far funzionare una pompa di calore sarebbe il pavimento radiante, ma nel mio caso comportava lavori troppo onerosi, per cui abbiamo ripiegato su quel sistema. I fancoil fanno il loro mestiere, ma il loro ‘vento’ a 40 °C dà una sensazione di riscaldamento meno soddisfacente rispetto ad un termosifone a circa 60 gradi presente nella stanza, con il suo irraggiamento infrarosso. Inoltre, fanno rumore, cosa che può essere fastidiosa di notte. Ma visto che nel nord Europa l’uso di PdC e fancoil nelle case è molto comune e sopravvivono lo stesso, immagino sia solo questione di abitudine”.

Il problema della spesa preoccupa anche Mario G., che abita con altre due famiglie in un cascinale ristrutturato in Piemonte e ha iniziato a usare la pompa di calore da Natale.

“Nel mio caso è arrivata prima la rimozione della caldaia a gas e l’installazione della PdC aria-acqua, che il FV sul tetto e la batteria: questi ultimi devono ancora essere allacciati, per cui al momento tutta l’elettricità consumata arriva dalla rete. Per fortuna la casa era già in parte coibentata e aveva il riscaldamento a pavimento, che consente di usare acqua a bassa temperatura, massimizzando l’efficienza. Ma nonostante questo da alcune settimane vedo il contatore girare all’impazzata e sono molto preoccupato per la prossima bolletta. Vedremo se la spesa finale sarà più o meno alta di quando usavamo il gas, ma comunque con l’arrivo del FV la situazione certamente migliorerà. Quanto alla qualità del riscaldamento direi che è ottimale”.

Già pienamente soddisfatto della conversione è invece Franco M. che abita in un piccolo condominio nel centro di Firenze.

“La nostra collocazione ci ha impedito di installare FV e batteria; qualcosa di assurdo visto che il nostro tetto è praticamente invisibile. Abbiamo però fatto il cappotto e l’impianto di riscaldamento a pavimento e presto arriveranno i nuovi infissi. Per nostra grande fortuna avevamo un pozzo nel giardino condominiale che si è rivelato utilizzabile per una PdC acqua-acqua: estraendo il calore dall’acqua sempre intorno ai 15 °C, l’efficienza risulta molto alta e stiamo quindi consumando elettricità per una spesa molto inferiore a quella del vecchio impianto a metano, anche considerando il canone di qualche centinaia di euro l’anno per l’uso dell’acqua, che pagheremo alla Regione”.

Com’è la situazione comfort ora?

“È molto superiore rispetto ai termosifoni. Una cosa però mi preoccupa: la PdC è un sistema complesso, che richiede manutenzioni e riparazioni specializzate. Non puoi chiamare il tuo amico idraulico per fartela aggiustare. Vedremo se nel tempo questo si rivelerà un problema”.

Chiude la nostra carrellata l’architetta Francesca B., che abita in una casa in campagna nel centro della Toscana. Non solo ha curato la ristrutturazione energetica della sua abitazione, ma anche diversi altri progetti simili con il bonus 110%.

“A casa mia, già da un anno, ho installato 8 kW di fotovoltaico, 20 kWh di batterie e una PdC aria-acqua, con riscaldamento al pavimento. Nonostante non abbia potuto fare il cappotto termico, la spesa per il riscaldamento è crollata, visto l’alto costo del Gpl e il fatto che, a parte il periodo fra fine novembre e fine gennaio, il solare riesce a coprire gran parte dei consumi elettrici. Secondo i miei calcoli, questo inverno, che non è stato molto freddo, ma molto soleggiato, anche senza FV avremmo comunque risparmiato il 20% circa sul Gpl, e con il FV stimo saremmo arrivati al 40% circa; avendo anche la batteria forse un meno 80%. Inoltre, durante l’estate la quantità di energia immessa in rete, anche usando il raffrescamento, è stata veramente tanta, e contribuirà a compensare la spesa elettrica nei mesi invernali. Il comfort poi è perfetto: la PdC si presta al riscaldamento a pavimento meglio della caldaia a gas, avendo un funzionamento più modulabile”.

Per l’architetta, la PdC dovrebbe diventare il sistema di riscaldamento principale nelle case degli italiani.

“Non vedo una situazione dove non converrebbe: l’ideale è costruire la casa proprio attorno alla PdC. Ma anche in case vecchie, senza isolamento, Pdc e fancoil sono comunque meglio del gas, perché le perdite termiche ci sono per tutte e due i sistemi. L’elettricità può essere autoprodotta con il FV, anche tramite comunità energetiche. Inoltre, secondo me la PdC è molto più comoda e meno inquinante dell’altra possibile alternativa verde, le biomasse”

“La PdC – spiega Francesca B. – consente di modulare con grande precisione il riscaldamento nei vari ambienti della casa. Per questo aspetto, sono meglio i fancoil del riscaldamento radiante a pavimento, perché il radiante per funzionare ha bisogno di una lunga fase di riscaldamento della massa muraria e dell’aria, e per questo motivo va lasciato in funzione tutto il tempo, è ciò può pesare sui consumi. I fancoil, invece, si possono accendere e spegnere quando si vuole, regolando la temperatura stanza per stanza, anche da remoto tramite app da cellulare: riscaldano gli ambienti in pochi minuti e sono quindi l’ideale per case che, come oggi capita spesso, sono vuote per gran parte della giornata. Certo, se vogliamo maggior comfort, il riscaldamento radiante è superiore a quello dei fancoil e se non è possibile installare la versione con la serpentina nel pavimento, si può valutare quella in cui viene sistemata nelle pareti o nei soffitti delle stanze”.

Insomma le PdC sembrano destinate a diventare lo standard più avanzato del riscaldamento, spinte anche dai provvedimenti di efficientamento del patrimonio edilizio europeo, e portandoci a chiudere la stagione del gas.

Serve però un’accurata progettazione caso per caso, una buona coibentazione, soprattutto se il calore viene distribuito attraverso i classici radiatori. Purtroppo, non sempre un approccio rigoroso è stato tenuto nei tanti progetti realizzati nell’epoca del 110% (Video pillole: “Le pompe di calore elettriche per la casa senza gas”). E presto vedremo emergere le criticità.

Tuttavia, se ben inserite e dimensionate nell’impianto di riscaldamento, oltre ad avere notevoli effetti positivi sul nostro portafoglio, sulla dipendenza dall’estero e sul raggiungimento degli obbiettivi climatici, non dimentichiamoci che interromperanno anche quella lunga catena di esplosioni, incendi, avvelenamenti e stragi per fughe di gas, che ci siamo abituati, ormai da decenni, a considerare normali.

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