Eolico offshore in Italia: grande potenziale, tanti ostacoli e obiettivi bassi

CATEGORIE:

A fronte di un potenziale da oltre 200 GW, la nostra proposta di Pniec prevede solo 2,1 GW di eolico in mare al 2030: ne servirebbero almeno 20, secondo la Floating Offshore Wind Community presentata a Cernobbio.

ADV
image_pdfimage_print

Il potenziale dell’eolico offshore per il nostro paese è enorme, in primis per la decarbonizzazione, ma anche dal punto di vista industriale. A impedirne lo sfruttamento però ci sono gli iter autorizzativi lunghissimi, la mancata pianificazione strategica dello spazio marittimo e un obiettivo nazionale sottodimensionato.

Questo il messaggio che arriva dalla Floating Offshore Wind Community, progetto creato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia, che è stato presentato in una conferenza stampa nell’ambito del Forum di Cernobbio venerdì, primo settembre (video in basso).

Interessante per l’Italia, si è spiegato, è soprattutto la tecnologia floating, cioè con strutture galleggianti, assicurate ai fondali tramite un sistema di ancoraggio e cavi: può essere installata in acque più profonde e con venti più forti, il che aumenta il potenziale energetico; può essere posizionata più lontano dalla costa, risultando quasi invisibile nel paesaggio e riducendo i conflitti di interesse con altri usi del mare; e ha minori impatti sull’ambiente e sulla fauna marina, restando maggiormente in superficie.

Un potenziale di oltre 200 GW

Con solo 30 MW installati (il parco di Taranto, con turbine fisse) e un obiettivo al 2030 di 2,1 GW, oggi l’Italia è a dire poco indietro sull’eolico in mare, se si confronta con i grandi come Cina, Regno Unito e Germania, che vantano un installato nel 2022 di rispettivamente 30 GW, 14 GW e 8 GW e un target al 2030 di 60 GW, 50 GW e 30 GW.

Mentre le potenze globali puntano con decisione su questa tecnologia, la bozza di aggiornamento del nostro Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) prevede che solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al 2030 provenga da impianti eolici offshore (a fondo fisso e galleggianti).

Secondo le stime del Global Wind Energy Council, emerge dal documento presentato all’evento, l’Italia potrebbe essere il terzo mercato mondiale per l’eolico galleggiante. Per il Politecnico di Torino, il potenziale italiano di eolico offshore galleggiante è di ben 207,3 GW per 540,8 TWh/anno di produzione, cioè 1,7 volte la domanda elettrica nel 2022.

Sardegna, Sicilia e Puglia sono le aree più adatte, in un contesto in cui queste Regioni mostrano un gap di rinnovabili da colmare, rispettivamente, del 128%, del 115% e del 50%, stando ai trend attuali, per raggiungere i target energetici al 2030, tracciati nella bozza del decreto Aree idonee.

Un motivo in più per investire nell’eolico offshore galleggiante, evidenzia la Community, che ha coinvolto nel corso dei propri lavori i rappresentanti delle Regioni interessate, osservando anche come lo stesso decreto penalizzi l’eolico in mare (dato che la potenza da offshore, secondo la bozza, viene conteggiata solo per il 40% al fine del raggiungimento degli obiettivi regionali).

Le opportunità per l’industria

L’eolico offshore galleggiante, è emerso inoltre dall’incontro, attiverebbe alcuni settori chiave per il nostro paese. L’Italia è prima in Europa per la fabbricazione di prodotti in metallo, con un valore di 99,8 miliardi di euro, e di navi e imbarcazioni, con 6,6 miliardi di euro; inoltre, è seconda in Ue dopo la Germania per la meccanica avanzata, con 40,7 miliardi, per le apparecchiature elettriche (26,3 miliardi) e per i materiali da costruzione, con 82,2 miliardi.

Per le piattaforme galleggianti, la produzione di acciaio sarà cruciale e l’Italia potrà beneficiare della presenza di alcuni tra i più importanti impianti di produzione a livello Ue. Il produttore di acciaio che partecipa allo sviluppo e alla costruzione di grandi impianti eolici offshore, essendo anche un consumatore di energia, crea un circolo virtuoso utilizzando la fornitura di energia per ridurre ulteriormente le emissioni, si è spiegato.

Per installare, rendere operative e mantenere le turbine galleggianti, sono poi necessarie navi di supporto specifiche, per cui l’Italia può sfruttare la propria posizione di leader europea per produzione di navi. Questa posizione di leadership è ancora più rilevante se si pensa che la fase di O&M rappresenta la prima voce di costo nella vita utile di un parco eolico offshore galleggiante (37% del totale).

Terzo elemento cruciale allo sviluppo di parchi eolici galleggianti sono i porti, dove viene svolta la maggior parte delle attività di assemblaggio, installazione e messa in funzione delle turbine. Al momento, tuttavia, in Italia non esistono porti con i requisiti per sviluppare un progetto di eolico offshore galleggiante: sono necessari centinaia di milioni di euro per adeguare le attuali infrastrutture.

Le proposte

Diverse le questioni da affrontare per permettere lo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante in Italia, è stato sottolineato dalla Community. Anzitutto, manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti.

In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi.

Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi: ad oggi, i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo.

Oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete, si legge nella nota, occorre definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante.

Il riferimento è al decreto Fer 2 ancora disperso, si legge nella presentazione, accanto a una stima di come dovrebbero evolvere i costi LCOE della tecnologia.

Il video della conferenza stampa:

 

ADV
×