Elezioni in Spagna, hanno vinto le rinnovabili?

Il partito socialista dovrà formare un nuovo governo e riprendere i dossier su energia e clima, partendo dal Piano nazionale al 2030 e dalla legge sull’autoconsumo collettivo.

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Le rinnovabili in Spagna continueranno a crescere come nei mesi precedenti?

I risultati delle elezioni di domenica 28 aprile sembrano puntare verso la continuità delle politiche “verdi” ma ci sono ancora molte incertezze sulla formazione del prossimo governo.

Da giugno 2018, grazie anche alle misure varate dall’esecutivo guidato da Pedro Sánchez, gli investimenti nelle energie pulite hanno ripreso forza in Spagna, dopo un periodo di crisi durante il governo di centro-destra.

Di conseguenza, la vittoria di Sánchez è un buon segnale per l’economia green: il partito socialista PSOE, di cui è segretario, ha conquistato 123 seggi in Parlamento con il 28,7% dei voti complessivi, davanti ai popolari di Pablo Casado (16,7% che ha fruttato 66 seggi).

Tuttavia, servono 176 poltrone per ottenere una maggioranza assoluta, quindi Sánchez dovrà stringere qualche alleanza per creare una coalizione la più solida possibile: l’accordo più logico è quello con i 42 deputati della sinistra di Unidas Podemos, che si è già detta disponibile a un patto di legislatura, ma anche in questo caso mancherebbe qualche seggio all’appello.

Vedremo allora come si evolverà il quadro dei negoziati politici.

Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, è assai probabile che i socialisti potranno sviluppare quei dossier che hanno riportato il paese ai primi posti in Europa in tema di energia e ambiente.

Parliamo, innanzi tutto, del Piano nazionale integrato su energia e clima al 2030 (PNIEC) tra i più ambiziosi dell’intera Ue, perché mira decisamente alla de-carbonizzazione del mix energetico con l’obiettivo del 74% di rinnovabili nella produzione elettrica grazie a 120 GW di potenza totale installata, di cui 50 GW eolici e 36 GW fotovoltaici.

La spinta al progressivo azzeramento delle emissioni inquinanti, impressa dal ministro della Transizione ecologica, Teresa Ribera, ha portato anche all’approvazione di una legge rivoluzionaria sull’autoconsumo collettivo che, anticipando le stesse disposizioni della nuova direttiva Ue sulle rinnovabili, prevede parecchie misure per favorire la generazione diffusa di elettricità con piccoli-medi impianti fotovoltaici a livello di comunità e quartieri, rendendo possibile la configurazione di sistemi “one-to-many”, da uno a molti, con più utenti collegati a un solo impianto FV in modo da condividere l’energia autoprodotta.

Tra l’altro, il governo socialista aveva anche eliminato la “tassa sul solare” che negli anni passati aveva contribuito in massima parte ad affossare nuovi investimenti nel fotovoltaico.

La conferma più evidente del rinnovato interesse degli investitori per le tecnologie rinnovabili in Spagna, in questi mesi, è arrivato dai numerosi contratti PPA (Power Purchase Agreement) siglati tra operatori del settore con diverse aziende; ricordiamo, in particolare, i PPA sottoscritti da Iberdrola con vari clienti per l’acquisto dell’elettricità generata dal futuro mega-parco solare Nuñez de Balboa (391 MW complessivi) ma ci sono parecchi altri esempi recenti (vedi qui).

In definitiva, è plausibile immaginare che le rinnovabili saranno al centro del nuovo governo che Pedro Sánchez andrà a formare nelle prossime settimane.

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