Elezioni, un decalogo per la transizione energetica in Italia

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I punti su cui pretendere risposte secondo il comitato di docenti universitari coordinato da Vincenzo Balzani e Nicola Armaroli.

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Promuovere la democrazia energetica basata sulle rinnovabili, tagliare i sussidi alle fossili, rimettere nel cassetto i piani sul nucleare per pensare invece all’adattamento.

Queste alcune delle richieste alla politica in vista delle elezioni pubblicate in un manifesto da “Energia per l’Italia”.

Il gruppo di docenti univeristari e ricercatori di materie collegate ai temi energia e clima, che ruotano attorno all’Università di Bologna e tra i quali ci sono vari nomi noti ai lettori di QualEnergia.it come Vincenzo Balzani e Nicola Armaroli, si rivolge alle elettrici e agli elettori, chiamati al voto in un momento critico per il futuro del Paese.

“Siamo in una tempesta perfetta nella quale le difficoltà sociali ed economiche della pandemia non ancora risolta si sommano all’emergenza climatica e alla crisi energetica, resa ancor più drammatica dalla guerra scatenata dalla Russia nel cuore dell’Europa. In questo momento nel quale le italiane e gli italiani sono ancora preoccupati per la propria salute fisica, ma ancor più per le bollette di gas e luce e per i rincari del cibo, nel quale gli agricoltori vedono sparire i raccolti e le aziende energivore sono costrette a fermare gli impianti, nel quale i giovani vedono sfumare il loro futuro, siamo chiamati a votare avendo ben chiari i programmi dei partiti che si candidano a governare”, spiegano gli studiosi in un comunicato.

Dieci le proposte su cui si invitano a riflettere elettori e politici a ragionare:

1) Transizione energetica, dalle fonti fossili all’efficienza e alle fonti rinnovabili

2) Democrazia energetica, energia come bene comune

3) Basta con i sussidi alle fonti fossili

4) L’energia nucleare non è la risposta giusta alla crisi

5) Edifici e trasporti puliti, efficienti e sostenibili

6) Attivare subito il piano nazionale di adattamento al nuovo clima

7) Formazione per una cittadinanza consapevole e ricerca finalizzata a risolvere le crisi

8) Agricoltura sostenibile, conservazione del suolo e protezione delle foreste

9) Proteggere la salute dall’inquinamento dell’aria

10) Più equità sociale in Italia e negoziare per la pace in Europa

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente – si legge ad esempio nel manifesto – dal 1980 al 2019, a causa degli eventi estremi dovuti alla crisi climatica, l’Italia ha subito perdite economiche stimate in 72,5 miliardi di euro. L’inquinamento è responsabile in Italia di 60mila morti ogni anno.

La dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio ci espone ai rischi della speculazione dei mercati e ci rende soggetti ai ricatti di regimi autocratici e antidemocratici. La crisi idrica che sta colpendo il Paese mette a rischio dal 30 al 50% della produzione agricola nazionale, penalizza la filiera agroalimentare, a causa dell’aumento generalizzato dei prezzi ed aumenta quindi le diseguaglianze sociali e di genere.

Per questo, si sottolinea, è necessario accelerare la transizione dalle fonti fossili ed inquinanti ad un sistema basato sul risparmio energetico, l’efficienza e le fonti rinnovabili. Con queste scelte, dipenderemo meno dalle importazioni di gas e petrolio, avremo rapidamente bollette più basse, benefici ambientali e climatici, e anche una crescita virtuosa degli investimenti e dell’occupazione.

È necessario – si auspica parlando di democrazia energetica – che ognuno di noi sia messo nelle condizioni di produrre energia pulita e soprattutto di condividere e scambiare l’energia prodotta attraverso la rete elettrica e il relativo mercato, che devono essere riorganizzati per gestire il 100% di energia elettrica rinnovabile.

L’energia – secondo i “Energia per l’Italia” – deve diventare un bene comune, staccandosi dalla logica dei sistemi centralizzati e andando verso una rete che supporta l’autoconsumo collettivo, attraverso l’indispensabile evoluzione delle comunità energetiche.

In Italia – si fa presente poi – ogni anno ben 35,5 miliardi di euro di denaro pubblico vanno a sostenere la produzione e l’impiego di fonti fossili: “tale fardello ambientalmente dannoso e socialmente iniquo va rimosso e le risorse economiche così liberate devono essere utilizzate per sostenere la transizione ecologica”.

Quanto a un ritorno al nucleare, ventilato da alcuni politici, “è totalmente sbagliato” per vari motivi: non si tratta di una fonte energetica verde perché, se è vero che nelle centrali nucleari viene prodotta elettricità senza generare CO2, a monte se ne genera moltissima per processare il combustibile, per costruire e infine smantellare la centrale; l’uranio non è una fonte energetica rinnovabile e le scorte di combustibile sono limitate; il problema delle scorie non ha ancora una soluzione e sussiste il pericolo di gravi incidenti alle centrali, come Chernobyl e Fukushima dimostrano.

Ma soprattutto, la costruzione di una centrale nucleare richiede grandi investimenti e almeno 15 anni per completare i lavori; la dismissione di una centrale è un’impresa ancora più costosa della sua costruzione e produce altre scorie che non sappiamo dove mettere.

Nel caso specifico dell’Italia, poi, c’è da considerare che il nostro paese non è adatto al nucleare, essendo un territorio densamente popolato e sismico, che non ha riserve di uranio e, ormai, non ha neanche più le competenze per costruire e gestire una centrale nucleare, cosa che ci renderebbe dipendenti da altre nazioni che hanno uranio e tecnologia.

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