Ecco come l’Unione europea spreca i soldi per le infrastrutture gas

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Due report mettono sotto accusa i finanziamenti ai progetti europei di interesse comune sul gas: infrastrutture che non servono più e ci hanno già fatto perdere troppo denaro pubblico.

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L’Europa sta investendo in infrastrutture per il gas fossile che non ci serviranno, se vogliamo completare la transizione energetica e questo si sta rivelando già adesso uno spreco di fondi pubblici.

L’Unione europea, infatti, ha già bruciato quasi 440 milioni di euro dei contribuenti con cui ha sostenuto in progetti per il trasporto del gas che hanno fallito o rischiano di fallire.

La denuncia arriva da un report della Ong Global Witness (documento in basso); mentre un secondo documento, del think tank Artelys, mostra come le infrastrutture gas esistenti sono già adeguate all’evoluzione della domanda prevista.

Dal 2013, si legge nel report di Global Witness, quasi 5 miliardi di euro di sovvenzioni e prestiti agevolati sono andati dall’Ue a 41 progetti gas come gasdotti o terminali di importazione.

Fondi sbloccati dal regolamento Trans-European Networks-Energy (TEN-E) che consente alle infrastrutture del gas di ricevere lo status speciale di Project of Common Interest (PCI), aprendo la strada a sussidi e approvazioni accelerate.

Di questi fondi, 439 milioni di euro sono stati destinati a sette PCI, mostra il report, che o non sono stati realizzati oppure che ormai è improbabile che trasportino gas.

A pesare è in realtà soprattutto uno: il gasdotto BRUA, finalizzato a collegare Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria alle riserve di gas nel Mar Nero: ha ricevuto fondi per 430 milioni di euro, ma il suo futuro è incerto dopo che Exxon – che aveva guidato la maggior parte del progetto – ha annunciato di voler vendere la sua licenza e i piani per la parte ungherese sono stati annullati in aprile.

Altri PCI finanziati (qui con meno fondi) che per Global Witnesse sono buchi nell’acqua sono:

  • la terza interconnessione gas Portogallo-Spagna (annullata – sovvenzione Ue: 97.359 €)
  • il gasdotto Midcat tra Francia e Spagna (annullato – sovvenzione 6.253.708 €);
  • l’interconnessione gas Polonia-Repubblica Ceca (accantonata – sovvenzione 1.360.868 €),
  • il gasdotto Pince-Lendava-Kidričevo (nessuna attività da quando ha ricevuto i finanziamenti dell’Ue nel 2014 – sovvenzione Ue: 344.500 €),
  • l’Interconnector gas Austria-Repubblica Ceca (interrotto – sovvenzione Ue: 41.993 €)
  • il progetto gas Eastring che collega la Slovacchia al confine bulgaro-turco attraverso Romania e Ungheria (rinviato a tempo indeterminato – sovvenzione Ue: 438.527 €)

Ma, a parte i casi dei vari progetti e lo spreco denunciato, nel mirino di Global Witness sono le modalità con cui si scelgono le inziative comunitarie da finanziare come PCI: i progetti vengono proposti dalle stesse società del gas, che hanno anche influenza su come l’Ue li sceglie.

Secondo l’ong, il conflitto di interessi è dovuto al fatto che il regolamento TEN-E, conferisce alle aziende – attraverso l’associazione dei gestori dei sistemi di trasmissione del gas ENTSOG – il potere di selezionare i progetti.

Di conseguenza, si fa notare, membri di ENTSOG come Snam, la polacca Gaz-System e la rumena Transgaz hanno sostenuto progetti che hanno ricevuto la maggior parte dei sussidi per il gas dell’Ue: oltre 4,1 miliardi di euro.

Un tema critico, visto che la Commissione europea ha messo in consultazione una nuova lista di PCI, la quinta in otto anni, che comprende altri 41 progetti nel gas.

“Questi progetti dovrebbero essere respinti e la legge che ne consente il sostegno – il regolamento TEN-E – dovrebbe essere rivista per porre fine agli aiuti futuri e all’influenza delle imprese”, sottolinea il documento di Global Witness.

Influenze indebite a parte, ci sono altri motivi per finirla con i sussidi alle infrastrutture gas: l’Europa non ne ha bisogno. La domanda di gas è destinata a ridursi rapidamente: la Commissione stima che gli Stati membri debbano ridurre il loro consumo di gas del 90% nei prossimi 30 anni se si vogliono evitare i peggiori impatti del cambiamento climatico.

Il report del think tank Artelys è interessante perché si focalizza sui 32 progetti PCI per l’infrastruttura del gas naturale del quarto elenco di PCI (il report è di gennaio 2020): combinati avrebbero un costo di 29 miliardi di euro e aggiungerebbero 338 GW di capacità al sistema di infrastrutture del gas naturale dell’Ue, che si sta già avvicinando a 2.000 GW di capacità di gasdotti e terminali GNL.

Questo in un contesto – leggiamo dal documento di Artelys – in cui il raggiungimento degli obiettivi climatici ed energetici al 2030 comporterà una riduzione della domanda di gas naturale del 29%, da 415 miliardi di metri cubi nel 2015 a 297 nel 2030.

Anche considerando la questione della sicurezza dell’approvvigionamento in una gamma più ampia di scenari futuri della domanda e casi estremi di interruzioni, il rapporto conclude che la maggior parte dei 32 progetti di infrastrutture del gas nel quarto elenco non sono necessari da un punto di vista della sicurezza dell’approvvigionamento, e rappresentano un potenziale investimento eccessivo di decine di miliardi di euro, sostenuto da fondi pubblici europei.

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