E-commerce, Hub logistici e mobilità in città: un modello per i Comuni

La pandemia sta riportando in città gli hub logistici legati al commercio elettronico, con i relativi impatti sulla mobilità urbana. Alcune indicazioni ai Comuni per un hub logistico efficiente e sostenibile.

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La pandemia sta contribuendo ad una rivoluzione della logistica urbana a scala globale dove il commercio elettronico ricopre un ruolo strategico.

Ciò sta portando ad un ritorno in città degli hub logistici, tanto che sviluppatori e investitori internazionali si concentrano sugli spazi di smistamento di piccole dimensioni e ubicati in aree urbane (Il Sole 24 ore).

Il tema City Logistic appare sempre più centrato attorno alla creazione/riqualificazione di hub logistici “last mile” ai bordi delle città e “urban warehouse” in centro, per la consegna delle merci a casa degli acquirenti.

A differenza dei Centri di Distribuzione Urbana (CDU), che seppur associati a moderni servizi di logistica distributiva svolgono prevalentemente compiti di deposito e stoccaggio di grandi quantitativi di merci e prodotti finiti, i Transit Point sono degli hub logistici che devono assicurare il più agevole smistamento di quanto ricevuto dalle piattaforme di stoccaggio verso gli operatori della catena distributiva.

Per questo motivo i transit point possono anche essere organizzati per gestire spazi di pick-up point per gli acquisti dei consumatori finali attraverso il commercio elettronico.

Ovviamente il Transit Point, inserito nel tessuto cittadino, il più vicino possibile al rifornimento del rivenditore o del consumatore, determina tutte quelle problematiche di natura trasportistica connesse all’accesso dei veicoli commerciali nelle aree urbane, soprattutto nei centri storici, come:

  • carenza di spazi per il carico/scarico delle merci che aggrava il fenomeno delle soste in doppia fila;
  • allungamento dei tempi di viaggio dato che spesso si è costretti a scaricare lontano dai punti di consegna e gli operatori logistici sono obbligati a ricorrere a due autisti, causando così un aumento dei costi e quindi delle tariffe;
  • servizio da parte di più trasportatori per ogni destinatario, ognuno dei quali effettua consegne per pochi colli;
  • consegne numerose, tempo complessivo di consegna elevato e aumento dei costi in maniera proporzionale al tempo.

Questi problemi si aggiungono alle diseconomie tipiche della città stessa, come il traffico, l’inquinamento atmosferico, l’usura dell’infrastruttura stradale e la perdita di valore storico-monumentale del patrimonio edilizio.

Tali negatività, per le quali non è riscontrabile un immediato costo, comportano nel tempo un aggravio delle condizioni per collettività e consumatori finali.

Quindi, mentre da un lato aumenta la richiesta degli hub logistici in aree urbane, dall’altro aumentano gli impatti che ne derivano.

Per poter contenere le esternalità negative di tale situazione, il Quaderno “Logistica commerciale e distribuzione delle merci nei mercati cittadini” dell’INDIS (Unioncamere), allegato in fondo all’articolo, spiega che in Europa sono emerse tre tipologie di modelli di gestione di hub logistici:

  1. a) il modello volontario, nel quale una cooperativa di trasportatori gestisce il Transit point che, tuttavia, è aperto al deposito anche di altri soggetti esterni (Germania);
  2. b) il modello semi-privatistico, in cui per svolgere tali funzioni è necessaria una licenza amministrativa che, oltre al rispetto di un certo numero di parametri (che riguardano, per esempio i mezzi utilizzati), individua anche le fasce orarie in cui il servizio è “abilitato” (Olanda);
  3. c) il modello totalmente pubblicistico, in cui le funzioni sono svolte dalla pubblica amministrazione che, attraverso una concessione, ha attribuito tali compiti ad un’unica azienda privata (Principato di Monaco). Tale rigidità è una conseguenza necessaria della particolare configurazione territoriale del Principato, a cominciare dalle dimensioni estremamente ridotte (ma con una altissima concentrazione di residenti e di attività economiche).

Il documento descrive l’Accordo firmato nel 2012 tra il MIT, gli Assessori alla Mobilità di tre città metropolitane (Torino come capofila, Milano e Napoli), la Camera di Commercio di Torino e varie associazioni di categoria interessate alla distribuzione delle merci in ambito urbano.

Un accordo che mira a favorire un primo processo di armonizzazione fra gli aderenti fino ad arrivare ad un sistema di condivisione delle esperienze e del know-how tra i Comuni che decidono di adottare tale modello di governance della logistica, compreso il settore degli Hub:

Dal modello presentato emergono le seguenti indicazioni per i Comuni, affinché predispongano un hub logistico efficiente e sostenibile:

  • Rendere prioritaria la riconversione di edifici dismessi o da cambi di destinazione d’uso (per es. ex cinema, parcheggi coperti, palestre) che siano ben posizionati nei centri urbani e che consentano di raggiungere in poco tempo il destinatario finale della spedizione senza ulteriore consumo di suolo.
  • Trasformare gli attuali CDU in Hub logistici smart, dove le merci vengono scaricate dai mezzi pesanti, sottoposte alle operazioni di suddivisione in unità di carico e distribuite nell’area urbana con veicoli a basso impatto ambientale.
  • Integrare e mettere a sistema i diversi nodi infrastrutturali come porti, interporti, ferrovie, centri agroalimentari, ecc.
  • Valorizzare o recuperare le reti ferroviarie e le relative aree di pertinenza per le funzioni di logistica cittadina. Le aree di pertinenza ferroviaria sono collocate in quasi tutti i punti strategici delle nostre città, ma non vengono usate per l’ultimo miglio, né vengono raccordate con imprese che possono collegare i propri siti con binari ferroviari.
  • Ispirarsi a buone pratiche di successo mediante la creazione una mappa delle esperienze più significative nei sistemi di distribuzione urbana ed hub logistici.
  • Fissare le linee di indirizzo per l’accessibilità delle merci in città.
  • Istituire un tavolo tecnico sulla materia, dove il coinvolgimento della Camera di Commercio gioca un ruolo strategico per coordinare e compensare i diversi interessi in gioco.

Un efficiente Transit Point oltre a rispondere alle richieste dell’e-commerce, prevede benefici a costo zero sia per il privato – attraverso un processo di accreditamento al servizio che punta ad aumentare la produttività grazie all’efficiente rifornimento delle supply chainche per la collettività – grazie a un ritorno in termini di minore inquinamento, all’impiego di mezzi ecologici e alla scorrevolezza del traffico.

Nello specifico, questo sistema di accreditamento è accompagnato da un sistema di incentivi (corsie riservate, aree di carico /scarico, estensione della finestra temporale di accesso in ZTL), da un sistema dei controlli, e da quello delle agevolazioni (ad esempio per favorire il ricambio dei veicoli commerciali).

In Italia questo modello di governance della logistica urbana ha riscontrato l’interesse di molte città, anche non metropolitane, come Bergamo, Lucca e Messina.

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