Decreto Aree idonee, le 5 correzioni necessarie secondo Free

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Le modifiche sono imprescindibili per lo sviluppo delle Fer, secondo il Coordinamento Fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

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Anche se la nuova bozza del decreto Aree idonee, trasmessa alla Conferenza Unificata Stato-Regioni, chiarisce una serie di dubbi interpretativi rispetto alla precedente versione circolata, contiene ancora criticità che, se non sanate, “potranno limitare fortemente” lo sviluppo delle rinnovabili e “rischiano di introdurre procedure autorizzative estremamente disomogenee a livello regionale”.

A denunciarlo il Coordinamento Free che in una nota diffusa oggi propone cinque correzioni al decreto.

Queste le osservazioni e le richieste del coordinamento delle associazioni delle Fer e dell’efficienza energetica:

1 ) un primo elemento estremamente critico è quello dell’individuazione delle fasce di rispetto introdotte per l’eolico che per Free, “come oggi individuate, rendono nella sostanza irraggiungibile l’obiettivo del Pniec assegnato a questa fonte, come dimostrato da alcune simulazioni di Anev e Rse”.

Si suggerisce quindi di adeguare tali distanze a quelle previste per il fotovoltaico al fine di rendere le aree idonee adeguate ad ospitare il potenziale settoriale.  Per l’eolico si segnala anche che l’introduzione del parametro della ventosità per l’individuazione delle aree idonee non sembra essere un giusto criterio;

2 ) le aree industriali, chiede il Coordinamento, vanno considerate sempre aree idonee mentre nell’attuale bozza di Decreto non è così e sono considerate idonee soltanto le aree industriali dismesse e le aree compromesse. “Non si comprende come un’area appositamente progettata per uno sviluppo industriale possa non essere adeguata o essere non idonea all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, ovviamente nei limiti e secondo le regolamentazioni previste dalla pianificazione di area”, si osserva;

3 ) le aree agricole classificate come Dop, Igp, Stg, Doc, Docg, produzioni biologiche, produzioni tradizionali sono definite “aree non idonee” ma non sono classificate come “non idonee” in maniera puntuale ma genericamente come intera area. Si fa però presente che in molte regioni d’Italia queste aree abbracciano anche un’intera regione. È necessario quindi introdurre dei correttivi che permettano la verifica puntuale della presenza delle colture di pregio e solo in presenza di tali colture l’area può essere classificata come non idonea; 

4 ) per i bacini artificiali di accumulo idrico, i canali artificiali, le aree industriali dismesse, le aree compromesse e le aree abbandonate e marginali i criteri di corretta identificazione e di utilizzo di tali aree, per Free devono essere individuati in modo preciso all’interno del decreto per evitare di avere criteri interpretativi differenti per ciascuna Regione con una conseguente e illogica frammentazione geografica dello sviluppo delle rinnovabili;

5 ) il decreto deve anche dare una definizione univoca e certa di cosa si intenda per “aree agricole non utilizzate” e queste aree devono essere definite come aree idonee e, sempre per evitare la frammentazione geografica dello sviluppo delle rinnovabili, non assoggettate, come nell’attuale versione circolata, a criteri di sviluppo definibili dalle singole Regioni e Province autonome.

“Si tratta di modifiche che sono necessarie se l’Italia vuole approfittare al meglio delle opportunità di sviluppo legate alle fonti rinnovabili ma anche all’innovazione sociale, industriale e tecnologica che queste rappresentano e all’occupazione che queste creano”, spiega il presidente del Coordinamento Free, Attilio Piattelli.

Nel comunicato, Free cita la stima di McKinsey che al 2030, la potenza elettrica da Fer installata ogni anno, Cina esclusa, sarà più che triplicata, passando dai 125 GW/anno a 459 GW/anno del 2030.

L’istituto d’analisi statunitense afferma che una crescita così rapida richiede che i mercati siano stabili e le catene di approvvigionamento resilienti mentre negli ultimi anni, i mercati delle energie rinnovabili hanno sperimentato un’elevata volatilità, a causa delle fluttuazioni dell’offerta e dei prezzi delle materie prime, nonché dei frequenti cambiamenti nelle normative.

“Bene, se vogliamo che l’Italia non perda il treno delle rinnovabili e anzi che sia in grado di accelerare, il primo presupposto è quello della chiarezza normativa e quindi questo decreto va assolutamente modificato ma va fatto con urgenza perché in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 31 ottobre è stata pubblicata la Direttiva REDIII e invece noi siamo ancora in attesa di decreti fondamentali per dare corso all’attuazione della REDII”, conclude Piattelli. 

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