Su crisi del gas, rinnovabili e auto elettriche cercasi visione

Il forte aumento del gas e delle bollette energetiche richiederebbero scelte di politica energetica molto diverse da quelle che sta facendo il nostro governo.

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L’aumento del prezzo del gas di questi mesi impone delle risposte immediate e anche scelte di medio-lungo periodo che riguardano la diversificazione degli approvvigionamenti, l’aumento della capacità di stoccaggio e una politica europea più coordinata su questi fronti.

Sabato, alla fine della riunione dei ministri dell’energia, la Commissaria all’energia Kadri Simson ha affermato che occorrerà garantire livelli adeguati di stoccaggio del gas e un loro utilizzo più efficiente tra i vari paesi, concludendo “ma… l’unica soluzione duratura alla nostra dipendenza dai combustibili fossili… è completare la transizione verde”.

La scorsa settimana è stato il direttore della Iea, Fatih Birol, ad accusare la Russia di limitare le forniture di gas all’Europa in un momento di “accresciute tensioni geopolitiche”.

La ministra tedesca degli esteri Baerbook è andata ad incontrare il ministro russo Lavrov dicendo apertamente che un aggravamento della situazione Ucraina avrebbe comportato ripercussioni sul gasdotto North Stream 2 (che i Verdi tedeschi non hanno mai amato per ragioni geopolitiche e per valutazioni “climatiche”). D’altra parte, per contribuire ad allentare le tensioni, il ministro tedesco dell’Economia Robert Habeck ha proposto una cooperazione con la Russia sul fronte delle rinnovabili.

La situazione, in effetti, è piuttosto critica, tanto che sono stati avviati contatti con il Qatar, il principale esportatore mondiale di gas liquefatto, per sondare la possibilità di accrescere la quota destinata all’Europa.

E non è detto che la bolla sia destinata a sgonfiarsi rapidamente: secondo la Banca Mondiale il prezzo continuerà ad essere elevato fino al 2025.

Questi scenari pongono un tema di sicurezza (stoccaggi, diversificazione degli approvvigionamenti), ma al contempo dovrebbero spingere l’Europa e l’Italia ad accelerare sia la crescita delle rinnovabili che gli interventi di riduzione dei consumi.

Questa è esattamente la posizione del nuovo governo tedesco, che ha definito ambiziosi target come la copertura dell’80% della domanda elettrica con le rinnovabili al 2030, con un raddoppio della potenza solare (200 GW) e un forte aumento del contributo dell’eolico (20 GW/anno a terra, poco meno del totale installato oggi in Europa).

Un’accelerazione necessaria, sia perché la riduzione annua delle emissioni climalteranti dovrà triplicare, sia per contenere la dipendenza dal metano.

È interessante osservare, in proposito, l’immediata attivazione della nuova Amministrazione semaforo per ottenere risultati concreti.

Sono così previste nuove modalità per le autorizzazioni e nel corso di quest’anno verrà presentata una “Legge sull’eolico onshore”.

Robert Habeck, il ministro dell’economia e della transizione ecologica, ha dichiarato che per raggiungere obiettivi così ambiziosi non bisogna perdere un solo giorno e come prima mossa ha organizzato un incontro con il primo ministro della Baviera. Questo Land aveva, infatti, adottato nel 2014 una legge restrittiva, la 10 H, che prevede il divieto di installare aerogeneratori ad una distanza dalla casa più vicina inferiore a 10 volte l’altezza dell’impianto. A valle di questo incontro, la Baviera si è impegnata a presentare entro marzo delle proposte.

Sarebbe interessante vedere un atteggiamento analogo da parte di Cingolani nei confronti delle Regioni che frenano le energie rinnovabili.

Habeck sta inoltre preparando un “Pacchetto di Pasqua” per accelerare la diffusione delle rinnovabili. Una misura molto interessante che si sta considerando riguarda la possibilità che il sostegno alle energie verdi venga finanziato dal bilancio statale, riducendo così le bollette per le famiglie a basso reddito e le piccole imprese.

Le scelte dell’Italia

E questa misura ci riporta di nuovo all’Italia e al recente decreto varato per reperire risorse per contrastare il caro bollette. Aldilà della complessa articolazione del provvedimento, si possono fare tre osservazioni.

Innanzitutto l’incauta decisione di attingere alle entrate delle aste dell’Emissions Trading, i cui ricavi dovrebbero essere destinati per legge alla transizione energetica.

Vengono inoltre penalizzate le fonti rinnovabili, con misure che colpiscono un settore che invece, a voce, il governo sostiene di voler valorizzare.

Infine, non si toccano gli extra profitti dei produttori elettrici che utilizzano il gas, né delle compagnie che estraggono metano e petrolio, che beneficiano di questi aumenti dei prezzi.

Peraltro, l’intervento punitivo verso le rinnovabili avrà un altro impatto indesiderato, quello di ridurre l’attenzione degli investitori, i quali avevano invece dimostrato un notevole interesse con richieste di connessione alla rete per 125 GW, oltre a 17 GW relativi all’eolico offshore.

Proprio questa preoccupazione ha portato il governo spagnolo a fare marcia indietro rispetto ad un’analoga recente proposta punitiva nei confronti dell’eolico.

Disinteresse per la mobilità elettrica

Ma anche passando ad un altro comparto strategico per la rivoluzione energetica, quello della mobilità elettrica, si nota la profonda differenza di comportamento tra i due paesi.

Ricordiamo che l’obiettivo del governo tedesco è di avere ben 15 milioni di auto elettriche in circolazione nel 2030 e che lo scorso anno si era registrato un boom con 355.000 auto a batteria e plug-in vendute, raggiungendo così la quota del 14% del mercato.

Per questa ragione sono stati rinnovati anche per il 2022 gli incentivi all’acquisto delle auto elettriche.

Sempre sul fronte dell’impegno tedesco nella transizione, va citato un piccolo episodio. Habeck è andato a visitare uno stabilimento della BMW, una casa che, come Stellantis, aveva manifestato delle perplessità rispetto alla corsa verso l’elettrico, sollecitando un maggiore impegno in questa direzione, anche alla luce del miliardo di euro destinato a questo scopo alle case costruttrici dal governo.

Anche in questo caso è opportuno fare un paragone con l’Italia.

Malgrado l’ottimo successo degli incentivi alla mobilità elettrica, che avevano consentito nel 2021 l’immatricolazione di 67.255 auto a batteria (+107% sul 2020) e di 69.499 ibridi plug-in (+154%), nel 2022 gli incentivi sono stati sospesi.

E l’interesse per la trasformazione dell’industria dell’auto sembra quasi assente. Un quadro allarmante, anche alla luce delle recenti dichiarazioni dell’amministratore di Stellantis. Tavares, infatti, afferma che l’auto elettrica non contribuisce al miglioramento ambientale del pianeta, mette in dubbio l’annunciata collocazione a Termoli di una “gigafactory” di batterie e chiede sostanziosi aiuti allo Stato. Non risultano risposte del governo a questa incredibile presa di posizione.

Insomma, viviamo un periodo turbolento che esigerebbe polso fermo e visione.

Il paragone con gli amici tedeschi fa capire come al nostro governo siano mancate in diverse occasioni sia il polso fermo che la visione.

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