Crisi climatica e ambientalisti: ora va cambiata la strategia d’azione

Per attivisti e operatori del settore delle rinnovabili e dell'effficienza energetica meno annunci e autoreferenzialità. Bisogna scendere nei concreti conflitti settoriali e politici, e confrontarsi con le persone. Un ambito esemplare è l’efficientamento energetico degli edifici.

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Perdere non è facile, ma vincere è più difficile. Gli attivisti, molti dei quali impegnati da più di tre decenni contro i cambiamenti climatici, hanno vinto.

Tra di loro gli studiosi dell’Ipcc, Greenpeace, Climate Action Network e tante altre Ong, i Verdi, le reti di enti locali, i movimenti di Fridays for Future, Scientists for Future ed Extinction Rebellion finalmente hanno trovato ascolto.

Governi, industrie, istituzioni pubbliche e private stanno annunciando programmi e misure che si avvicinano alle dimensioni del problema da risolvere, cioè di limitare il riscaldamento globale sotto i 2 °C.

Il Green Deal, fino a poco tempo fa una proposta con zero chance, è oggi il quadro ufficiale della politica degli Stati Uniti e dell’Europa. Il tema dominante nella campagna elettorale per il prossimo Bundestag tedesco è costituito dai cambiamenti climatici.

Una vittoria che mette in grave crisi l’identità dei militanti storici del clima.

Fino a poco tempo fa si trovavano in un angolo minoritario a elaborare scenari allarmanti, scrivere con poco successo appelli scuotenti richiedendo riduzioni drastiche delle emissioni dei gas serra, anche se nella consapevolezza che prima o poi la storia gli avrebbe dato ragione. E adesso?

Adesso cominciano le fatiche della pianura. Mentre la scienza fornisce i dati di quanta CO2 l’umanità può ancora emettere per stare sotto i 2 °C, le opzioni di come rimanere nel budget restante è una questione nettamente politica e sociale che coinvolge tutti settori economici, le infrastrutture e la vita quotidiana delle persone con i relativi conflitti settoriali e politici che nascono a tutti i livelli.

Un ambito esemplare è l’efficientamento energetico degli edifici (vedi anche articoli su “Soluzioni casa senza gas“, ndr).

La discrepanza tra obiettivi e realtà è drastica. Per una vera trasformazione termica nel costruito sarebbero necessari interventi pesanti nelle attività dei proprietari – circa 26 milioni di persone, proprietarie di una o più unità immobiliari nel 2016 – una fetta importante degli elettori e lobby potenti.

Incentivi come il Superbonus non basteranno e ancor di meno pronunciare degli obiettivi ambiziosi quando le barriere per raggiungerli evidentemente sono più potenti.

Lo stesso vale in tutti i campi d’attività: l’energia eolica e fotovoltaica, le biomasse e la geotermia, la mobilità sostenibile ed elettrica, la cittadinanza energetica e l’energia cittadina, l’adattamento e la riduzione del consumo delle risorse.

L’obiettivo delle emissioni zero si scontra in tutti questi ambiti con poteri e privilegi acquisiti, con questioni sociali e di distribuzione, con deficit culturali e burocrazie inefficienti che vanno affrontati insieme al grande obiettivo della protezione del clima.

Gli incentivi non basteranno e neppure le soluzioni tecnologiche, quella possibile dell’idrogeno per non parlare di quelle illusorie della neutralità tecnologica.

Per gli attivisti si apre un nuovo capitolo della lotta contro i cambiamenti climatici: lasciare gli scenari e gli annunci di obiettivi ambiziosi ad altri per scendere nei concreti conflitti settoriali e politici che ostacolano l’attuazione dei programmi e delle misure di protezione del clima.

Questo richiederà meno conferenze e più processi partecipativi in Tavole rotonde, commissioni settoriali e qualsiasi altro format di coinvolgimento che mette al centro i conflitti, ma anche le opportunità in uno scambio autentico tra i soggetti coinvolti nel segno della neutralità climatica.

L’articolo è stato pubblicato sul n.3/2021 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “La fatica della pianura”.

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