La “vergogna di volare” (flight shaming) potrebbe costare parecchi miliardi di dollari alle compagnie aeree, secondo una recente nota agli investitori del colosso bancario americano Citigroup.
Sempre più persone, affermano gli analisti nella nota citata dalle agenzie di stampa internazionali, tra cui Bloomberg, si sentono colpevoli di aumentare le emissioni globali di CO2 utilizzando l’aereo; ricordiamo che tra i primi a parlare di questo fenomeno sono stati gli svedesi con il termine “flygskam” (vergogna di volare per l’appunto) a causa della maggiore consapevolezza dell’inquinamento atmosferico provocato dagli aeroplani.
E da diversi mesi a livello Ue si sta discutendo l’opportunità di tassare il carburante aereo nell’ambito di una riforma complessiva dei sussidi ai carburanti fossili.
D’altronde, l’aviazione è un settore molto difficile da de-carbonizzare, perché le alternative all’uso di jet-fuel tradizionale, come il bio-kerosene ricavato dalle biomasse o l’elettrificazione degli aeromobili, sono ancora molto lontane da una possibile applicazione su vasta scala, a causa dei costi elevati e degli attuali limiti tecnologici.
Secondo Citigroup, di conseguenza, i meccanismi finanziari per compensare le emissioni di CO2 degli aerei (carbon offsetting) diventeranno un business di enormi proporzioni nei prossimi anni.
Compensare le emissioni significa, in sostanza, pagare un extra costo sulla tariffa aerea standard – che può essere a carico delle compagnie o dei singoli passeggeri; più probabilmente dei secondi – per finanziare programmi ambientali in varie parti del mondo.
Riassumendo: volo a New York pagando un po’ di più il biglietto per supportare un progetto di riforestazione in Amazzonia.
Citigroup ha stimato in modo conservativo che per compensare tutte le emissioni inquinanti dei voli commerciali in classe economica servirebbero circa 3,8 miliardi di dollari l’anno al 2025, più altri 2,4 miliardi per i voli in classe business.
Secondo gli analisti, cifre simili andrebbero a diminuire notevolmente i profitti delle compagnie: si parla, ad esempio, di una riduzione dei profitti intorno al 27% per quanto riguarda i viaggi in classe economica.
Molto dipenderà dalla capacità delle compagnie di trasferire gli extra costi ambientali sui passeggeri senza però andare a colpire negativamente l’incremento del traffico aereo (è chiaro che se i biglietti aumentano troppo si rischia di perdere viaggiatori).
Per il momento, le soluzioni escogitate dagli operatori aerei per ridurre l’impatto ambientale dei voli sono parecchio costose: vedi qui cosa prevede lo schema Compensaid di Lufthansa che in sintesi consente di volare “pulito” facendo acquistare un certo ammontare di bio-kerosene.
Intanto a guadagnare dalla “vergogna di volare”, termina Citigroup, saranno le società ferroviarie, soprattutto quelle che investono in collegamenti ad alta velocità in grado di fare concorrenza all’aereo, oltre ai diversi soggetti che gestiscono i programmi di compensazione delle emissioni; tra i più innovativi, ci sono quelli basati sulla blockchain e collegati all’effettiva rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera, con tecnologie di vario tipo (vedi qui).