Cosa sappiamo davvero (finora) del reddito energetico

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Provvedimento bandiera del sottosegretario Fraccaro, il reddito energetico sarebbe pronto a decollare. Al di là degli annunci, tuttavia, non è ben chiaro quando arriveranno i decreti attuativi e che profilo avrà la misura.

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Il 10 giugno il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro ha annunciato la creazione di un fondo nazionale da 200 milioni di euro dedicato al reddito energetico.

Una misura che il pentastellato sostiene almeno dal 2017, quando sul blog del Movimento la definiva “una piccola, grande rivoluzione”. Rivoluzione che però non è ancora sul punto di decollare, se si escludono le esperienze locali: quella della Puglia, prima Regione ad aver approvato una legge per il reddito energetico e quella di Porto Torres, in provincia di Sassari, il primo progetto italiano di reddito energetico, avviato nel 2018.

In questi primi esperimenti, in sisntesi, si prevede lo stanziamento di un finanziamento pubblico a fondo perduto per l’installazione di impianti fotovoltaici o micro-eolici presso famiglie con difficoltà economiche e si chiude il cerchio con un fondo rotativo, dove confluiscono i proventi dall’immissione in rete dell’energia non immediatamente auto-consumata dai beneficiari, fondo i cui incassi finanzieranno nuovi impianti per altre famiglie (si veda lo schema sotto sul progetto di Porto Torres, preso da una presentazione del Gse, e gli articoli “Reddito energetico, ecco la legge della Puglia che incentiva le rinnovabili” e “Fotovoltaico contro la povertà energetica: come sta funzionando il reddito energetico dove è partito?”).

Molto meno sappiamo invece di come funzionerà e quando partirà la misura su scala nazionale.

Il 4 giugno è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale una delibera del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, (la delibera del 17 marzo 2020) che approva le modifiche al Piano operativo imprese e competitività e assegna risorse (200 mln €) del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 per l’istituzione di un fondo da destinare all’installazione di impianti fotovoltaici ad uso domestico. Trattasi, appunto, del fondo per il reddito energetico.

Il fondo nazionale reddito energetico – si legge nella delibera Cipe (neretti nostri) – “è finalizzato all’erogazione di contributi in conto capitale ovvero alla prestazione di garanzie a copertura dei costi di investimento per la realizzazione di impianti fotovoltaici ad uso domestico, con l’obiettivo di sostenere l’autoconsumo energetico e di favorire la diffusione delle energie rinnovabili, ed è destinato prioritariamente in favore di soggetti e famiglie in condizioni di disagio economico”.

La delibera, ha dichiarato Fraccaro nei giorni scorsi, “consentirà il primo avvio di uno strumento che crea un circolo virtuoso tra politiche sociali, economiche e ambientali”.

Quel che non è chiaro è come funzionerà nei dettagli questo circolo virtuoso. La stessa delibera, infatti, afferma che “le modalità di costituzione e funzionamento del fondo nazionale reddito energetico […] nonché i requisiti specifici degli impianti e dei soggetti beneficiari dell’incentivo saranno definiti con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, che ne costituirà la base giuridica di riferimento”.

Al MiSE, però, per il momento non ci hanno saputo dare indicazioni in merito e non è chiaro se la documentazione relativa alla misura sia già sui tavoli del dicastero.

La “bibbia”, quindi, resta la delibera Cipe che, lo ricordiamo, stanzia 200 milioni per il Piano operativo imprese e competitività FSC 2014-2020 per il reddito energetico.

Il Piano operativo imprese e competitività FSC 2014-2020, si legge ancora nella delibera, “è stato modificato sia dal punto di vista dei contenuti, con l’istituzione di un nuovo asse”, il IV dedicato alla Sostenibilità energetica, “sia dal punto di vista finanziario con un incremento di risorse FSC pari a 200 milioni di euro a carico delle annualità 2024 e 2025”.

La nuova versione del piano evidenzia i fabbisogni finanziari suddivisi per linee di azione e interventi, fornendo anche il cronoprogramma di attuazione e un set di indicatori di risultato/realizzazione”. Non solo, il Piano operativo imprese e competitività “indica la prevista evoluzione annua della spesa, suddivisa per territori di riferimento e intervento”.

Avere sotto mano il Piano operativo, insomma, potrebbe essere di grande aiuto.

Del resto, di reddito energetico (per il Mezzogiorno) e del Piano operativo in questione si parla anche nel Piano per il Sud 2030 presentato dal Governo a febbraio. Anche in questo caso lo strumento attuativo del reddito energetico è individuato nel Piano operativo Imprese e Competitività FSC 2014-20, di competenza del MiSE, che con apposito decreto dovrà definire le modalità operative, precisare i requisiti dei beneficiari ed indicare le modalità di coinvolgimento del Gse nell’adattamento ed evoluzione del meccanismo di “Scambio sul Posto”, al fine di rialimentare il Fondo rotativo ovvero restituire la quota di finanziamento bancario nel caso di garanzia statale.

Ma trovare una versione aggiornata del Piano operativo imprese e competitività FSC 2014-2020 è tutt’altro che semplice. La pagina dedicata al Piano sul sito del Ministero dello Sviluppo economico è aggiornata a febbraio 2019 e non reca traccia del nuovo asse, il IV, dedicato alla sostenibilità energetica.

Lo stesso si dica per il sito dedicato al Programma operativo imprese e competitività 2014-2020: la sezione dedicata al Piano, pur riportando fra la documentazione di riferimento la delibera CIPE del 17 marzo 2020, non reca traccia delle novità introdotte.

Non resta quindi che aspettare per conoscere come e quando il reddito energetico sarà operativo a livello nazionale.

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