Che fine faranno i prestiti miliardari ai progetti per le energie pulite negli Stati Uniti?
È la domanda che si fanno molti imprenditori all’avvicinarsi del secondo mandato alla Casa Bianca per il presidente eletto Donald Trump, che entrerà in carica a gennaio 2025.
Lo riferisce il sito web Politico in una dettagliata analisi sulle attività dell’ufficio per i programmi di prestito (Loan Programs Office) nell’ambito del Doe, il dipartimento Usa per l’energia.
Il Doe, riporta la testata, sta correndo per chiudere 25 miliardi di dollari in prestiti in sospeso alle aziende delle tecnologie pulite, per 16 progetti.
Questa potrebbe essere una delle ultime possibilità per Joe Biden di consolidare le sue politiche a favore del clima e della transizione energetica green, prima che il nuovo corso repubblicano rischi di tagliare molti programmi di spesa voluti dai democratici.
Dalle rinnovabili all’idrogeno, passando per l’estrazione del litio, la produzione di componenti per veicoli elettrici e molto altro ancora, il Loan Programs Office del Doe “è emerso come uno degli strumenti potenzialmente più potenti di Biden per rendere più ecologica l’economia, stipulando accordi da miliardi di dollari” in diversi settori industriali, scrive Politico.
Tuttavia, il suo futuro è incerto, perché quando Trump è stato presidente ha sostenuto solo un progetto nell’ambito di questo programma e ha proposto di tagliare il budget dell’ufficio.
Per non parlare di Chris Wright, scelto da Trump alla guida del Doe, amministratore delegato di una società di servizi petroliferi, che con ogni probabilità frenerà le politiche per le rinnovabili favorendo invece le industrie legate ai combustibili fossili.
Quali impatti di Trump sulle rinnovabili
Intanto, in una nuova analisi pubblicata online da Wood Mackenzie sui possibili impatti della nuova amministrazione Trump sulle politiche energetiche Usa, si ritiene probabile che la Casa Bianca allenterà gli standard delle normative sulle emissioni, aumenterà il protezionismo commerciale e farà uscire gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi.
Tutto ciò allontanerà la politica statunitense da una traiettoria “net zero”. Tuttavia, affermano gli analisti, “il sostegno bipartisan all’Inflation Reduction Act (Ira) al Congresso, i costi competitivi dell’energia rinnovabile e gli obiettivi net zero del settore privato non faranno deragliare la transizione energetica”.
Per quanto riguarda le rinnovabili, scrive Wood Mackenzie, la pipeline dei progetti fotovoltaici di grandi dimensioni utility scale è di quasi 100 GW, mentre la domanda dei clienti per impianti solari distribuiti continua a salire.
Gli esperti si aspettano “una crescita piatta delle installazioni nei prossimi anni, nonostante l’elevata domanda, a causa principalmente dei colli di bottiglia nelle interconnessioni e nelle reti di trasmissione. Quindi, dal 2028 al 2031, la crescita annuale dovrebbe aumentare in maniera modesta, con una media del 5% annuo e raggiungendo circa 50 GW”.
Sul fronte dell’eolico, invece, Wood Mackenzie prevede che la nuova amministrazione ridurrà l’importanza dello sviluppo dei parchi offshore, limitando le nuove autorizzazioni.
Tuttavia, “questi impatti non cambieranno sostanzialmente le prospettive a 10 anni, poiché quasi 25 GW di progetti sono già autorizzati o nelle fasi finali di autorizzazione”.
Il rischio più significativo riguarda gli aspetti economici delle iniziative. Se l’amministrazione “deciderà di non emettere linee guida sul credito bonus per i contenuti nazionali dell’eolico offshore, o ridurrà il credito d’imposta per la produzione avanzata 45X, gli investimenti in una filiera nazionale potrebbero essere notevolmente ritardati”.
Difficoltà maggiori per lo sviluppo di impianti potrebbero esserci anche per l’eolico a terra e i sistemi di accumulo a batterie, se Trump deciderà di tagliare o rimuovere diversi sussidi fiscali che finora hanno sostenuto gli investimenti in questi settori.
Cosa succederà ai prestiti in sospeso?
Tornando al Loan Programs Office, si ricorda su Politico, è stato istituito nel 2005 per finanziare le tecnologie energetiche emergenti che hanno difficoltà ad attrarre capitali privati.
Tra i suoi successi, i 465 milioni di $ assegnati a Tesla nel 2010, contribuendo a trasformare l’azienda di auto elettriche di Elon Musk in un gigante del settore. Tra l’altro, lo stesso Musk è stato un forte sostenitore di Trump nella campagna elettorale, con il futuro presidente che ha annunciato la nomina di Musk – insieme all’ex candidato repubblicano alla presidenza, Vivek Ramaswamy – a guidare un nuovo dipartimento per l’efficienza governativa, con il compito di tagliare spese e burocrazia.
Tornando al Doe, da citare anche il mega flop dell’operazione Solyndra: nel 2009 l’ufficio ha sostenuto una garanzia di prestito da 535 milioni di dollari a questo produttore di moduli fotovoltaici, poi fallito.
I repubblicani “hanno criticato il programma come un esempio di spreco di spesa liberale”, prosegue Politico. La prima amministrazione Trump ha chiuso un solo accordo tramite l’ufficio per il programma dei prestiti, garantendo 3,7 miliardi di dollari di finanziamenti per costruire un reattore nucleare in Georgia.
In seguito, Biden ha scelto Jigar Shah, un importante imprenditore nel campo dell’energia pulita, per guidare il programma. Shah, riferisce l’articolo, è diventato rapidamente una voce di spicco per l’amministrazione sulle questioni energetiche, tanto che la rivista Time lo ha nominato una delle 100 persone più influenti del 2024.
Secondo le rilevazioni di Politico, dei 29 prestiti e garanzie di prestito annunciati dall’amministrazione, per complessivi 37 miliardi di $, 16 devono ancora essere completati, come detto inizialmente, per un valore di circa 25 miliardi.
Le iniziative da ultimare includono 9,2 miliardi di dollari per un progetto di batterie in Kentucky e Tennessee, una garanzia di 1,5 miliardi di $ per la produzione sostenibile di carburanti per l’aviazione nel Dakota del Sud, oltre a 1 miliardo per infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici a livello nazionale.
Il timore di vedere i progetti andare in fumo è ben testimoniato da affermazioni come quella di Andy Marsh, presidente e amministratore delegato di Plug Power, che spera di chiudere un prestito di 1,7 miliardi di $ per costruire elettrolizzatori con cui produrre idrogeno verde: “Non c’è niente come vedere la propria bara per farti muovere più velocemente” (la bara, ovviamente, sarebbe un eventuale stop ai finanziamenti imposto da Trump).
Marsh quindi punta a bloccare la garanzia del prestito entro il prossimo 20 gennaio, quando si insedierà Trump. Come si muoverà il nuovo presidente sui prestiti in sospeso è un’incognita: prevarrà il desiderio dei repubblicani di tagliare le spese, oppure quello di ridurre la dipendenza Usa dalle importazioni di prodotti cinesi, sostenendo maggiormente le aziende americane?
Dodici prestiti e garanzie di prestito in sospeso, per un valore complessivo di 21 miliardi di dollari, sono nei distretti congressuali repubblicani. Nel complesso, il Doe ha una “pila” di 210 domande attive, per un totale di 303,5 miliardi di dollari.
Brendan Bell, direttore operativo di Aligned Climate Capital ed ex direttore delle iniziative strategiche presso l’ufficio prestiti, sotto l’ex presidente Barack Obama, ha previsto che Biden “lavorerà fino in fondo” per chiudere i suoi impegni condizionali. “Non mi aspetto che il loro lavoro si fermi. Ma la vera domanda è: cosa succederà dopo?”.