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Quanto deciso alla Cop 26 basterà a stare sotto 2 gradi di riscaldamento globale?

Annunci, promesse, impegni, accordi: vediamo quali ristrette porte sono ancora aperte per raggiungere gli obiettivi climatici fissati a Parigi nel 2015.

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Quale influenza ha avuto la Cop 26 sulla possibilità di raggiungere i traguardi climatici internazionali fissati a Parigi nel 2015?

La conferenza globale sul clima di Glasgow ha lasciato aperte diverse porte e la realtà è molto sfumata.

Gli accordi di Parigi, ricordiamo, prevedono di limitare l’aumento della temperatura media a +1,5-2 °C entro fine secolo, rispetto ai valori preindustriali.

Ma le variabili in gioco sono tante: non solo i piani nazionali per la riduzione delle emissioni al 2030 (cosiddetti NDC, Nationally Determined Contributions), alcuni dei quali sono stati potenziati alla Cop 26, ma anche gli impegni net-zero di tanti Paesi per azzerare le emissioni nette intorno a metà secolo e gli accordi siglati a Glasgow su molteplici fronti, in particolare il Global Methane Pledge per diminuire le emissioni di metano.

A conferenza sul clima ancora in corso, Climate Action Tracker aveva segnalato un enorme buco di credibilità tra obiettivi promessi e azioni concrete volte a contrastare il cambiamento climatico.

In sostanza, con gli impegni annunciati dai diversi Paesi per il 2030 (2030 committments), si andrebbe verso un riscaldamento globale di +2,4 °C nel 2100, in confronto alla temperatura media registrata nel periodo preindustriale.

Considerando invece gli obiettivi net-zero dei diversi Paesi, secondo Climate Action Tracker punteremmo verso un aumento della temperatura di +1,8 °C entro fine secolo.

Ricordiamo che anche l’India ha fatto un primo passo in questa direzione, affermando alla Cop 26 di voler azzerare le sue emissioni, ma entro il 2070. Il problema è quanta fiducia accordare a impegni di questo tipo, perché poi la stessa India si è opposta al “coal phase out” nel documento conclusivo di Glasgow, dove infatti si parla di intensificare gli sforzi per ridurre (non eliminare) il carbone.

Al contrario, secondo una recente analisi di Rystad Energy, è plausibile uno scenario con un riscaldamento globale di +1,6 °C.

Questo traguardo potrebbe essere raggiunto grazie a una combinazione di elementi:

  • attuazione di tutti i nuovi impegni annunciati alla Cop 26 di Glasgow, inclusi i piani per ridurre le emissioni di metano e la deforestazione;
  • accelerazione dello sviluppo tecnologico, in particolare per il fotovoltaico e i veicoli elettrici;
  • eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili in modo da accrescere la competitività delle rinnovabili.

Lo scenario proposto da Rystad prevede, in particolare, che saranno aggiunti centinaia di GW di fotovoltaico arrivando a una capacità totale di 1.200 GW  nei primi anni 2030, mentre nello stesso arco di tempo la nuova capacità eolica installata ogni anno salirà fino a 350 GW.

Il mix energetico diventerà sempre più elettrificato, con le rinnovabili a fare da traino a scapito di carbone, gas e petrolio in tutti i settori.

Ad esempio, il 47% dei trasporti sarà elettrificato nel 2050 (oggi: 2,5%) grazie soprattutto al boom delle auto elettriche, che faranno il 70% del mercato già nel 2030. Sempre nel 2050, il 73% della domanda energetica degli edifici sarà coperta con elettricità, così come il 56% della domanda energetica delle industrie.

Di conseguenza, come riassume il grafico sotto, nel 2050 il 77% del mix energetico globale sarà fatto dalle rinnovabili, con in testa eolico e fotovoltaico.

Certo, gli stessi analisti di Rystad avvertono che per realizzare questo scenario “sono necessarie ulteriori prove di azione”.

In altre parole, bisognerà capire se le promesse net-zero dei vari governi sono solamente “bla bla bla” come sostiene Greta Thunberg, oppure se si tradurranno in misure concrete con traguardi vincolanti e misurabili.

La documentazione finale della Cop26

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