Da ieri, 1 ° gennaio, il gas russo ha smesso di arrivare in Europa attraverso l’Ucraina.
Kiev ha interrotto la via di transito lasciando scadere un accordo quinquennale firmato nel 2019 e segnando, così, un nuovo passo nel processo di allontanamento dell’Europa dalle forniture di gas da Mosca.
La decisione determina la fine di una storica rotta energetica, che risale all’epoca sovietica e che era sopravvissuta persino a tre anni di guerra tra Russia e Ucraina.
Il colosso russo dell’industria fossile Gazprom ha dichiarato in una nota di aver smesso di inviare gas tramite l’Ucraina a partire dalle 8 di mattina di ieri, ora di Mosca. Il presidente ucraino Zelensky l’ha descritta come “una delle più grandi sconfitte di Mosca”.
Le reazioni in Europa
La scelta dell’Ucraina di chiudere i rubinetti ha però già creato problemi nell’Europa orientale, con la Moldavia che ha dichiarato lo stato di emergenza e la Slovacchia che ha minacciato Kiev di ritorsioni.
In Transnistria, una regione moldava filorussa e separatista, sono state interrotte le forniture per il riscaldamento e l’acqua calda. La compagnia energetica locale Tirasteploenergo ha esortato le famiglie a “vestirsi in modo pesante, appendere coperte o tende spesse alle finestre e alle porte dei balconi e usare stufe elettriche”.
Intanto il leader slovacco Robert Fico, uno dei pochi alleati del Cremlino all’interno dell’Ue, ha contestato la decisione di Kiev e, in risposta, si è recato a Mosca per incontrare Putin.
La Slovacchia, ancora in regime di forte dipendenza dal gas russo, ha stimato che la perdita di rifornimenti attraverso l’Ucraina potrebbe comportare circa 150 milioni di euro di costi aggiuntivi. Fico ha anche minacciato di voler tagliare le forniture di elettricità all’Ucraina come gesto di “ritorsione”.
Dalla Slovacchia il gas russo fluiva poi verso Austria e Repubblica Ceca, ma questi due Paesi non acquistano più direttamente da Gazprom. Resta l’Ungheria, che però continuerà ad approvvigionarsi tramite il gasdotto TurkStream sotto il Mar Nero.
La Commissione Ue ha dichiarato di essere preparata a questa interruzione e di aver lavorato “per più di un anno” con gli Stati membri, costruendo quattro percorsi alternativi “provenienti principalmente dai terminali Gnl in Germania, Grecia, Italia e Polonia, ma forse anche dalla Turchia”.
I volumi dalla Russia all’Ue si sono comunque ridotti drasticamente da quando Mosca ha diminuito il transito nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina.
Stando a un documento preparato dalla Commissione europea per la riunione dei ministri dell’Energia Ue di dicembre, nel 2023 il blocco ha ricevuto complessivamente 14,65 miliardi di metri cubi di gas, rispetto ai 40 miliardi di prima della guerra, mentre al 1° dicembre 2024 ne erano arrivati 13,7 miliardi.
Blocco al gas russo: gli scenari futuri
Cosa accadrà adesso? Il think tank politico-economico internazionale Bruegel, che ha sede a Bruxelles, ha delineato tre possibili scenari.
Il primo prevede la “sostituzione delle forniture russe con Gnl” grazie ai terminali in Polonia, Germania, Lituania, Italia, Croazia e Grecia, alle nuove unità di rigassificazione e stoccaggio galleggianti in Germania e Italia e alla potenziale espansione della capacità del gasdotto Turkstream, che attraversa il Mar Nero dalla Russia alla Turchia.
Il secondo scenario ipotizza invece la “sostituzione delle forniture russe con gas azero”. Quest’ultimo transiterebbe sempre dalla Russia attraverso l’Ucraina, mentre l’Azerbaijan si approvvigionerebbe direttamente da Mosca. Non ci sarebbe quindi alcuna modifica nei flussi: l’Ue acquisterebbe gas dall’Azerbaijan, che acquisterebbe a sua volta gas dalla Russia.
Un accordo del genere avrebbe però diverse criticità. In primis, l’Azerbaijan non produce abbastanza gas per sostituire completamente i flussi russi verso l’Europa nel breve termine. Inoltre, sebbene il prezzo del gas azero dovrebbe rimanere simile a quello del gas russo, acquistarlo soltanto per “scambiarlo” con le forniture di Mosca non si tradurrebbe in una reale riduzione della dipendenza dell’Ue dal Cremlino.
Il terzo scenario immagina un nuovo accordo tra Paesi Ue, Ucraina e Russia, in cui gli operatori europei del gas acquistano gas russo al confine russo-ucraino e prenotano una specifica capacità di transito attraverso l’infrastruttura di gasdotti ucraini, per venderlo poi ai Paesi comunitari.
Anche questa ipotesi però porterebbe la Russia a conservare potere e influenza sui consumatori europei e limiterebbe la portata di future sanzioni.
L’impatto limitato sull’Italia
Per il nostro Paese lo stop di Gazprom ai flussi in transito attraverso l’Ucraina non dovrebbe portare a particolari scossoni.
Snam ha comunicato che dallo snodo di Tarvisio (attraverso cui passa il gas russo), nel mese di dicembre sono arrivati 526 milioni di metri cubi, una quota esigua a fronte di una domanda per il 2024 stimata attorno ai 61 miliardi di mc.
Lo scorso anno dalla Russia erano arrivati nel nostro paese circa 2,8 mld mc, l’80% in meno del 2022. Quest’anno a fine ottobre, dallo snodo di Tarvisio sono transitati 4,9 mc di metano (+90% sullo stesso periodo del 2023).
Nell’ultima settimana, invece, i volumi dello snodo sono stati quasi nulli. Va precisato inoltre che di quel gas, solo una piccola parte arriva da Mosca, mentre il grosso ora proviene dagli stoccaggi in Germania e in Austria.
Il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, ha rassicurato che “il sistema si era già preparato a questa ulteriore interruzione che era annunciata da tempo”. In un’intervista al Sole 24 Ore ha spiegato: “È probabile che questo nuovo stop provochi qualche pressione nella risalita dei prezzi, ma sarà soprattutto per quella parte dell’Europa dell’Est ancora dipendente dal gas russo”.