Come riconoscere e affrontare un problema in crescita: la povertà energetica

CATEGORIE:

Oggi sono circa 3 milioni le famiglie italiane (l'11,7%) che vivono in condizioni di povertà energetica: hanno difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici. Se ne è parlato a Milano in un evento organizzato da RSE, con la partecipazione di Banca Italia, Istat e Autorità.

ADV
image_pdfimage_print

Sul tema della povertà energetica ancora oggi è complesso trovare elementi di ricaduta pratica, che si traducano in strumenti operativi efficaci per intervenire concretamente e affrontare il fenomeno. Inoltre è difficile anche riconoscerla correttamente.

Il fenomeno è in crescita anche in un paese industrializzato come l’Italia. Oggi sono circa 3 milioni le famiglie italiane che vivono in condizioni di povertà energetica o, più propriamente, di vulnerabilità energetica, cioè quasi il 12% del totale.

Cosa si intende con povertà energetica? Si tratta della difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici o la necessità di utilizzare risorse familiari superiori a quanto socialmente desiderabile per acquistare tali servizi.

Di questo tema e di come tentare di risolverlo, si è discusso nell’evento: “Povertà Energetica, riconoscerla per contrastarla”, organizzato da RSE, il 12 settembre, con il supporto del Comune di Milano e la partecipazione di Banca Italia, Istat ARERA e di Regione Lombardia e Città Metropolitana e con il contributo di un rappresentativo gruppo di interlocutori delle utility e del terzo settore.

Grazie al contributo di Banca d’Italia e Istat, i ricercatori di RSE hanno potuto esplorare, in maniera più dettagliata, il fenomeno della povertà energetica che impatta in maniera negativa, come detto, ben oltre l’11% delle famiglie italiane, molte delle quali versano, secondo i dati Istat, nella fascia di povertà assoluta, ha spiegato Massimo Gallanti, direttore del Dipartimento Sviluppo Sistemi Energetici di RSE all’apertura del convegno

Contrastare la povertà energetica è una sfida importante perché coinvolge le parti della città più fragili e bisognose, dove si verifica una contraddizione fortissima: chi ha meno spende di più.

Nell’ambito dell’edilizia popolare poi la contraddizione si fa sempre più forte. Serve, in prima battuta, diffondere comportamenti virtuosi per il risparmio energetico. È necessario fare interventi significativi di efficientamento energetico negli edifici di edilizia pubblica.

Ad esempio, ha detto Gabriele Rabaiotti, assessore alla Casa e ai Lavori Pubblici del Comune di Milano, si stima che più del 50% del patrimonio milanese pubblico è precedente al 1950. L’assessore propone di intervenire sul calcolo della spesa energetica che va modulata sulla capacità di spesa delle famiglie, come avviene per il canone abitativo.

“La povertà energetica – ha spiegato Marco Borgarello, ricercatore di RSE e coordinatore della ricerca sulla povertà energetica, oltre a costituire un elemento di debolezza sul principio delle uguaglianze su cui si basa lo stato sociale, può determinare fenomeni di esclusione sociale ed emarginazione, con preoccupanti derive sociali”.

Per questo motivo per individuare possibili soluzioni di mitigazione e di contrasto serve saperla conoscere e riconoscere, per definirne, in modo oggettivo e condiviso, i contorni e per quantificarne con chiarezza le dimensioni, proprio temi principali del convegno.

Sebbene il tema della povertà energetica costituisca una delle priorità della politica dell’Unione Europea, resta la difficoltà nell’individuare una metodologia condivisa necessaria per definire lo stato di povertà energetica e, quindi, per quantificarne la dimensione.

Come stabilire quando c’è povertà energetica?

Banca Italia ha riportato un’analisi degli indicatori che sono in grado di descrivere e comprendere il fenomeno, in base ai quali costruire metodologie di misura appropriate, anche per poter monitorare il fenomeno nel tempo e valutare con accuratezza le politiche di contrasto adottate.

Tra queste proposte vi è quella realizzata con RSE per la definizione di soglia di povertà energetica inclusiva di tutti i soggetti che ne sono affetti, basata sul fabbisogno energetico domestico e sulla spesa per soddisfarlo.

Tale fabbisogno energetico è stato correlato a una spesa minima, in termini di gas naturale, calcolata a partire dalle tariffe standard pubblicate nelle statistiche annuali ARERA.

Una volta individuata la spesa necessaria per soddisfare le esigenze minime di comfort delle famiglie, sono stati incrociati i risultati con le spese per riscaldamento contenute nel paniere di spesa ISTAT (indagine sulle spese).

In questo modo è stato possibile definire quante famiglie sono in una simile condizione. Il risultato rivela che le famiglie italiane in condizione di povertà sarebbero circa tre milioni (11,7% del totale), collocate nella parte bassa della distribuzione delle spesa.

La probabilità di essere in una situazione di povertà energetica è più elevata per le famiglie in condizione di povertà assoluta, nelle quali la persona di riferimento ha un basso titolo di studio, per quelle che risiedono al Sud (in particolare nelle Isole) o con una più elevata incidenza della spesa per riscaldamento (ogni punto percentuale in più d’incidenza accresce la probabilità di essere in povertà energetica del 6,4%).

“Una volta riconosciuto il problema è stato necessario conoscerlo. L’esperienza condotta negli edifici ERP di Milano ha spiegato Marco Borgarelloe il monitoraggio onsite dei consumi domestici per esplorare le caratteristiche di consumo delle famiglie e i loro principali comportamenti, ha costituito uno spaccato rappresentativo del fenomeno della PE”.

I consumi elettrici medi misurati nelle case sono stati di poco superiori a 700 kWh/anno, rispetto a un consumo medio su base nazionale di 2.500 kWh/anno.

La diffusione e le tipologie di elettrodomestici presenti nelle abitazioni (il 90% hanno la lavatrice, solo l’8% ha la lavastoviglie, il 35% un forno a microonde e la TV è accesa mediamente 11 ore al giorno) si discosta dal valore medio italiano riportato da Istat e anche i comportamenti di utilizzo sono molto legati alle condizioni di disagio e di vulnerabilità.

Dall’intervento di ARERA è emerso che un consolidato sistema di mitigazione al fenomeno è rappresentato dal bonus elettrico e il bonus gas. Sono circa 2 milioni di famiglie, i potenziali beneficiari del bonus sociale, non omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale, e generalmente localizzati nelle aree rurali, tra i residenti in piccoli condomini e tra gli affittuari.

Ricordiamo che alcune recenti indagini delle associazioni dei consumatori insieme ai parlamentari del M5S dimostrano che solo il 34% delle famiglie accede al bonus sulla bolletta elettrica e il 27%, per quello sul gas.

La causa? Poca informazione, troppa burocrazia e scarsa adeguatezza economica del bonus in rapporto alla spesa sostenuta dalle famiglie con consumi maggiori (vedi anche campagna “Bonus a sapersi”).

Una soluzione su cui RSE è impegnata in prima linea è rappresentata dalla riduzione della spesa dei consumi eccessivi di energia attraverso l’efficientamento energetico degli edifici, da attuarsi attraverso meccanismi che consentano di garantire un ritorno dell’investimento per gli operatori privati su immobili di proprietà pubblica dati in locazione.

Anche l’uso dell’energia solare termica e fotovoltaica potrebbe consentire, se ben gestito, di affrontare il problema.

A tal proposito è stato avviato lo scorso anno il primo esperimento di “reddito energetico a Porto Torres, in Sardegna, per le famiglie più in difficoltà economica grazie all’utilizzo di impianti fotovoltaici in comodato d’uso.

Si trattava di un’iniziativa del M5S, coordinata insieme al GSE, che consiste nel fornire alle famiglie più disagiate del Comune un impianto fotovoltaico (sotto i 20 kWp), da installare sul tetto dell’abitazione, per far risparmiare mediamente circa 200 euro ogni anno sulla bolletta elettrica. Daremo a breve un aggiornamento su come questo progetto abbia avuto seguito.

ADV
×