Carbone: il governo proroga la massimizzazione della produzione. Ma ha senso?

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Con prezzi del gas in diminuzione e gli stoccaggi sufficientemente pieni, la misura, che favorirebbe un incremento delle emissioni, è un eccesso di precauzione?

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Proseguire almeno fino al prossimo autunno con la spinta al carbone, così da risparmiare altro gas.

Nei giorni scorsi, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha chiesto a Terna di continuare fino al 30 settembre 2023 il programma di “massimizzazione” dell’uso di centrali a carbone, olio combustibile e bioliquidi.

Si tratta del provvedimento, introdotto con l’articolo 5-bis del decreto legge 14/2022, varato all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, che consente delle deroghe ai limiti di emissioni in modo da poter sfruttare alcuni impianti non esattamente puliti.

Con questo meccanismo si sono fatte funzionare ad esempio le centrali a carbone Enel di Brindisi, Torrevaldaliga Nord, Fusina e Sulcis, quella EP di Fiumesanto e quella A2A di Monfalcone, oltre all’impianto a olio combustibile San Filippo Del Mela di A2A e a diversi impianti a bioliquidi.

L’obiettivo della misura nella sua prima emanazione era di far risparmiare circa 1,8 miliardi di metri cubi di gas per il periodo 1° agosto 2022 – 31 marzo 2023.

Ora, con la proroga, il Mase chiede a Terna di ottenere grazie alle centrali a carbone, olio combustibile e bioliquidi, un risparmio di 0,7 mld mc di gas naturale con la possibilità di elevarlo fino a 1 “in caso di peggioramento dello scenario”.

Il profilo del programma di produzione, secondo le indicazioni ministeriali, deve prevedere una prevalenza delle ore a maggior criticità per la copertura della domanda attesa, concentrasi nel periodo tra giugno e settembre 2023 e dare priorità agli impianti non rilevanti.

Nell’arco dell’intero 2022, mostrano le analisi di Ecco di cui abbiamo scritto stamattina, la misura ha portato a un incremento della produzione elettrica a carbone di 7,9 TWh, che ha generato emissioni per 6,7 milioni di tonnellate di CO2.

Oggi però la situazione è ben diversa, con gli stoccaggi gas pieni (sono a un livello doppio rispetto alla media dello stesso periodo negli anni pre crisi) e i prezzi del metano tornati sui circa 45 €/MWh, un valore che non si registrava dall’inizio della crisi energetica, nell’autunno 2021, e un calo del 65% rispetto a marzo 2022.

Ha ancora una giustificazione causare più emissioni per risparmiare gas?

Per GB Zorzoli, tra i massimi esperti di energia in Italia, la risposta è “assolutamente no”. “Insistere sul carbone con l’attuale prezzo del gas è un insulto al buon senso, segno evidente di un indirizzo di politica energetica che di fatto non considera prioritaria la decarbonizzazione dell’economia”, ci spiega.

D’altra parte, come ci fa notare una fonte istituzionale addentro alla questione, “sei mesi fa non sapevamo neanche se arrivavamo alla fine dell’inverno e questo equilibrio geopolitico è molto fragile”, per cui “è meglio essere prudenti in questa fase e tenere gli stoccaggi pieni”

Anche se il gas non dovesse essere un problema per il sistema elettrico, infatti, quasi certamente lo sarà la siccità, con il conseguente calo di produzione da idroelettrico.

Nel 2022 le scarse precipitazioni hanno ridotto la produzione idroelettrica di 17 TWh e quest’anno la crisi idrica si preannuncia anche peggiore.

Che sia una decisione saggia o meno, la proroga della massimizzazione delle centrali a carbone potrebbe però avere effetti ridotti, sia sul versante emissioni che su quello dei risparmi di gas: si parla infatti di poche centrali, ora poco competitive e in un contesto di consumi in diminuzione.

La progressiva normalizzazione dei prezzi del gas e il prezzo dei permessi CO2 vicini ai 100 €/t tornano a rendere meno competitivo il carbone termoelettrico rispetto al gas”, spiega ad esempio a QualEnergia.it Michele Governatori, analista di Ecco.

Quindi – prosegue – limitare i vincoli ambientali alle centrali a carbone, pur essendo un errore, salvo nuove crisi, non avrà impatti negativi. Non è peraltro del carbone in Italia di cui dobbiamo preoccuparci rispetto alle politiche del clima e alle bollette, perché nessuna istituzione ne mette in dubbio l’abbandono completo, quanto degli investimenti con denaro pubblico, o in forme comunque regolate, impiegate nelle infrastrutture gas“.

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