Biomassa legnosa per cogenerazione e teleriscaldamento in un documento RSE

CATEGORIE:

Un breve dossier di RSE sulla biomassa legnosa. Sfruttamento corretto di boschi e foreste e suo utilizzo mediante la cogenerazione e in reti di teleriscaldamento. Qual è la sua effettiva potenzialità e sostenibilità?

ADV
image_pdfimage_print

Un breve dossier di RSE (Ricerca Sistema Elettrico) si concentra sulla biomassa legnosa, in particolare derivante dallo sfruttamento di boschi e foreste (link in basso) e sul suo utilizzo efficiente mediante la cogenerazione e in reti di teleriscaldamento.

Cerca anche di analizzare la sua effettiva sostenibilità, relativamente al suo contributo alla lotta ai cambiamenti climatici e agli effetti sulla qualità locale dell’aria.

In Italia la copertura di boschi e foreste corrisponde a circa 11 milioni di ettari, oltre un terzo (36,5%) del territorio.

Secondo i dati più recenti (censimenti 2005 e 2015), l’incremento annuo della superficie a bosco è dello 0,2 %, principalmente a causa dell’abbandono di superfici coltivate. Il volume complessivo di legno è oggi stimato in 1,27 miliardi di m3, con un incremento annuo di circa 36 milioni di m3 (circa il 2,8% per anno).

Nonostante questa risorsa ingente la produzione di energia elettrica e termica da biomassa legnosa in Italia è ancora poco sfruttata e viene di fatto marginalizzata nel PNIEC.

Tuttavia un prelievo di biomassa legnosa, fatto con criteri di corretta gestione del bosco, non ridurrebbe la capacità di assorbimento di anidride carbonica, anzi la aumenterebbe, spiega il documento RSE.

La tesi del documento è in sintesi la seguente: se l’Italia raggiungesse livelli di utilizzo di questa materia prima equiparandosi alla media europea e considerando gli impianti di cogenerazione, si potrebbe ottenere una nuova potenza installabile di 1.900 MW elettrici e una produzione addizionale elettrica di 7,5 TWh e termica di 30 TWh.

E se questa produzione sostituisse quella da gas naturale si avrebbero minori emissioni di quasi 8 milioni di tonnellate/anno di CO2.

Un vantaggio ambientale che potrebbe concretizzarsi alimentando con il calore prodotto reti di teleriscaldamento, che andrebbe a sostituire in parte l’uso di biomasse in piccoli apparecchi di riscaldamento domestico che hanno minore efficienza e più elevate emissioni inquinanti (non certo quelli di ultima generazione, aggiungiamo noi).

La quantità di biomassa utilizzata a fini energetici potrebbe quindi aumentare di oltre 3 volte, consentendo ugualmente un rilevante aumento della massa vegetale presente nei boschi italiani.

L’energia elettrica da biomasse – si spiega – è rinnovabile, programmabile e flessibile, e può quindi sostituire gli impianti termoelettrici a gas e a carbone non solo per la produzione, ma anche per il bilanciamento del sistema.

Per biomassa legnosa vergine, con origine entro 500 km, nel caso di sola generazione di elettricità, l’indice di emissione è di circa 70 gCO2/kWh (circa un quinto rispetto alle migliori tecnologie a gas naturale). Se si considera solo la produzione di calore, le emissioni evitate sono del 93%, corrispondenti a circa 20 gCO2/kWh (circa un decimo rispetto a caldaie a gas naturale).

L’impiego in cogenerazione (produzione elettrica e termica combinate), con distribuzione del calore in reti di teleriscaldamento, assicura un’efficienza complessiva oltre l’80% e riduce le emissioni di CO2 di oltre 10 volte rispetto alla produzione da gas naturale, separatamente di energia elettrica (cicli combinati) e termica (caldaie domestiche o condominiali).

In un processo di LCA (Life Cycle Analysis) e considerando taglio, trasporto e lavorazione (cippatura) del legname, a cui si aggiunge la costruzione degli impianti di sfruttamento energetico, le emissioni di CO2 prodotte dalla combustione di biomasse legnose sono quindi solo di qualche decina di gCO2/kWh, si puntualizza nel documento RSE.

Non si tratta, quindi, di una rinnovabile a saldo zero, ma comunque con valori di molto inferiori rispetto alle fonti fossili, ricordando che per la produzione elettrica da gas naturale si arriva infatti a circa 350 gCO2/kWh emessi e per quella da carbone a circa 750 gCO2/kWh.

Il beneficio di realizzare impianti a biomassa di media-grande taglia (cogeneratori da almeno qualche centinaio di kW) è anche nella obbligatorietà di impiegare filtri a maniche, eliminando la quasi totalità delle polveri sottilie, come recentemente di dimostrato su impianti reali da RSE, è anche possibile abbattere gran parte degli ossidi di azoto, l’altro inquinante di un certo rilievo. Una modifica a questi impianti per eliminare anche gli ossidi di azoto è fattibile in tempi rapidi e a costi ragionevoli.

Non convince nel documento invece il confronto tra l’energia elettrica generata da biomasse e quella da solare ed eolico, in termini di produttività.

Secondo Walter Righini di FIPER “la posizione di RSE è un segnale importante affinché il Governo possa cogliere il valore economico, ambientale ma anche sociale dell’impiego delle biomasse legnose a fini energetici e ne tenga opportunamente conto per l’integrazione e il completamento al PNIEC in fase di attuale redazione da inviare a Bruxelles.”

ADV
×