Australia, gli incendi e la bufala interessata dei “200 piromani”

Il negazionismo climatico tenta di far passare per dolosi gli incendi così da nascondere il legame con il surriscaldamento dell’atmosfera.

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L’Australia sembra in preda non solo a roghi di estensione e intensità storica ma anche a una ondata altrettanto rovente e preoccupante di disinformazione sulle cause degli incendi, volta per lo più a negare il collegamento che esiste fra surriscaldamento del clima e l’intensificarsi dei roghi.

La polizia di Victoria ha dovuto specificare che non ci sono prove che i devastanti incendi nello stato sud-orientale dell’Australia siano dolosi, smentendo le false notizie che addossavano a dei piromani l’innesco dei roghi.

Ma così come si fatica a domare le fiamme di un incendio quando ormai è divampato, è altrettanto difficile smontare le false notizie una volta che sono dilagate a livello internazionale.

La notizia fuorviante secondo cui 183 piromani sarebbero stati arrestati “dall’inizio della stagione degli incendi” non è vera, ma ciò nonostante si è diffusa in tutto il mondo nei giorni scorsi, dopo che i primi dispacci della News Corp. sono stati rilanciati da Donald Trump Jr, siti web e personaggi popolari dell’estrema destra americana.

Il dato sopra citato comprendeva in realtà le statistiche di vari stati per l’intero 2019, piuttosto che solo la stagione degli incendi in corso, iniziata a settembre.

Nello stato di Victoria, i piromani arrestati sono stati 43 per la stagione terminata nel settembre 2019 – un dato che quindi non ha alcuna relazione con la stagione degli incendi boschivi in corso.

La cifra riportata di 183 “piromani” comprende anche 101 residenti nello stato del Queensland che sono stati identificati per una serie di infrazioni, anche minori, del divieto totale di accendere fuochi o della prevenzione antincendio.

La polizia del Queensland ha specificato che tra il 10 settembre e l’8 gennaio si sono verificati 1.068 incendi nello stato, di cui 114, pari a solamente il 13% circa, sono stati appiccati attraverso l’azione umana e oggetto di azioni di polizia.

Frattanto, una manager della News Corp. ha inviato un’email a tutto il personale e al presidente esecutivo Michael Miller in cui ha accusato la sua stessa azienda di “disinformazione” e di aver intenzionalmente distolto l’attenzione di lettori e telespettatori dal cambiamento climatico durante la crisi degli incendi.

Emily Townsend, Responsabile per la Finanza Commerciale di News Corp., nella sua email ha accusato i giornali della società di aver travisato i fatti e di aver diffuso informazioni errate per focalizzare l’attenzione delle persone sulle azioni dolose come causa principale degli incendi, piuttosto che sul cambiamento climatico.

Da parte sua, Miller ha risposto dicendo di non essere d’accordo col giudizio di Townsend e che a News Corp. “riportiamo una varietà di opinioni e punti di vista su questo tema e molti altri che sono importanti nel dibattito pubblico sugli incendi”.

A inquinare ulteriormente il clima australiano, oltre agli incendi e alle notizie incontrollate dei media tradizionali, ci sono pure un esercito di bot, troll e profili social di dubbia natura, intenti a suggerire che nel paese ci sia un’emergenza degli incendi dolosi.

Anche in questo caso, si tratta per lo più di notizie false volte a negare il legame fra incendi e crisi del clima.

Secondo Timothy Graham, docente di analisi dei social network della Queensland University of Technology, la grande maggioranza di contenuti pubblicati con l’hashtag #arsonemergency su Twitter denota un’origine sospetta, collegabile cioè non a veri utenti, bensì a “fabbriche” automatizzate di notizie online specializzate nel diffondere contenuti estremi, non verificati e fuorvianti.

Nel mondo in carne e ossa, i ricercatori hanno notato un forte divario politico quando si tratta di scienza del clima: i progressisti sono molto più propensi ad accettare le sue conclusioni come un dato di fatto rispetto ai conservatori. Presentare a dei negazionisti della crisi climatica informazioni scientifiche nella speranza che cambino idea finisce spesso, paradossalmente, per rafforzare il loro rifiuto.

Il negazionismo in Australia ha trovato adepti anche al governo federale, alla cui testa c’è un primo ministro conservatore, Scott Morrison, che rispecchia abbastanza fedelmente il divario notato dai ricercatori.

Il Premier australiano, infatti, sta attento a posizionarsi sempre, se non sfacciatamente fra i negazionisti, almeno vicino al confine di tale area, flirtando con lo stile dei negazionisti, mettendo in dubbio le cause di fondo degli incendi, ricorrendo a frecciatine verbali secondo cui non c’è nulla di insolito in quello che sta succedendo, come raccontato in un altro articolo.

“Abbiamo già affrontato questi disastri” oppure “so quanto sia stato doloroso… soprattutto per i giovani che non l’hanno mai visto prima,” sono due esempi della strategia comunicativa di Morrison: mascherare il negazionismo climatico con appelli al “buon senso“, alla memoria collettiva o alle posizioni radicali degli ambientalisti

Quando ha vinto le elezioni, nel maggio 2019, Morrison l’ha definita una vittoria per gli “australiani silenziosi“.

Forse gli australiani erano silenziosi allora, ma oggi sono molto meno pacati, dopo che centinaia di migliaia di persone hanno dovuto prendere in fretta e furia gli effetti più importanti, abbandonare le proprie case e dare vita alla più grande evacuazione di massa nella storia del paese.

E negare che il cambiamento climatico centri con i fuochi è davvero arduo: sono temperature record attorno ai 45 °C, forti venti e una siccità che dura ormai da tre anni  che hanno contribuito ad alimentare gli  enormi incendi.

Di certo la vittoria di Morrison è stata una sconfitta per il pianeta e i benefici li porta soprattutto all’industria nazionale del carbone. Se la politica nazionale era già carente nella lotta al global warming, il nuovo Primo Ministro Morrison ha cancellato la cosiddetta Garanzia Energetica Nazionale (NEG), cioè un programma energetico che già era stato criticato da molti come ampiamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi degli accordi di Parigi.

Con l’abbandono della NEG, l’Australia non ha più neanche la parvenza di una politica coerente o integrata per la transizione energetica e la riduzione delle emissioni: meglio dunque dare la colpa ai piromani e dire che gli incendi ci sono sempre stati.

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