Acciaio verde, conviene produrlo con l’idrogeno o con la cattura della CO2?

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Entrambe le soluzioni hanno vantaggi e rischi. Resta il nodo dei costi extra. Pro e contro dei nuovi approcci produttivi in una ricerca dell’Oxford Institute for Energy Studies.

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Il settore siderurgico in termini di emissioni è destinato a consumare da solo la metà del budget totale di carbonio che ancora abbiamo a disposizione per mantenere il surriscaldamento dell’atmosfera a 1,5 °C entro il 2050.

È pertanto necessario ridurre al minimo l’impronta climatica dell’acciaio con nuovi approcci produttivi. Fra questi, l’Oxford Institute for Energy Studies (Oies) ha considerate come primari la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) e l’uso dell’idrogeno al posto del gas metano come reagente chimico.

Le considerazioni dell’istituto di ricerca britannico sono contenute in un recente studio, intitolato “Stainless Green: Considerations for making green steel using carbon capture and storage (CCS) and hydrogen (H2) solutions” (link in fondo).

Hasan Muslemani, responsabile della ricerca sulla gestione del carbonio dell’Oies e autore dello studio, ha fatto notare che la fattibilità di entrambi gli approcci considerati e la loro capacità di ridurre le emissioni, dipendono da molteplici fattori logistici, geografici, tecnici, economici e politici.

Su tutti questi versanti, l’interazione fra politiche pubbliche e investimenti privati avrà un notevole peso nel determinare i tipi di processi industriali, le “gradazioni di verde” dell’acciaio, il ritmo di espansione e i settori che abbracceranno o meno le nuove soluzioni.

I costi extra

L’ostacolo più rilevante alla produzione di acciaio ecologico è il suo prezzo. In media, i costi di produzione dell’acciaio verde, sia attraverso la cattura del carbonio che l’integrazione dell’idrogeno, possono variare dal 20 al 30% in più.

Ciò è dovuto in gran parte agli elevati costi del capitale inerenti alle tecnologie (cattura del carbonio, elettrolizzatori per la produzione di idrogeno), nonostante le proiezioni di una riduzione in vista di una loro maggiore diffusione.

La fattibilità economica della produzione di acciaio verde dipenderà, in ultima analisi, dalla possibilità che il suo costo addizionale possa essere scaricato sui consumatori finali, sostenuto liberamente dal mercato o da sovvenzioni governative. In ogni caso, qualcuno si dovrà sobbarcare i costi extra.

Detto questo, la volontà di adottare acciai verdi più costosi potrebbe esserci nel comparto produttivo dei veicoli pesanti. Questi, a differenza delle auto, dove si stanno diffondendo sempre di più l’alluminio e le materie plastiche, dipendono ancora molto dall’acciaio.

Nella carrozzeria dei camion, infatti, l’acciaio non può sempre essere sostituito per motivi di sicurezza, soprattutto in una fase in cui la domanda di autocarri con capacità di carico più elevate è in aumento.

Come viene fatto l’acciaio?

L’acciaio primario viene prodotto utilizzando uno dei seguenti due processi.

Il primo processo usa un forno a ossigeno di base (BF-BOF) o un forno elettrico ad arco (EAF), per trasformare il carbone in coke attraverso il suo riscaldamento ad alte temperature in assenza di ossigeno. Il coke viene poi usato come agente riducente del minerale di ferro nell’altoforno, ottenendo ferro liquido o ghisa.

La ghisa grezza reagisce poi con alcuni rottami di acciaio inseriti in un forno a ossigeno di base, dove viene rimosso il carbonio e ottenuto acciaio liquido, impiegato poi per la laminazione a caldo e a freddo.

Il secondo processo, alternativo all’uso di un altoforno, riduce il ferro rimuovendo l’ossigeno direttamente dal minerale di ferro senza la necessità di fonderlo, un processo chiamato riduzione diretta del ferro (DRI).

Il processo di riduzione diretta impiega gas metano come materiale in entrata e, nonostante richieda circa il 20% in più di energia rispetto al percorso BF-BOF, emette circa il 20% in meno di CO2, grazie alla minore impronta di carbonio del metano rispetto al coke.

Tuttavia, il processo DR rimane limitato alle aree in cui c’è abbondanza di metano, come il Nord America o il Medio Oriente, ha fatto notare lo studio. Il processo DR usa spesso, a sua volta, un forno elettrico ad arco per fondere i rottami di acciaio, cui vengono aggiunte leghe varie per adattare il prodotto finale alla composizione chimica desiderata.

Cattura e stoccaggio del carbonio

Il percorso BF-BOF rappresenta circa il 70% della produzione globale di acciaio.

Per ridurre le emissioni, la biomassa può sostituire il carbone o l’energia rinnovabile può sostituire quella fossile nella produzione dell’acciaio, con la possibilità di ottenere un acciaio “carbon-negative” se combinato con la CCS.

Tuttavia, la biomassa reimmette CO2 nell’atmosfera quando viene bruciata. La produzione di acciaio a base biologica è limitata poi a regioni con abbondanti risorse biologiche, come l’Australia e il Brasile, e non è praticabile per la riduzione delle emissioni in Europa.

Invece di applicare la CCS alla fonte energetica, il sequestro e lo stoccaggio della CO2 possono essere implementati direttamente nelle fasi produttive del processo siderurgico, che sono ad alta intensità di emissioni. L’altoforno è la principale fonte di CO2 nelle acciaierie e contribuisce a circa il 60% delle emissioni.

La cattura della CO2 nell’altoforno può ridurre significativamente le emissioni. Tuttavia, anche con tassi di cattura del 90%, l’intensità complessiva delle emissioni verrebbe ridotta solo della metà. Inoltre, i progetti di cattura del carbonio su larga scala in altoforno non sono ancora stati dimostrati, anche se sono in corso prove su piccola scala.

Un’altra opzione è la cattura della CO2 dal metano, utilizzato nel processo di riduzione diretta. Il progetto CCS di Emirates Steel ad Abu Dhabi, è l’unico progetto completamente commerciale al mondo che applica la CCS su scala più ampia, utilizzando metano a basso costo e catturando un flusso di CO2 ad alta concentrazione.

Tale flusso viene però usato per il “recupero migliorato del petrolio” o “enhanced oil recovery” (Eor). La CO2 risparmiata nella produzione di acciaio rispunta quindi nella produzione di petrolio e gas a maggiori emissioni.

La CCS, per funzionare, deve superare anche altri ostacoli. La fonte di cattura deve trovarsi in prossimità di un sito di stoccaggio, di un cluster industriale che usi la CO2 o di un hub CCS per il trasporto e lo stoccaggio della CO2, soluzione che varie giurisdizioni non consentono o solo limitatamente.

Idrogeno

Il forno elettrico ad arco è un’alternativa all’altoforno e rappresenta circa un quarto della produzione globale di acciaio.

Tuttavia, un forno elettrico ad arco (EAF) richiede materiali di partenza già ridotti e non può produrre acciaio direttamente dal minerale di ferro. Un’opzione è quella di utilizzare il ferro a riduzione diretta (DRI), in cui il metano viene sostituito con l’idrogeno.

Questa soluzione presenta due vantaggi in termini di inquinamento: elimina le emissioni dell’altoforno ed evita le emissioni derivanti dalla combustione del metano.

Tuttavia, la produzione di idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua consuma molta elettricità. L’impronta di carbonio della soluzione basata sull’idrogeno dipende, quindi, dall’intensità di carbonio nella rete elettrica.

Le regioni con elettricità pulita e rinnovabile hanno il più alto potenziale di riduzione delle emissioni nella produzione di acciaio a base di H2. Non a caso, i principali progetti siderurgici basati sull’idrogeno, come HYBRIT e H2GreenSteel, sono situati in Svezia, che dispone di una rete elettrica dominata da fonti rinnovabili.

La riduzione delle emissioni in Svezia sarebbe del 95%, mentre le stime per l’Europa e gli Stati Uniti sono rispettivamente del 40% e del 20%. In Cina, la produzione di acciaio a base di H2 aumenterebbe invece l’intensità delle emissioni, a causa della forte dipendenza dal carbone per l’elettricità.

Conclusioni

Da un punto di vista climatico, il passaggio da un altoforno a un percorso DR-EAF offre una riduzione progressiva delle emissioni man mano che le energie rinnovabili aumentano il proprio peso nella rete, anche a prescindere dalla disponibilità di idrogeno verde.

La decisione di cambiare percorso produttivo verso una soluzione basata sull’elettrificazione è cruciale, poiché reinvestire in impianti con altoforni vorrebbe dire legare la produzione di acciaio a processi ad alta intensità di carbonio per molti anni a venire. Ciò potrebbe portare, inoltre, ad un aumento dei costi, dovuto all’incremento dei prezzi dei combustibili fossili e delle tasse legate al carbonio.

La scelta tra l’integrazione della CCS o dell’idrogeno nella produzione di acciaio dipende da fattori tecnici, economici e regionali. I costi di un percorso BF-BOF dipendono dai prezzi del carbone e dalle tasse sul carbonio.

Tasse sul carbonio più alte rendono la CCS più attraente. La probabilità di passare a un percorso H2-DR-EAF dipende dal contesto politico e dalla posizione geografica, assieme alla disponibilità di elettricità pulita a basso costo e sovvenzioni specifiche per l’H2.

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