Scrivi

Efficienza e requisiti minimi: a che punto è la riqualificazione energetica degli edifici italiani

Domani, 30 marzo, a Milano in un convegno si parlerà di patrimonio edilizio, interventi per ridurre il fabbisogno energetico dei condomini, detrazioni fiscali, evoluzione delle normative. Abbiamo chiesto qualche anticipazione sui temi più importanti a Manuel Castoldi, presidente di Rete Irene.

ADV
image_pdfimage_print

Non scopriamo certo oggi che il patrimonio edilizio italiano sia mediamente obsoleto, in una classe energetica poco efficiente – la G per la maggior parte delle abitazioni costruite nei decenni passati – e quindi abbia urgente bisogno di rinnovamento.

Quasi due anni fa il legislatore ha introdotto nuove norme per l’efficienza energetica in edilizia: parliamo dei decreti sui requisiti minimi del 26 giugno 2015 di cui si discuterà domani, 30 marzo, nel convegno “Dire Fare Riqualificare” organizzato a Milano da Rete Irene, gruppo di imprese specializzate negli interventi di riqualificazione energetica.

Abbiamo chiesto al presidente di Rete Irene, Manuel Castoldi, di anticipare a QualEnergia.it i punti più importanti della sua relazione.

Presidente Castoldi, partiamo dai decreti sui requisiti minimi: perché sono così determinanti per rilanciare l’efficienza energetica nel nostro paese?

Questi decreti rappresentano l’ultima vera rivoluzione in campo normativo per l’ammodernamento energetico degli edifici. Gli interventi previsti sono di tre tipi: ristrutturazione importante di primo livello, ristrutturazione importante di secondo livello e riqualificazione energetica. Ci sono edifici in deroga, come quelli ecclesiastici o vincolati per il loro carattere storico-artistico. Ricordo poi che l’ecobonus per gli interventi sulle strutture condominiali è stato esteso fino al 2021 ed è salito al 70% (75% in alcuni casi, vedi anche questo articolo, ndr) quando il progetto prevede la coibentazione dell’involucro, che deve riguardare oltre il 25% della superficie disperdente lorda complessiva.

Quali esempi di riqualificazioni porterà nel convegno di domani?

Illustrerò le riqualificazioni effettuate in due palazzi a Milano, in viale Zara e via Zurigo, esempi concreti di trasformazioni degli edifici sotto l’aspetto energetico. È importante rilevare che questi lavori comportano vantaggi di diverso tipo: non solo economici e di risparmio sulle bollette, ma anche per il benessere delle persone, perché un’abitazione ben isolata termicamente è molto più confortevole sia d’inverno sia d’estate, senza dimenticare l’aumento di valore immobiliare.

Spesso, però, le persone sono restie a investire in efficienza. Come si può superare questa “chiusura”?

Bisogna riunire tutti gli attori della filiera – industrie, imprese, amministratori di condominio, famiglie, progettisti, architetti – e coinvolgerli in un dialogo reciproco per far comprendere che le cose si possono fare ed è conveniente farle. È un passaggio che definirei anche “culturale”.

Dove dovrebbe partire, quindi, la transizione culturale e progettuale verso il risparmio energetico?

Il punto di partenza deve sempre essere una diagnosi energetica molto accurata per capire lo stato del nostro “paziente”, cioè il condominio, identificare le cause delle sue inefficienze e valutare quali sono le soluzioni con il rapporto migliore tra costi e benefici. Non bisogna partire dall’idea di dover fare tutto, ma solo quello che è necessario e utile.

Coibentare l’edificio, sostituire gli impianti: qual è la strategia più corretta da seguire?

Involucro e impianto sono due sistemi che devono procedere di pari passo, per questo parlo di riqualificazione integrata. È fondamentale ridurre il fabbisogno energetico dell’edificio attraverso l’isolamento termico, per poi intervenire sugli impianti, sostituendo ad esempio la vecchia caldaia con un generatore a super-condensazione o una pompa di calore, correttamente dimensionata in base alle nuove caratteristiche di trasmittanza termica dell’involucro coibentato. A volte è sufficiente regolare e gestire con più attenzione l’impianto esistente, senza quindi sostituirlo, per ottenere un adeguato livello di risparmio e di benessere, come abbiamo fatto nell’edificio milanese di viale Zara. Come ho detto prima, ogni intervento va valutato caso per caso, con una diagnosi approfondita.

È possibile, e come, realizzare un cappotto esterno negli edifici con fregi o decorazioni?

Escludendo gli edifici vincolati, in tutti gli altri casi è possibile trovare delle soluzioni, anche quando le facciate presentano stucchi o decori. Quella del cappotto termico è una tecnologia avanzata, che consente di ricostruire l’aspetto esterno delle superfici con grandissima precisione, grazie all’utilizzo di sagome e calchi per modellare i materiali isolanti secondo le caratteristiche originali delle facciate. L’integrazione architettonica quindi è molto elevata: sempre a Milano, ad esempio, abbiamo coibentato un palazzo con fregi e stucchi dei primi del ‘900 senza alterare la sua estetica.

Quali sono i vantaggi della coibentazione? Quali sono le soluzioni alternative al cappotto?

L’isolamento termico può ridurre fino a tre-quattro volte il fabbisogno energetico di un edificio esistente. Quando non si può o non si vuole realizzare un cappotto esterno, le soluzioni prevedono l’inserimento di materiale isolante (insufflaggio) nelle intercapedini o la coibentazione delle superfici interne disperdenti, ma va detto che quest’ultimo intervento di solito è più complesso e invasivo, perché ovviamente va eseguito dentro i singoli appartamenti.

ADV
×