Dai prototipi alla fase industriale, l’eolico galleggiante è pronto a partire?

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Confinate a pochi progetti sperimentali, le turbine offshore galleggianti aspettano da tempo di diffondersi nei mari europei, contando sulle previste riduzioni di costi e sulle economie di scala. Analisi e prospettive in una recente presentazione di WindEurope.

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Come sarà il futuro dell’eolico offshore galleggiante in Europa? Questa domanda circola da molto tempo nell’industria delle rinnovabili, senza aver mai trovato una risposta univoca.

Mentre i grandi parchi marini con fondazioni fisse stanno procedendo speditamente in diversi paesi, Germania e Gran Bretagna su tutti, anche se lo scorso anno c’è stato un calo delle installazioni rispetto al 2015 (vedi QualEnergia.it), i progetti dei sistemi flottanti sono rimasti confinati in poche sperimentazioni.

Il quadro però potrebbe cambiare: l’occasione per discutere le prospettive di questa tecnologia è stata l’apertura a Marsiglia del Floating Offshore Wind Turbines, il principale evento del settore.

L’amministratore delegato di WindEurope, Giles Dickson, nella sua presentazione (allegata in basso) ha spiegato che il potenziale teorico per le centrali galleggianti nella sola Europa ammonta a circa 4.000 MW. Tra Scozia, Francia, Portogallo e Giappone, l’unico paese extraeuropeo che sta conducendo dei floating-test in mare, ci sono oltre 300 MW di progetti molto vicini alla fase di commercializzazione.

Davvero le turbine “mobili” stanno per uscire dai laboratori? Il mercato è pronto ad accoglierle? Dickson è convinto che l’eolico galleggiante non sia più un esercizio da ricerca e sviluppo, bensì una soluzione concreta che può guadagnare la fiducia degli investitori.

La sua tesi segue la prevista riduzione dei costi, riassunta nel grafico sotto: il valore medio LCOE (Levelized Cost of Energy) diminuirà costantemente non solo per l’eolico terrestre e marino con fondamenta fisse (bottom-fixed), ma anche per le installazioni galleggianti, il cui costo “tutto compreso” segnerà un -25% intorno al 2030.

Certo è molto difficile stimare dati di questo tipo.

L’eolico offshore “tradizionale”, come abbiamo visto di recente in Olanda, è in grado in alcune circostanze favorevoli, tra cui basso costo del capitale e del combustibile per le navi, fondali poco profondi e piatti, di competere con tutte le altre fonti di generazione elettrica, compreso il carbone.

Nei Paesi Bassi, infatti, l’asta per costruire il parco Borssele II da 700 MW è stata vinta da un consorzio che ha offerto di produrre energia a 54,5 €/MWh, record assoluto che anticipa le previsioni della stessa industria eolica (LCOE inferiore a 80 €/MWh nel 2025).

L’offshore galleggiante, ha spiegato il numero uno di WindEurope, è complementare all’eolico marino standard, per una serie di ragioni: tecnologie e componenti sono identici, eccezion fatta per le strutture di ancoraggio delle turbine. Inoltre, gli aerogeneratori con basi flottanti vanno installati in aree marine che non sono idonee per le centrali fisse, dove i fondali sono troppo profondi o irregolari.

Tra i vantaggi dell’eolico galleggiante, c’è la possibilità di sfruttare siti con ventosità più forte e costante; inoltre, i costi per installare le turbine e per le successive manutenzioni sono inferiori, rispetto alla media dei grandi parchi marini con strutture fisse.

Il problema, quindi, è sviluppare le stesse economie di scala che si stanno osservando nelle altre fonti rinnovabili. Di recente, su queste pagine abbiamo approfondito le caratteristiche di ELISA, una nuova turbina galleggiante finanziata con fondi comunitari, che promette di abbattere del 30-40% i costi rispetto alle pale montate su torri o tralicci.

Questa soluzione prevede una base ancorata al fondale con zavorre, con una torre telescopica sulla cui sommità si trova il rotore. Il primo prototipo da 5 MW è in costruzione alle Canarie.

L’Europa, tornando alla presentazione di Dickson, dovrà aggiungere almeno 4 GW l’anno di eolico offshore nel periodo 2020-2030, per mantenere competitiva questa tecnologia e contribuire al raggiungimento degli obiettivi green fissati da Bruxelles per il 2030.

Come si evince però dal grafico sotto, il livello stimato degli investimenti per i prossimi anni nei principali paesi – Gran Bretagna, Germania, Belgio, Danimarca, Francia, Olanda – si manterrà complessivamente sotto tale soglia, lasciando uno spazio che potrebbe essere riempito dalle turbine galleggianti.

A patto, ovviamente, che queste ultime riusciranno a trasformarsi da prototipi in generatori efficienti, affidabili e prodotti su scala industriale, un passo affatto scontato ma auspicabile, nell’ambito di una transizione energetica che dovrebbe puntare su tutte le tecnologie disponibili.

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