Ecobonus per condomìni: come fare bene l’ultimo miglio

I benefici e le potenzialità del nuovo incentivo per la riqualificazione energetica degli edifici condominiali. Ma restano alcune criticità e dettagli di non poco conto che andranno definiti con provvedimenti specifici dell'Agenzia delle Entrate. Un articolo a cura di Renovate Italy.

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Il nuovo strumento di incentivazione per la riqualificazione energetica degli edifici condominiali ha trovato posto nel disegno di legge di bilancio per il 2017, approvato dal Consiglio dei Ministri sabato scorso.

È una buona notizia, che fornisce una risposta all’esigenza di un maggiore impegno dello Stato nel dare avvio a un imponente processo di trasformazione del patrimonio edilizio residenziale, superando lo schema dell’ecobonus.

L’estensione quinquennale del provvedimento è altamente significativa. I primi dettagli filtrati sono incoraggianti e in linea con le analisi e i suggerimenti proposti da Renovate Italy. Il nuovo incentivo si indirizza esplicitamente al miglioramento della qualità dell’involucro degli edifici condominiali, cioè quelle attività che l’ecobonus non è riuscito a stimolare se non in minima quantità.

Lo schema fornisce un forte impulso a eseguire gli interventi con la giusta priorità: la riqualificazione degli involucri consentirà in seguito di dotare il condominio di impianti efficienti e correttamente dimensionati, con potenza di gran lunga inferiore all’attuale.

Anche il ricorso alle fonti di energia rinnovabili sarà semplificato dal minor fabbisogno. Si tratta quindi di un provvedimento che va nella giusta direzione della trasformazione degli edifici in NZEB, (nearly zero energy building) come più volte richiesto dalle istituzioni europee.

Il nuovo meccanismo è strutturato in modo da premiare maggiormente gli interventi più estesi e profondi. Rispetto all’usuale detrazione del 65%, una maggiorazione del 5% è riservata agli interventi che riguardano le ristrutturazioni importanti di secondo livello (che si applicano a più del 25% dell’involucro disperdente dell’edificio).

Un’ulteriore maggiorazione del 5% si applica agli interventi che sono in grado di conseguire un miglioramento della prestazione energetica invernale ed estiva dell’involucro dell’intero edificio oltre una soglia definita dalla legge.

Con il primo criterio premiale si contrasta il fenomeno deleterio dell’elusione dell’obbligo di adeguamento delle prestazioni dell’involucro attraverso l’applicazione abusiva della deroga prevista nei casi di intervento su meno del 10% della superficie disperdente.

Con il secondo si stimola anche una virtuosa collaborazione tra condòmini e condominio con l’obiettivo di realizzare interventi il più possibile completi ed efficaci per la riduzione dei consumi. Sono infatti inclusi gli interventi sulle superfici di proprietà privata (tipicamente gli infissi) in aggiunta a quelli di proprietà condominiale (le parti opache delle facciate e le coperture). 

La novità più importante, fondamentale per cambiare drasticamente la percezione degli incentivi e moltiplicarne l’appeal, consiste però nella più ampia possibilità di cessione della detrazione fiscale, sia nell’individuazione degli attori della cessione (non più solo gli “incapienti assoluti”, ma tutti i fruitori dell’incentivo) che dei destinatari (non solo le imprese che eseguono i lavori, ma anche altri soggetti).

È un passo in avanti potenzialmente enorme per la soluzione del problema dell’incapienza fiscale e delle sue conseguenze negative sulla finanziabilità degli interventi, ma non è ancora chiaro come sarà declinato in concreto.

I dettagli del provvedimento non sono ancora noti, ma in attesa della “bollinatura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si sa che molti saranno definiti con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Su questi dettagli si giocherà la reale potenzialità del nuovo incentivo, il cui obiettivo dichiarato è il rilancio degli investimenti e della tutela dell’ambiente. Un obiettivo che non può che essere condiviso, oltre che dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che l’ha proposto, anche da almeno altri cinque Ministeri: Economia, Sviluppo Economico, Lavoro, Ambiente, Salute.

È dunque legittima l’aspettativa che l’Agenzia delle Entrate operi con particolare saggezza e lungimiranza. Il rischio di “uccidere il bambino nella culla” è molto concreto; questa è la vera sfida.

Un primo punto di attenzione riguarderà la platea dei destinatari del provvedimento.

Si è parlato di condomìni ed è auspicabile che tutti i condòmini possano fruirne, senza distinzione di natura giuridica (persone fisiche o giuridiche), destinazione d’uso delle unità immobiliari (appartamenti, studi, negozi, ecc.) o effettivo utilizzo (residenziale, professionale, commerciale, promiscuo). Un condominio è la somma dei condòmini, e se il provvedimento deve essere efficace nell’agevolare le delibere assembleari, questo deve valere ugualmente per tutti.

Un altro aspetto, ed è quello cruciale, riguarderà la concreta operatività della cessione.

È fondamentale che questa possa essere esercitata con il massimo grado di flessibilità, evitando qualunque rischio di futura incapienza per il cessionario che, altrimenti, sarebbe costretto a coprire il rischio incrementando i costi. Il sistema ideale è quello che consente di realizzare la cessione con il minimo impegno per il fruitore dell’incentivo (non caricare di adempimenti i pensionati, per esempio), con la massima sicurezza per il cessionario (poter contare sulla garanzia dello Stato), con il minimo costo (evitare che la “caccia al capiente” dell’ultimo minuto si trasformi in un aggravio di spesa).

Un tale sistema consentirebbe di mobilitare gli investitori istituzionali e di organizzare strumenti finanziari, a condizioni molto vantaggiose rispetto al costo del credito bancario attuale, nell’anticipare il valore attualizzato delle detrazioni, trasformando così un incentivo futuro e incerto in moneta sonante a basso prezzo. 

Se, come è stato affermato in ambienti ministeriali, la premessa è che il nuovo incentivo deve funzionare bene perché l’obiettivo è fare sviluppo, è necessario che le detrazioni abbiano la medesima efficacia di un contributo in conto capitale: si devono poter applicare a chiunque (capienti o meno) e devono essere certe, in modo da poter essere “bancabili”. 

Diversi accorgimenti potrebbero essere adottati per rendere la cessione davvero efficace: dalla sua attivazione di anno in anno (chi si potrebbe accollare ora la cessione garantendo la propria capienza per i prossimi dieci anni?), alla facoltà dei cessionari di cedere a loro volta a terzi, alla possibilità che sia la stessa Agenzia delle Entrate a operare la cessione tra diversi contribuenti e a riscuotere per conto dei finanziatori le rate di rimborso dovute dai contribuenti finanziati.

Se ben congegnato, il nuovo incentivo si differenzierà dai precedenti e riuscirà davvero a creare PIL, generando effetti correlati ben superiori a quelli computati nelle precedenti Leggi di Stabilità che, a parere di chi scrive, sono ampiamente sottostimati. A condizione, naturalmente, che tutte le cose siano fatte per bene: che gli incentivi siano utilizzati per fare davvero i lavori, che i progetti siano di qualità, che i lavori siano conformi ai progetti, che nessuno faccia il furbo.

Tutte cose che possono essere ragionevolmente assicurate utilizzando gli strumenti esistenti: certificazioni energetiche (ma, per carità, non quelle a 49 € in 24 ore!), reverse charge, fatturazione elettronica, contratti di prestazione energetica, controlli random, eccetera.

Con queste premesse l’incentivo sarebbe motore di vero sviluppo, stimolando attività che oggi si realizzano pochissimo, e sarebbe una eccellente applicazione degli Accordi di Parigi che il nostro Paese si accinge a ratificare.

Bisogna solo percorrere bene l’ultimo miglio, da qui all’emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

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